Non più confinato alla speculazione teorica, il quantum computing guadagna terreno come tecnologia dirompente in grado di offrire capacità computazionali finora impensabili. Sebbene le sue origini risalgano agli anni ’30 del secolo scorso, è solo mezzo secolo dopo che prende forma l’idea concreta di un computer basato sui principi della meccanica quantistica. Una tecnologia ancora giovane, ma già matura abbastanza da collocarsi tra la seconda e la terza fase del suo ciclo di vita.

Nel 2019, Google dimostra le potenzialità del suo processore Sycamore: 53 qubit in grado di risolvere in 200 secondi un problema per il quale un computer tradizionale impiegherebbe invece 10mila anni. A fare la differenza è proprio il funzionamento dei qubit: a differenza dei bit classici, che rappresentano 0 o 1, i qubit possono assumere contemporaneamente una combinazione di stati. In questo modo, 53 qubit equivalgono a uno spazio computazionale di 2^53 stati, pari a circa 10^16 dimensioni.
Un ciclo di vita in accelerazione
Il potenziale del quantum computing è legato alla possibilità di sfruttare le leggi della meccanica quantistica per eseguire task specifici con una rapidità e una precisione inarrivabili per l’informatica classica. Ed è proprio per questo che oggi il calcolo quantistico sta producendo effetti tangibili in settori come Ict, comunicazione e sensoristica. Sono già operativi diversi prototipi fisici e non poche sono le industrie che stanno esplorando il potenziale trasformativo della tecnologia, tra cui l’elaborazione simultanea di enormi volumi di dati e la valutazione parallela di soluzioni alternative.
I casi d’uso sono già rilevanti: dalla finanza alla gestione dei rischi, dalla logistica all’ottimizzazione delle supply chain, passando per la cybersecurity e il farmaceutico, anche in combinazione con altre tecnologie quantistiche. Le reti di comunicazione quantistiche (quantum communication) puntano a creare sistemi intrinsecamente sicuri. Le simulazioni quantistiche (quantum simulation) riproducono comportamenti a livello molecolare. Il sensing e la metrologia quantistica, infine, abilitano misurazioni ultra-precise.
Anche in ambito manageriale, gli scenari si moltiplicano: analisi delle decisioni, previsione della domanda, riconoscimento di pattern. In un contesto così dinamico, il quantum computing sta diventando un terreno fertile per la sperimentazione.
Eppure, il settore turistico resta ancora un settore marginalmente coinvolto in questa evoluzione.
Turismo, ecosistema ricco di dati ancora sotto-utilizzato
Il turismo è caratterizzato da una forte intensità informativa. I dati non mancano: stagionalità, comportamenti di prenotazione, feedback real-time, contenuti generati dagli utenti, capacità di carico delle destinazioni, consumi di risorse, logistica, e molto altro. Oggi, strumenti di business intelligence e soluzioni AI si rivelano già funzionali all’analisi di questi dati, ma il quantum computing promette una marcia in più: capacità predittive avanzate, tempi di elaborazione quasi istantanei e gestione di dati eterogenei su larga scala. Una prospettiva interessante anche in relazione al peso economico, tutt’altro che trascurabile: nel 2024 il settore ha rappresentato il 10,8% del Pil italiano e generato il 13% dei posti di lavoro. Ma la crescita rapida non è priva di criticità: pressione sugli ecosistemi naturali, tensioni con le comunità ospitanti, degrado del patrimonio culturale, uso non equilibrato delle risorse, perdita di autenticità. Tutto questo è spesso conseguenza di una distribuzione disomogenea dei flussi. Emergono così due estremi: da una parte, l’overtourism che sovraccarica le destinazioni iconiche oltre la loro capacità di assorbimento; dall’altra, l’undertourism che lascia nell’ombra territori con potenziale inespresso.

Questa polarizzazione produce una tensione tra valorizzazione e consumo. L’obiettivo di promuovere il patrimonio naturale e culturale si scontra con il rischio concreto di comprometterlo. Una questione che supera i confini dell’economia per abbracciare temi di sostenibilità, governance e identità territoriale.
Occorre quindi abbandonare una narrazione puramente emozionale e adottare un approccio olistico, capace di integrare indicatori ambientali, sociali ed economici, coerenti con una logica Esg. In questo contesto, il quantum computing può rivelarsi uno strumento prezioso. Non una corsa all’ultima innovazione per ragioni d’immagine, ma una tecnologia abilitante per supportare una visione di gestione consapevole, responsabile e sistemica. L’approccio data-driven deve saper rispondere in tempo reale a esigenze complesse del mercato, nel pieno rispetto dei limiti ambientali e valorizzando al contempo i territori. Non tech rush, ma tech service.
Quantum computing e turismo, binomio visionario e attuabile
A partire da queste considerazioni è stato sviluppato un primo studio, presentato in occasione del 6th International Colloquium on Place Brand Management presso la Middlesex University di Londra. Integrando i risultati di un’analisi bibliometrica su 171 articoli scientifici con le riflessioni di un panel multidisciplinare composto da amministratori pubblici, destination manager ed esperti di quantum computing, ed è stato elaborato una possibile roadmap per un turismo quantistico sostenibile. Obiettivo: connettere le potenzialità del quantum computing con i principi Esg e con una strategia evoluta di place branding. Il focus si concentra in particolare su due grandi temi: la gestione dell’overtourism e la ricerca di soluzioni innovative per una redistribuzione più equa e sostenibile dei flussi.
Quattro aree ad alto potenziale
Lo studio individua quattro direzioni chiave per lo sviluppo futuro:
- Modellazione predittiva: sfruttare algoritmi e sensori quantistici per analizzare dataset complessi relativi a comportamenti dei turisti, trend storici, variabili ambientali e preferenze locali.
- Esperienze personalizzate: progettare offerte su misura che rispettino i principi Esg, rispondendo meglio alle aspettative dei diversi target.
- Ottimizzazione delle risorse: garantire esperienze turistiche che siano sostenibili sia per i visitatori che per le comunità residenti.
- Coinvolgimento della comunità: utilizzare feedback e segnali sociali per costruire strategie realmente partecipate, sostenibili e inclusive.
Sfide: limiti tecnici, competenze e governance
Nonostante le potenzialità, il quantum computing presenta ostacoli rilevanti. I qubit mostrano ancora instabilità e margini di errore elevati, rendendo necessaria una fase prudente e graduale di adozione. Inoltre, il mercato soffre una carenza di competenze specifiche. Senza nuove professionalità in grado di comprendere, integrare e gestire queste tecnologie, si rischia un nuovo divario digitale: il quantum divide. A questo si aggiungono interrogativi etici e di governance. La fiducia nell’uso corretto dei dati raccolti non è scontata, soprattutto in un settore ad alta sensibilità sociale come il turismo. Infine, manca una sinergia stabile tra gli attori dell’ecosistema: operatori turistici, enti locali, centri di ricerca, sviluppatori, comunità.
Verso una roadmap di tech service sostenibile
La strada è lunga, ma percorribile. Una roadmap che punti a un modello quantum-based di destination management più equo, sostenibile e partecipato può finalmente uscire dalla dimensione teorica e diventare concreta. Il quantum computing, in questo contesto, può rappresentare un abilitatore fondamentale per costruire strategie win-win, in cui innovazione tecnologica e centralità umana si armonizzano.

Il guanto di sfida è lanciato. Spetta ora a tutti gli attori – pubblici e privati – cogliere l’opportunità e promuovere un nuovo paradigma di turismo intelligente, fondato su sostenibilità, innovazione e responsabilità condivisa.
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Debora Tortora, Ph.D., è professoressa associata di Economia e Gestione delle Imprese presso l’Università degli Studi di Milano-Bicocca, dove insegna Management e Management of Tourist Enterprises
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