L’intelligenza artificiale, per diventare realmente utile in sanità, deve poggiare su dati affidabili, interoperabili e governati in modo sicuro. È questo il principio alla base della strategia di InterSystems, che mette al centro la qualità e il valore del dato come fondamento per applicazioni clinicamente rilevanti. Dalle piattaforme che integrano informazioni eterogenee secondo standard aperti, alle architetture data fabric per la governance e l’analisi, fino ai modelli di interoperabilità Fhir e all’evoluzione verso Fse 2.0 ed Ehds, l’obiettivo è costruire un ecosistema connesso, predittivo e sostenibile. Ne parliamo con Nico Bondi, Country Manager di InterSystems Italia.
L’intelligenza artificiale è leva strategica per la sanità, dalla diagnosi alla gestione dei percorsi di cura. Quali applicazioni concrete state sviluppando per supportare la personalizzazione delle terapie e l’ottimizzazione dei processi clinici e organizzativi?
L’intelligenza artificiale è una leva strategica per rendere la sanità più predittiva, personalizzata e sostenibile. La vera sfida, però, non è solo sviluppare modelli sofisticati, ma garantire che si basino su dati clinici affidabili, completi e aggiornati. La qualità del dato è ciò che rende l’AI davvero utile in ambito sanitario.
È su questo che InterSystems concentra la propria azione: creare le fondamenta tecnologiche che permettono di applicare l’AI in modo clinicamente rilevante e sicuro. Le nostre piattaforme integrano e qualificano dati provenienti da sistemi eterogenei – ospedali, laboratori, dispositivi medici e fascicoli regionali – secondo standard aperti come HL7 e Fhir, consentendo di alimentare modelli di AI con informazioni “vive” e certificate.
Le applicazioni su cui stiamo lavorando insieme con i nostri business partner sono concrete: personalizzazione delle terapie e medicina predittiva, grazie all’incrocio tra dati clinici e real-world data; ottimizzazione dei processi, prevedendo riammissioni o no-show per rendere più efficiente l’organizzazione; e supporto alla diagnosi e alla ricerca, con tecniche di Nlp e AI generativa che automatizzano attività come la sintesi dei referti o il triage dei messaggi clinici.
In Italia partiamo da basi solide: le nostre tecnologie già supportano l’integrazione e il Fascicolo Sanitario Elettronico in regioni come Lombardia, Toscana e Veneto, contribuendo all’evoluzione verso Fse 2.0, l’Ecosistema dei Dati Sanitari e l’Ehds.
In questo percorso, la collaborazione tra pubblico, privato e partner tecnologici sarà decisiva per trasformare l’AI in valore reale per i cittadini.
Quali sono le nuove sfide tecnologiche che andrete a indirizzare nel 2026, che dal vostro punto di vista potrebbero accelerare il percorso di trasformazione digitale della sanità italiana?
Guardando al 2026, credo che la vera sfida non sia introdurre “l’ennesima nuova tecnologia”, ma far dialogare in modo efficace quelle che già abbiamo. È da questa capacità di integrazione che passa la vera accelerazione della trasformazione digitale.
La vedo svilupparsi lungo tre direttrici concrete.
La prima è l’interoperabilità reale: significa adottare standard aperti come HL7/Fhir, allineare i lessici clinici e garantire scambi di informazioni near real-time. Non più progetti sperimentali, ma soluzioni operative e scalabili, in produzione.
La seconda riguarda la governance e la qualità del dato. Servono architetture di tipo data fabric capaci di coniugare integrazione, tracciabilità, sicurezza e analisi, offrendo a clinici e manager una “fonte unica di verità” su cui basare decisioni e percorsi di cura.
La terza è l’integrazione dell’intelligenza artificiale nei flussi di lavoro. L’intelligenza artificiale deve entrare nei processi quotidiani in modo naturale, integrandosi con gli strumenti già in uso. Deve essere facile da collegare ai sistemi aziendali, costantemente monitorata e aggiornata, così da garantire risultati affidabili e sempre coerenti con i dati reali.
In questo contesto, InterSystems si distingue per un approccio end-to-end: non ci limitiamo a fornire connettori, ma offriamo una piattaforma completa, già collaudata in scenari internazionali complessi. È una tecnologia aperta e neutrale rispetto a soluzioni di terze parti, system integrator e cloud provider, che consente ai nostri clienti di ridurre significativamente il time-to-value e di affrontare l’innovazione in modo sostenibile e scalabile.
L’interoperabilità resta una delle sfide più complesse per la sanità italiana, frammentata tra sistemi regionali, piattaforme legacy e nuovi standard. Quali sono gli ostacoli principali da superare e quali soluzioni tecnologiche proponete per abilitare un ecosistema sanitario connesso, sicuro e scalabile?
Il primo ostacolo è la frammentazione: regioni, aziende e reparti che operano con tecnologie e livelli di maturità digitale molto diversi. Il secondo è di tipo semantico: spesso si utilizzano gli stessi concetti clinici, ma con codifiche differenti, rendendo difficile uno scambio realmente efficace delle informazioni. Il terzo è organizzativo e normativo: servono regole chiare su privacy, consenso e audit quando i dati viaggiano tra sistemi e istituzioni. Come superare queste sfide?

Innanzitutto adottando Fhir come lingua franca, affiancandolo progressivamente agli standard esistenti. Poi gestendo in modo strutturato identità e consensi, attraverso soluzioni come il Master Patient Index e i sistemi di consent management. Fondamentale è anche la transizione verso un modello event-driven e Api-first, che consente di portare dati “vivi” dove servono, superando la logica dei documenti statici.
Un ulteriore passaggio chiave riguarda la modernizzazione del legacy: non si tratta di sostituire tutto, ma di evolvere in modo incrementale, costruendo un’architettura di data fabric capace di valorizzare l’esistente e renderlo utile sia per la clinica sia per l’analisi dei dati. In questo percorso, InterSystems porta un’esperienza consolidata a livello internazionale: pattern, Kpi e architetture già collaudate in contesti complessi, oggi perfettamente allineati con Fse2.0, Eds e la traiettoria europea dell’Ehds.
E non parliamo solo di sanità pubblica: anche pharma e lifescience ci chiedono interoperabilità per studi distribuiti e progetti di real world evidence, a conferma che l’intero ecosistema si sta muovendo nella stessa direzione.
Alla fine, è anche una sfida culturale: collaborazione e fiducia tra istituzioni, strutture e partner tecnologici sono la base per far funzionare insieme le tecnologie. Perché la tecnologia, oggi, c’è — il vero compito è farla lavorare in modo sicuro, coordinato e utile per i cittadini.
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