Nel panorama della cybersecurity, l’Incident Response (IR) rappresenta il processo strutturato con cui un’organizzazione affronta e gestisce un attacco informatico o una violazione di dati. L’obiettivo è identificare rapidamente l’attacco, contenerne gli effetti, ripristinare il funzionalità dei sistemi e trarre insegnamenti per evitare che situazioni simili si ripetano. In uno scenario di crescente criticità è facile comprendere come l’Incident Response non richieda semplicemente una reazione tempestiva, ma prima di tutto un approccio sistematico che combina strategie, processi e tecnologie. Nel dettaglio, l’IR richiede quindi di essere articolato in fasi coerenti che includono preparazione, rilevamento, contenimento, eradicazione, recovery e analisi post-evento. Queste fasi sono codificate anche nei modelli di riferimento riconosciuti (tra questi anche quelli previsti da Nist per esempio, come dai regolamenti europei), che propongono cicli di risposta ben definiti.

Incident Response, strutturare la difesa

A fronte di possibili minacce (accessi non autorizzati ai dati, insider threat, phishing, malware, DDoS e Apt, solo per citare le principali) la preparazione è il momento in cui si valutano le vulnerabilità esistenti, si definiscono ruoli, politiche e procedure, stabilendo predisposizioni organizzative prima che si verifichi un incidente. Quando scatta un’allerta, il processo di identificazione consente di comprendere la natura dell’attacco, raccogliere prove e attivare la comunicazione agli stakeholder. A seguire, la fase di contenimento serve a isolare la minaccia per limitare la propagazione del danno (ad esempio segmentando porzioni compromesse della rete), mentre l’eradicazione – come svela chiaramente il nome – punta a rimuovere l’agente ostile (malware, backdoor, account compromessi). La fase di recovery mira al ripristino dei sistemi e della continuità operativa, possibilmente usando copie pulite dei dati o versioni di backup, e include un monitoraggio temporaneo per prevenire recidive. Infine, l’analisi post-incidente permette di rifinire il processo, documentare quanto accaduto, valutare i punti deboli e aggiornare il piano IR.

L’approccio di Cynet, il modello e la proposta

Cynet interpreta l’Incident Response lungo un continuum coerente supportato da tecnologie avanzate (Edr, Xdr, Siem, Soar, Ueba) per velocizzare le indagini, correlare eventi, automatizzare azioni e dare visibilità del percorso dell’attacco. In questo quadro, la proposta Cynet integra non solo strumenti tecnici, ma anche un team dedicato (CyOps) e capacità operative pronte a intervenire su scala globale. Entriamo allora nei dettagli di quello che può essere un piano correttamente strutturato e funzionale, oltre che coerente con quanto richiedono le normative.
Un piano di Incident Response (IRP) è un documento strutturato che descrive le procedure operative da seguire durante un incidente, definendo ruoli, responsabilità, canali di comunicazione e protocolli di risposta. Il template IRP rappresenta una struttura di base che può essere adattata alla realtà specifica dell’organizzazione e mira a evitare omissioni critiche in situazioni di stress operativo. Tipicamente, un piano IR include sezioni sull’oggetto e scopo del piano, scenari di minaccia, definizione delle responsabilità, procedure specifiche per ciascuna fase (dall’identificazione al recupero), checklist operative, classificazione delle minacce e indicazioni per la conformità normativa.
Nel panorama della proposta Cynet, il template IRP predisposto dall’azienda si distingue perché è creato internamente, pensato per integrarsi con il resto delle capacità della piattaforma. Il documento generato da Cynet (un modello da 16 pagine) include sezioni dedicate alle responsabilità del team IR, test e aggiornamenti periodici, panoramiche del processo di risposta, checklist strutturate per ciascuna fase (scoperta, conferma, contenimento, eradicazione, recovery, lezione appresa) e una guida per la classificazione delle minacce e l’aderenza ai requisiti di compliance. Questo approccio permette all’organizzazione di partire da un modello consolidato, ma personalizzabile in base alla propria infrastruttura, alle particolarità delle minacce, alle dimensioni del team interno e alle esigenze regolatorie.
La proposta Cynet non si limita a offrire solo il modello IRP, quindi, ma lo integra con strumenti operativi: il template funge da base per costruire playbook esecutivi automatizzabili e per integrare il documento con la piattaforma di orchestrazione delle risposte. In altre parole, l‘IRP non resta un manuale statico, bensì una guida pronta a interfacciarsi con la logica dell’automazione e del motore di risposta. In questo modo, le procedure e gli scenari di risposta definiti nel piano possono tradursi direttamente in flussi operativi eseguibili attraverso la piattaforma Cynet, sfruttando le capacità della sua Response Orchestration. Questo legame stretto fra modello teorico e applicazione operativa è un elemento differenziante della proposta: non basta avere un piano ideale, serve che quel piano sia effettivamente “vivo” e integrato con l’architettura di risposta automatizzata.

Il valore dell’automazione nella risposta agli incident

La crescente complessità delle minacce, la rapidità delle catene d’attacco e la “pressione” temporale rendono l’automazione della risposta un elemento di fatto imprescindibile per le organizzazioni moderne. Lo mette ben in evidenza Cynet che rimarca come l’automazione può alleggerire il carico operativo dei team di sicurezza, consentendo di concentrarsi sui casi più complessi, mentre le attività ripetitive (triage, raccolta dati, isolamento, blocco) vengono eseguite automaticamente. Poiché spesso gli analisti non riescono a processare tutti gli alert in tempo reale, l’automazione aiuta a evitare omissioni o ritardi che potrebbero trasformare incidenti contenibili in crisi estese.
Torna centrale un tema prima solo accennato che riprendiamo.
Cynet costruisce il proprio approccio all’automazione intorno al concetto di Response Orchestration, che consente agli utenti di definire playbook automatizzati (preimpostati o personalizzati) per una varietà di scenari di attacco. La logica è che non tutto richieda interventi o valutazioni manuali: quando l’alert o l’incidente è gestibile in via automatica, la piattaforma può intervenire direttamente, mentre nei casi più delicati si lascia spazio all’operatore umano. In concreto, la Response Orchestration di Cynet è in grado di gestire attacchi che coinvolgono endpoint infetti, processi o file malevoli, traffico di rete controllato da attaccanti e account compromessi. Un aspetto fondamentale è che le azioni di automazione (come quarantena di endpoint, blocco di IP, revoca di sessioni utente) seguono regole precise definite nel playbook, nel rispetto della logica di contesto (per esempio senza interrompere sistemi critici). Questo duplice approccio – “automazione con controllo umano integrati” – consente di creare un bilanciamento tra rapidità d’azione e valutazione consapevole dell’impatto.
Un altro punto di forza dell’approccio Cynet è che la sua automazione è nativamente integrata con i moduli di rilevamento e correlazione della piattaforma All-In-One (con Edr, Xdr, Siem, monitoraggio centralizzato). In questo modo, i dati raccolti sui vari layer possono essere immediatamente utilizzati nei playbook automatizzati, ottimizzando la selezione delle azioni e permettendo un ciclo rapido di risposta. Ma Cynet sottolinea anche come l’automazione davvero più funzionale alla cybersecurity non debba essere rigida: i playbook possono essere modificati, ereditare pattern dinamici e adattarsi all’evoluzione del threat model. Per assicurare il buon funzionamento, Cynet raccomanda alle organizzazioni di iniziare con scenari semplici ben definiti, validare continuamente i playbook, monitorare i risultati e aggiornare l’automazione in base alle lezioni apprese. In sintesi, l’automazione, se ben progettata e integrata, diventa un moltiplicatore di efficacia nelle attività di risposta, e Cynet punta a rendere questa componente parte integrante della piattaforma anziché un modulo separato.

L’automazione, un aiuto reale contro il ransomware 

Nel contesto attuale, il ransomware è riconosciuta nei report degli analisti, ancora, come una delle minacce più insidiose e dannose per le aziende. Cynet esplora come intervenire efficacemente in scenari ransomware e mette in luce il ruolo cruciale dell’automazione anche per queste minacce specifiche. Spesso esiziali.

Il modello di Incident Response ai ransomware di Cynet
Il modello di Incident Response ai ransomware di Cynet

Il processo di risposta a un attacco ransomware, secondo Cynet, ripercorre le fasi ben orchestrate che abbiamo individuato in apertura – identificazione, contenimento, eradicazione, recovery, e analisi post-incidente – ma è chiaro che in questo caso specifico quanto più l’attacco si propaga rapidamente, tanto più è urgente che molte di queste fasi siano attivate automaticamente, per evitare che il ransomware attraversi la rete e infetti sistemi critici. Anche perché, intervenire in velocità è essenziale sia per impedire la cifratura massiva dei dati sia per mantenere sotto controllo la “blast radius” (l’area di impatto). Per questo motivo, l’automazione diventa un pilastro centrale nella strategia di risposta. La proposta di Cynet sfrutta la sua piattaforma per automatizzare, nei casi opportuni, l’isolamento degli endpoint compromessi, la revoca delle sessioni utente, la sospensione del traffico di rete verso server sospetti e l’avvio di scansioni profonde.Questo consente di contenere rapidamente il ransomware prima che possa estendersi. Un’altra componente importante della proposta è che gli operatori possono impostare livelli di severità: quando l’attacco è riconosciuto come ransomware, si attivano playbook precisi e incisivi; se invece l’evento è sospetto ma non chiaro, l’automazione può limitarsi a raccogliere dati e rallentare l’attività malevola, lasciando all’analista la decisione finale. Questa flessibilità è cruciale per bilanciare efficacia e rischio di “false positive” su sistemi critici. Infine, Cynet enfatizza l’importanza del backup sicuro e della strategia di recupero: anche con automazione, se non esistono snapshot puliti, l’organizzazione potrebbe non riuscire a ripristinare i dati. L’automazione accelera il contenimento e la rimozione, ma il recupero richiede infrastrutture robuste e piani testati. che Cynet indirizzare con la sua piattaforma dove risposta automatizzata, orchestrazione e intervencion umana lavorano in sinergia per ridurre il tempo medio di risposta e contenere l’impatto delle aggressioni più devastanti.

Cynet, IR e Cyber Threat Intelligence in un approccio integrato 

Il passaggio naturale che affianca e anticipa un’efficace strategia di Incident Response è la costruzione di una solida capacità di Cyber Threat Intelligence (Cti). Se la risposta agli incidenti consente di contenere e rimuovere un attacco in corso, la threat intelligence mira invece a prevenirlo, offrendo agli analisti la conoscenza necessaria per riconoscere le minacce prima che si manifestino. In questa prospettiva, Cynet considera l’intelligence come una componente strutturale del ciclo di sicurezza: non un servizio accessorio, ma un tessuto connettivo che lega prevenzione, rilevamento, risposta e miglioramento continuo. Parliamo di processo dinamico di raccolta, analisi e contestualizzazione delle informazioni relative a minacce esistenti o emergenti. Non si tratta di accumulare dati grezzi – come indirizzi IP sospetti o hash di file malevoli – ma di tradurre questi elementi in conoscenza operativa utile a prendere decisioni. In altre parole, la Cti consente di comprendere chi sta minacciando l’organizzazione, con quali motivazioni e in che modo potrebbe colpire, trasformando il dato in strategia difensiva. È un passaggio concettuale che porta dalla mera reattività alla proattività, permettendo di anticipare i comportamenti degli attaccanti anziché subirli.
L’approccio di Cynet si distingue proprio per la capacità di integrare questa intelligenza direttamente all’interno della propria piattaforma. Le informazioni raccolte da fonti interne, da feed pubblici e da partnership con organismi di sicurezza vengono immesse nel motore di correlazione che alimenta i moduli di rilevamento e di risposta. Ogni evento registrato — che provenga da un endpoint, da un flusso di rete o da un account utente — viene arricchito da un contesto di minaccia: un indirizzo IP già associato a un gruppo di attacco conosciuto, ad esempio, non è trattato come un semplice log, ma come un segnale d’allarme da gestire con priorità più alta. Questo layer di correlazione automatica riduce i falsi positivi e consente di indirizzare le risorse umane verso gli incidenti realmente critici.

Le tipologie di Threat Intelligence
Le tipologie di Threat Intelligence (fonte: Cynet, 2025)

L’automazione applicata anche alla threat intelligence torna ad essere il tema chiave. L’intelligence non resta confinata nei report analitici, ma viene immediatamente tradotta in azioni operative. Quando la piattaforma rileva un evento coerente con un pattern di attacco già noto, può attivare in modo automatico i playbook di risposta: bloccare la connessione, isolare l’endpoint, sospendere la sessione utente o raccogliere prove forensi. La Cti, quindi, non si limita a descrivere il rischio, ma lo indirizza, generando una sinergia diretta tra conoscenza e azione. È un paradigma in cui la conoscenza alimenta l’orchestrazione e l’orchestrazione, a sua volta, produce nuove conoscenze, chiudendo un ciclo virtuoso. L’intelligence, inoltre, sostiene le attività di threat hunting proattivo, un ambito che Cynet considera fondamentale per un’organizzazione matura. Gli analisti possono utilizzare le informazioni sulle tattiche, tecniche e procedure (Ttp) emergenti per cercare indicatori di compromissione nascosti nei sistemi interni, individuando attacchi latenti prima che evolvano in incidenti conclamati. Questa capacità di esplorazione continua permette di affinare la postura difensiva, identificando debolezze non ancora sfruttate e riducendo la superficie d’attacco complessiva.

La forza dell’approccio Cynet risiede quindi ancora nella sua natura integrata. L’intelligence non opera come un modulo isolato, ma attraversa in modo trasversale tutti i layer della piattaforma — dagli endpoint alla rete, dagli utenti al cloud — garantendo una visione unificata. Quando un evento viene analizzato, la piattaforma può ricondurlo al quadro complessivo di un attacco multi-vettore, individuando relazioni tra elementi apparentemente scollegati. Questo consente di riconoscere non solo singoli episodi, ma intere campagne di attacco che si sviluppano attraverso più canali e nel tempo, riducendo drasticamente i tempi di detection. Un aspetto altrettanto rilevante riguarda l’aggiornamento continuo dei modelli di difesa. La Cti di Cynet non è statica, ma si arricchisce di feedback costanti provenienti dalle attività del team CyOps, dai feed esterni e dai dati raccolti attraverso i casi reali gestiti dalla piattaforma. Ogni incidente analizzato contribuisce a raffinare i playbook automatizzati e a migliorare i meccanismi di rilevamento, creando un sistema di apprendimento ciclico. In questo modo, la protezione evolve insieme al panorama delle minacce, mantenendo costante la capacità di risposta anche di fronte a tecniche di attacco sempre più sofisticate. In pratica , la Cyber Threat Intelligence secondo Cynet rappresenta l’anello di congiunzione tra il mondo dell’Incident Response e quello della difesa predittiva. La piattaforma integra nativamente intelligence, correlazione, automazione e orchestrazione, offrendo alle organizzazioni non solo la capacità di reagire a un attacco, ma anche quella di prevenirlo. In un contesto in cui la velocità di propagazione delle minacce può superare la reattività umana, questo modello integrato – che unisce dati, contesto e automazione – diventa la chiave per costruire una sicurezza realmente adattiva e resiliente.

Per saperne di più scarica il whitepaper: Incident Response Plan Template
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