Non c’è il ministero per l’innovazione tecnologica e transizione digitale (Mitd) nel nuovo governo Meloni. Manca, assente, sparito nel nulla. Nonostante le sfide tecnologiche strategiche per l’Italia e i miliardi che il Pnrr assegna al digitale.
24 ministeri ma il digitale ne è escluso, senza portafoglio, relegato a una nuova governance ancora non svelata (e da capire).
Amareggiati, sconcertati? Molto. Preoccupati? Ancora di più.
Ci eravamo illusi…
- Che il salto nella digitalizzazione di imprese e Paese, avvenuto in questi due anni di pandemia, ci avesse fatto capire quanto il digitale potesse aiutarci a lavorare e vivere meglio e che gli investimenti non potessero essere più rimandati per recuperare quelle posizioni di retrovia che da sempre l’Italia occupa in Europa in termini di penetrazione digitale (Indice Desi, uno per tutti).
- Che recuperare terreno su ritardi inaccettabili avesse avviato non solo la volontà trasformativa della pubblica amministrazione ma anche innescato nuova cultura, nuova formazione, percorsi per formare nuovi talenti e competenze digitali.
- Che il lavoro dei ministri dedicati al digitale, Paola Pisano prima e Vittorio Colao poi, avesse avviato un percorso condiviso e imprescindibile verso una Italia Digitale 2026, nel rispetto della strategia europea, anticipandone gli obiettivi fissati al 2030 (Digital Compass 2030).
- Che la relazione di 43 pagine pubblicata il 12 ottobre dal Mitd non fosse un “testamento” di un ministero ma un “passaggio di consegne” sulle sfide più urgenti per digitalizzare il Paese, un impegno programmatico e di visione su temi strategici di innovazione (come banda ultralarga, 5G, infrastrutture digitali, cloud nazionale, anagrafe, impresa 4.0, space economy, AI).
- Che il fatto che il 27% dei fondi stanziati dal Pnrr (più di un quarto!) sia destinato al digitale fosse motivo per rimarcare la necessità di fare bene in materia, con una governance chiara nella gestione di progetti, fondi, traiettorie digitali.
- Che la parola transizione non fosse solo entrata nell’uso corrente della politica ma rimarcasse un caposaldo degli impegni presi con Bruxelles (transizione digitale e transizione ecologica). Oggi parola scomparsa.
… Mi fermo.
Ma l’amarezza parte da prima, dal digitale praticamente assente per l’intera campagna elettorale, dal digitale mai ventilato nelle ultime settimane come oggetto di un ministero senza che su questo tema si alzasse la preoccupazione di stampa generalista o testate/telegiornali nazionali, anche a Mitd sparito nel nulla. Senza voler sminuire l’interesse focalizzato sui grandi ministeri “pesanti”.
Allora torniamo indietro. Riavvolgiamo il tape: mettiamo il digitale solo sul server in cantina, ritorniamo a parlarne solo con gli It manager, con gli smanettoni, aboliamo il percorso verso l’innovazione, macché cloud identità digitale Spid, che storia è la sanità digitale, per non parlare di cybersicurezza, non esistono PA guidate da manager competenti che trasformano il business, lasciamo il digitale argomento relegato alle sole testate di “settore” (una vita per uscire dalla nicchia), rallentiamo la corsa verso l’Europa, macché sovranità digitale, rimaniamo digitalmente diversi tra nord e sud….
Torniamo indietro. Per fortuna non si può.
Post scriptum
Vedremo se ne prossimi giorni le deleghe per il digitale verranno date in toto a qualche ministero come il Mef o il Mimi (l’ex Mise ribattezzato ora ministero per le Imprese e il Made in Italy) o spezzettate tra più ministeri (ad esempio, le competenze digitali al ministero dell’Istruzione e del Merito, Mim? La strategia Impresa 4.0 al Mimi? L’intelligenza artificiale al ministero dell’Università e della Ricerca? La telemedicina al ministero della Salute?).
Oppure – lasciando i ministeri a parte – nascerà un sottosegretario alla trasformazione digitale sotto il consiglio dei ministri, una figura in grado di dialogare con tutti i ministeri?
A valle di questa decisione si definirà poi la governance del dipartimento della Trasformazione Digitale (Dtd) e delle società ad oggi nell’organigramma del Mitd (come Agid, PagoPA, la nuova in house 3-1 nata da Inail, Inps, Istat). Il lavoro sarà complesso.
In ogni caso le deleghe al digitale date a un sottosegretario o a uno/più ministeri non saranno mai paragonabili all’ampiezza di intervento di un ministero dedicato. Rimane l’amarezza.
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