Dopo un dottorato di ricerca in informatica e un’esperienza pluriennale come collaboratrice di centri di ricerca universitari su differenti progetti di ricerca, Ilaria Giordani decide di aprire un’azienda con l’obiettivo di “portare innovazione sul mercato”.
Nasce così l’idea di Oaks che si occupa principalmente di sviluppo di soluzioni di analisi dati, di soluzioni verticali custom sulle esigenze del cliente in diversi ambiti di applicazione: da soluzioni per l’analisi dei dati nel settore delle utilities all’ottimizzazione di scaffali e di stock, fino all’ambito marketing soprattutto in termini di analisi testuale dei feedback dei clienti di un particolare brand, delle interviste, dei questionari, dei dati social – recuperati in maniera automatica – e dei Kpi.

Proprio con Ilaria Giordani –  professore a contratto di Metodi Informatici Gestione Aziendale della Università degli Studi di Milano-Bicocca e managing partner e co-founder di Oaks – proviamo a fare chiarezza su MarTech data-driven/insight-driven, intelligenza artificiale generativa e ChatGpt

Sulla base della tua esperienza professionale, quali sono le tecnologie emergenti nel MarTech e nella gestione del dato?

In termini di tecnologie emergenti, sulla base della mia esperienza, stiamo passando da quella che può essere considerata la “moda dei big data” alla nuova “moda dell’intelligenza artificiale generativa”, di cui ChatGpt ne è un esempio. Con i big data le aziende si sono accorte di avere a disposizione tanti dati e questi dati sono stati strutturati in data warehouse, sono stati installati dei Crm. In questo modo però non si estrae niente dai dati raccolti, si fa business intelligence ma abbastanza plain, nel senso che vengono sviluppate solo delle statistiche di base ma non si aggiungono insights particolari utili a supportare i Ceo o i marketing director nella creazione di strategie ad hoc. Quello che con l’intelligenza artificiale generativa iniziamo a vedere è unintegrazione di diverse sorgenti dati in maniera automatica in grado di aiutare ad esempio un marketing director nell’avere una visione globale di quello che sta succedendo e nel prendere decisioni informate. Nei giorni scorsi ho letto un articolo di McKinsey sul fatto che i Ceo non sono molto convinti dell’intelligenza artificiale generativa perché hanno iniziato adesso a digerire quello che era l‘intelligenza artificiale “normale”. Abbiamo, infatti, un’intelligenza artificiale “normale”, tradizionale – un approccio in stile classificazione, clustering automatico e segmentazione della clientela, e un’intelligenza artificiale generativa che integra differenti sorgenti di dati quali, ad esempio, la documentazione di bilancio, i dati contenuti nel Crm, le email, le reazioni dei clienti e crea dei riassunti particolari, che rispondono a delle domande ed esigenze specifiche, ad hoc, delle diverse figure aziendali. L’intelligenza artificiale generativa si basa su dei modelli abbastanza ampi e nuovi rispetto al passato, ma alla generazione vanno messi dei paletti ben precisi, nel senso che deve essere adeguatamente configurata perché altrimenti si rischia di generare cose che vanno oltre la verità, oltre il dato di per sé.

Hai parlato di intelligenza artificiale generativa, quale tecnologia emergente, e dell’esempio più famoso che è ChatGpt. Qual è il ruolo di queste tecnologie per il mondo del marketing?

L’intelligenza artificiale generativa sta iniziando ad essere utilizzata per creare i testi delle campagne di marketing, per creare contenuti, contenuti che possiamo definire “comodi” in quanto rappresentano una base di partenza, un primo draft, che poi deve essere elaborato dal professionista che non parte più dal foglio bianco, come una volta, ma da una base estratta da tutta una conoscenza che arriva da un mix di altre basi dati. L’intelligenza artificiale generativa non è solo ChatGpt, che è aggiornato al 2021, ma ci sono anche tutti gli altri modelli di Google, Amazon, e Meta e tutti in teoria tirano fuori il best, ovvero i migliori contenuti mixando i dati dalle differenti sorgenti dalle quali attingono. E questo aiuta i marketer nella creazione di contenuti. L’intelligenza artificiale generativa però non è solo creazione di contenuti, nel marketing può essere utilizzata anche per fare altro, ad esempio, sulla parte più operativa – oggi viene utilizzata anche per creare presentazioni in maniera automatica, sulla parte di customer care – aiutando le persone dell’impresa, il front office, ad assistere i clienti grazie alla creazione, in maniera automatica, di contenuti utili a dare risposte in tempo reale e in maniera sempre più puntuale.
In quest’ultimo caso le soluzioni di intelligenza artificiale generativa, integrando ad esempio i dati provenienti dalla documentazione tecnica con i dati provenienti dal Crm, sono in grado di estrarre delle informazioni, degli insight, e quindi di creare una risposta appropriata a quelle che sono le specifiche esigenze del cliente. Questo permette di fare un primo front end sul cliente in maniera automatica.

Queste soluzioni differiscono dai chatbot, che comunque sono largamente utilizzati, in quanto con ChatGpt più che di una chat si parla appunto di un Generative Pretrained Transformer considerabile come una sorta di “motore di ricerca intelligente”. A titolo esemplificativo, questi “motori di ricerca intelligenti” lavorano con una base di dati composta da n contesti che sono tutte le tue conoscenze e da qui si inizia a creare, a chiedere delle informazioni, ad estrarre delle informazioni e sulla base dello storico delle estrazioni si riesce a specializzare la domanda e ad ottenere la risposta più appropriata.

Ilaria Giordani
Ilaria Giordani, managing partner e co-founder di Oaks e professore a contratto di Metodi Informatici Gestione Aziendale, Università degli Studi di Milano-Bicocca

È un processo step by step, un learning by doing: si fa una prima domanda, per esempio, “non so come funziona questo determinato prodotto”, la risposta a questa domanda magari non soddisfa oppure dà dei puntatori ad altri documenti, ad altre informazioni, e si scende sempre più nel dettaglio, con approfondimenti per rispondere alle varie richieste. Queste soluzioni possono essere utilizzate non solo nel customer care, ma anche a livello di corsia di un grande centro commerciale oppure all’interno della Gdo, aiutando sempre di più anche gli operatori a dare una risposta più soddisfacente a quelle che sono le richieste dei vari clienti, aumentandone la soddisfazione, la propensione all’acquisto e la loyalty.

Ci sono poi altre modalità di applicazione di ChatGpt a supporto delle attività marketing: ad esempio, all’interno dei call center telefonici, l’intelligenza artificiale aiuta ad automatizzare e incrementare le performance. In particolare, vengono creati dei testi sulla base di tutte le conversazioni telefoniche, vengono realizzati dei riassunti in maniera automatica e questo permette ai marketer, ai responsabili, di individuare le risposte principali che vengono fornite dagli operatori, di comprendere se vengono date risposte corrette, e quindi come viene assistito l’utente finale. Questo è importantissimo per incrementare la customer satisfaction nei confronti di uno specifico brand.

Information technologies come agente di cambiamento, ma come supportiamo operativamente le aziende e il marketing in questo processo di trasformazione?

C’è bisogno sicuramente di formazione e anche di comunicare internamente le scelte strategiche. Di formazione perché una persona che non ha mai usato un tool del genere deve “digerirlo” e per fare questo ci vuole un’adeguata formazione e un adeguato periodo di affiancamento per comprendere il supporto, l’aiuto, soprattutto in termini di riduzione del tempo perso e, quindi, di incremento di tempo utile che può essere dedicato ad altri task che questi tool di intelligenza artificiale possono offrire.
Ho avuto di recente un’esperienza con un’azienda del settore del legno e arredo che per supportare i propri agenti sul territorio italiano nel rispondere efficacemente alle richieste di personalizzazione della clientela target ha deciso di sviluppare con noi un tool in grado di mettere a sistema tutte le informazioni sulla componentistica e le ulteriori spiegazioni disponibili sui prodotti al fine di fornirgli un’interfaccia molto semplice in grado di supportarli nelle attività di front end con la clientela. Un tool quindi non solo per ottimizzare i tempi dei processi e delle attività di customer care, ma soprattutto per migliorare le risposte fornite alla propria clientela. Risposte che diventano in questo modo sempre più pronte e real-time. Utilizzo questo esempio per spiegare l’importanza della comunicazione interna. Queste tipologie di tool non sostituiscono l’uomo: la componente umana rimane fondamentale. I tool permettono al personale dell’azienda di fornire una prima risposta, ma gli eventuali approfondimenti, l’empatia, la fiducia non possono essere trasmessi dai tool di intelligenza artificiale ma rimangono prerogativa degli operatori. Questi sistemi vanno quindi proposti agli utenti chiarendo l’importanza della componente umana, di una figura che non verrà cancellata dalla tecnologia ma che può beneficiare del supporto MarTech.

Quindi uno dei principali rischi ad oggi all’interno del MarTech landscape è la paura delle persone di essere sostituite dalla tecnologia?

Questo è quello che abbiamo visto con l’esperienza di Oaks. Da una parte la paura di essere sostituiti dalla tecnologia, dall’altra la fiducia nei confronti della tecnologia. Paura e fiducia sono due concetti interrelati. Le persone vedono le applicazioni di intelligenza artificiale come una black box, per fidarsi devono vedere il risultato, devono scoprire quanto il risultato è buono e a quel punto iniziano a fidarsi dell’applicativo, fino a quando non vedono il risultato non si fidano al 100%. Implementare le soluzioni di intelligenza artificiale nelle aziende non è così semplice, soprattutto all’interno di imprese di medio piccole dimensioni. Per farlo è necessario che queste soluzioni vengano interiorizzate all’interno del mindset e della cultura aziendale.

Quindi vedi un futuro in cui le Pmi italiane passeranno dall’essere data-driven a insight-driven?

Mi piacerebbe, ma dovranno dare fiducia alla tecnologia, comprendendone in maniera sempre più profonda i benefici e l’effettivo supporto alla componente umana, e dovranno sperimentare. Oggi noi entriamo in azienda con dei Poc (Proof of concept) – al fine di far “toccare con mano” all’impresa le macro-funzionalità dei tool che proponiamo e i risultati ottenibili. Grazie ai Poc, le imprese iniziano a fidarsi della tecnologia, capiscono come possono ottimizzare i loro tempi e le loro risorse e a quel punto ti permettono di entrare con la soluzione completa.

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