L’Italia è un Paese particolarmente arretrato sulla digitalizzazione. È un’arretratezza che riguarda le imprese, la pubblica amministrazione e i cittadini. A provarlo è il posizionamento dell’indice Desi (Digital Economy and Society Index), che ci vede al 18° posto su 27 Paesi per sviluppo digitale e vede l’Italia ultima nelle grandi economie d’Europa.
L’arretratezza è imputabile a carenze nelle competenze digitali diffuse, ad un problema di infrastrutture tecnologiche che limitano la connettività e alla limitata possibilità di data sharing tra le imprese e tra le imprese e le istituzioni.
Questo quadro ha un impatto rilevante sullo sviluppo economico italiano perché mina le basi della competitività del nostro Paese rispetto agli altri. In particolare, andando ad analizzare la scomposizione dell’indice Desi, il punteggio peggiore lo si ritrova nell’ambito del capitale umano. Le competenze digitali di base mancano sia a livello di lavoratori, sia a livello di cittadini. Questo vuol dire che se pure avviamo investimenti rilevanti a livello Paese sulle infrastrutture digitali, così come previsto dal Pnrr, non è detto che avremo risorse umane pronte a poter creare a livello di imprese e di filiera il valore aggiunto che viene dalla trasformazione digitale delle imprese e dei modelli di business. Questo perché formare il capitale umano ha tempi più lunghi di quelli di una infrastruttura e di un investimento tecnologico. Dalle analisi comparate con gli altri Paesi, emerge che per allinearci agli altri Paesi, come la Germania, si stima che in Italia manchino 247mila esperti di Ict.
È un numero estremamente impressionate, e lo è ancora di più se lo immaginiamo in modo dinamico, ovvero mentre le altre economie continueranno nei prossimi anni ad accrescere competenze partendo da una base ben più solida e strutturata della nostra.
La sfida è però irrimandabile perché il valore della Data Economy per la competitività del Paese è fondamentale per stare al passo con le economie dei paesi più avanzati. La trasformazione digitale enfatizza il ruolo delle nuove ed emergenti tecnologie digitali (dal 3D printing al metaverso) nel rinforzare la capacità competitiva delle aziende, migliorare i propri processi di produzione e creare nuovo valore nel go to market. Ma non per questo bisogna immaginare che le competenze digitali siano un appannaggio esclusivo di ingegneri e informatici. Infatti, per poter sviluppare le imprese e accompagnarle nel costruirsi un vantaggio competitivo sostenibile nell’economia del futuro, è necessario che si venga a creare una cultura digitale diffusa, e non la prerogativa di un gruppo di super esperti Ict. Vuol dire che il Paese ha bisogno di digitale nelle imprese, nelle scuole, nei tribunali, nella sanità e ovunque ci sia un tema di relazione con il mercato o con la società.
Questo vuol dire che soprattutto chi è deputato per ruolo a gestire relazioni, e progetta e applica tecniche di marketing, deve essere il tramite tra i nuovi bisogni emergenti dei clienti e la possibilità di ideare prodotti idonei ai nuovi mercati e a gestire processi e canali in grado di aumentare la capacità di attrazione e di vendita dei prodotti e servizi delle aziende.
Il cambiamento nel comportamento nella domanda nello scenario competitivo così come la disponibilità di nuove soluzioni tecnologiche deve modificare la risposta strategica delle aziende attraverso la definizione di strategie di digital business e di digital transformation. Tali strategie comportano l’utilizzo di tecnologie digitali (social, mobile, IoT), piattaforme ed ecosistemi digitali che consentono cambiamenti nel percorso di creazione del valore attraverso il ridisegno della value proposition, la riconfigurazione di value network e l’integrazione di nuovi canali digitali.
Ma il percorso trasformativo può essere fortemente a rischio se le competenze e il ruolo dei marketing manager e la cultura stessa dell’impresa non introietta il digitale nel proprio modus operandi e vive l’adozione delle tecnologie digitali solo come un “accessorio” rispetto al modo tradizionale di condurre il business. La carenza di competenze digitali può innescare fenomeni di resistenza al cambiamento e di inerzia organizzativa. Sebbene la tecnologia abbia un ruolo centrale nei processi di trasformazione digitale, occorre, tuttavia, tenere a mente come il successo di tali processi trasformativi sia, di fatto, un puzzle complesso, dove il capitale umano gioca un ruolo centrale.
Le tecnologie digitali, infatti:
- facilitano l’arricchimento di prodotti e servizi per generare nuove forme di offerta (si pensi alla possibilità di customizzazione dei prodotti o alla serie di servizi che possono essere offerti tramite l’e-commerce);
- riducono le barriere all’ingresso nei diversi mercati penalizzando le posizioni dominanti degli incumbent, che si vedono minacciati dal player con modelli di business digitalizzati e in grado di superare molte delle barriere classiche all’ingresso, prime tra tutte quelle di natura distributiva. Piattaforme come Spotify, Netflix o gli emergenti metaversi come Sandbox o Decentraland facilitano lo scambio di prodotti e servizi completamente digitalizzati, mentre marketplace quali Yoox, Alibaba o Amazon permettono una maggiore circolazione di beni e servizi e marche riducendo le forze delle barriere all’ingresso dei diversi player fisici che operano su scala nazionale o regionale (Quacquarelli, Pini, 2022).
Su questi diversi aspetti si gioca la capacità delle aziende italiane di cogliere le opportunità offerte dall’innovazione digitale superando, in molti casi, resistenze e aree di arretratezza strutturale dell’attuale sistema d’offerta.
Sullo sviluppo di una cultura digitale diffusa e sulla formazione e l’inserimento di persone che sono in grado di riconfigurare, attraverso le leve di marketing i mercati di riferimento, si avrà la vera sfida del futuro del nostro Paese e della nostra economia.
* Autore: Barbara Quacquarelli, professoressa universitaria e Criet Senior Research Consultant
Bibliografia: Quacquarelli B. Pini F.M. (2022), Le organizzazioni aumentate per la trasformazione digitale in Italia, Mit Sloan Management Review Italia, n.1.
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