Miliardi buttati, competenze dimenticate in 7 giorni, e il 12% di applicazione reale. È ora di dirlo: il re è nudo.
Immaginate di comprare un medicinale che funziona nel 12% dei casi. Protestereste. Denuncereste. Eppure, ogni anno, le aziende spendono cifre astronomiche per una ‘medicina’ con esattamente questo tasso di efficacia: la formazione aziendale.

I numeri sono spietati. Le aziende italiane hanno investito 6,2 miliardi di euro nel 2020 in formazione, con un costo medio di 56 euro all’ora per dipendente. Ma solo tra il 10% e il 20% dei dipendenti applica effettivamente le nuove competenze al lavoro. Nel migliore dei casi, uno su cinque.
Traducendo: tra l’80% e il 90% della formazione aziendale è puro teatro. Slide colorate, trainer motivati, coffee break. E poi? Niente. Zero.
C’è un dato ancora più imbarazzante: il 72,3% delle aziende italiane ritiene che il proprio personale non necessiti di ulteriori competenze. In un mondo che cambia ogni sei mesi, tre aziende su quattro pensano di essere a posto così. E poi si lamentano che ‘non troviamo le competenze.’

La curva dell’oblio, il crimine perfetto

Anche quando i dipendenti escono dalla sala formazione entusiasti, il loro cervello ha altri piani. Senza rinforzo, dimenticano il 70% dei contenuti entro 24 ore. Il 90% entro una settimana. Non è pigrizia. È neurologia.
Hermann Ebbinghaus lo documentò già prima del 1885: il cervello elimina sistematicamente le informazioni che non usa immediatamente. Se non serve a cacciare o fuggire, lo cancella. Il problema? La maggior parte della formazione non offre possibilità di applicazione immediata. Il trainer arriva, fa il suo show, se ne va. Il dipendente torna alla scrivania, trova 127 email e tre riunioni urgenti. Le ‘best practice sul time management’? Evaporate.

Come e perché la formazione fallisce

La maggior parte della formazione aziendale fallisce per gli stessi identici motivi. Ecco i cinque peccati capitali che bruciano miliardi di euro ogni anno.

Peccato 1, la formazione a pioggia
“Questo corso è per tutti”. No, non lo è. Il 68% dei dipendenti trova la formazione aziendale disinteressante, e c’è una ragione precisa: l’approccio one-size-fits-all che annoia i veterani e confonde i junior.
Il senior che lavora da 15 anni in azienda deve sorbirsi 3 ore sulle ‘basi della leadership’ che conosce a memoria. Il neoassunto viene catapultato in un workshop su ‘strategie avanzate di negoziazione’ quando ancora non ha capito come funziona la macchinetta del caffè. Risultato? Il senior controlla il telefono ogni 5 minuti. Il junior annuisce senza capire. Il trainer continua imperterrito con le sue slide. Tutti fingono, nessuno impara.

Peccato 2, il teatro delle slide
PowerPoint. Il nemico silenzioso. Ore di slide con testo su sfondo azzurrino, elenchi puntati, grafici incomprensibili. Il trainer che legge letteralmente quello che c’è sullo schermo. L’apprendimento passivo porta a tassi di ritenzione del 5-10% dopo una settimana.
Il cervello, bombardato da informazioni passive senza interazione, si spegne. È un riflesso di sopravvivenza: “Questa roba non è importante, meglio risparmiare energia”.

Peccato 3, l’overdose informativa
“Abbiamo solo una giornata, quindi dobbiamo coprire tutto”. Otto ore filate di contenuti. Dalle 9 alle 18. Il cervello va in overflow. Le informazioni nuove cancellano quelle vecchie. Alla fine della giornata il dipendente ricorda forse il 20% delle prime due ore. Del resto? Nebbia. Le competenze tecniche hanno un’emivita di cinque anni. Metà di quello che imparano oggi sarà obsoleto entro cinque anni. E voi fate corsi intensivi pensando che basti una giornata?

Peccato 4, Zero follow-up
Il corso finisce venerdì. Lunedì: “Com’è andata?”. “Bene, interessante”. Fine. Nessuno verifica l’applicazione. Nessuno aiuta a integrare le competenze. Nessuno rinforza i concetti. Solo il 20% applica con successo nuove competenze senza supporto del manager. Eppure i manager vengono tenuti fuori dal processo formativo. Non sanno cosa è stato insegnato, cosa rinforzare, come supportare il cambiamento.
Risultato? Routine precedente. Competenze teoriche, astratte, inutili. Dopo tre mesi, occhi vuoti.

Peccato 5, team building ridicoli
Le corde. I giochi. Le metafore forzate. “Costruire una torre con gli spaghetti è come gestire un progetto!”. No, non lo è. Tra l’80% e il 90% non usa le conoscenze acquisite. Perché? Le attività non hanno relazione con il lavoro reale. Costruire una zattera non insegna a gestire un cliente difficile. Generano solo cinismo: “Hanno sprecato un’altra giornata per farci giocare ai boy scout”.

I cinque peccati capitali della formazione

Cosa funziona davvero

Parliamo allora di soluzioni.
L’intelligenza artificiale, usata correttamente, non sostituisce il formatore umano. Lo amplifica. Serve a personalizzare, tracciare, ottimizzare.

Microlearning + AI, pillole quando servono, personalizzate
Dimenticate le 8 ore di corso. Il microlearning funziona: piccole dosi al momento giusto. Serve personalizzazione. L’AI analizza livello di partenza, gap specifici, stile di apprendimento di ogni dipendente. Mi dice: “Questo manager ha bisogno di lavorare sulla delega. Preferisce esempi pratici”. Risultato? 30 minuti mirati valgono più di 8 ore generiche. Simulazioni e risoluzione collaborativa aumentano la ritenzione al 75-90%. Non il 5-10% delle slide.

Learning by doing, simulazioni, casi reali, errori sicuri
L’unico modo per imparare? Fare. Non ascoltare. Ma sul lavoro, gli errori costano. La soluzione: simulazioni realistiche. Provare, sbagliare, riprovare senza conseguenze. Cliente arrabbiato? Lo metti di fronte a uno (finto). Feedback difficile? Lo fai provare. Poi debrief immediato. “Hai visto cosa è successo quando hai detto quella frase? Proviamo un altro approccio”. Pratica, non teoria.

Coaching sul campo, non in aula, sul posto
La formazione migliore avviene sul posto di lavoro, sui problemi veri, con feedback immediato. Manager che deve delegare? Si affianca mentre delega. Si osserva. Poi feedback: “Obiettivi chiari, bene. Ma non hai verificato la comprensione. Prossima volta prova così”. Supporto concreto su sfide reali, con feedback immediato e specifico.

Spaced repetition, ripetizione dilazionata, non one-shot
Per battere la curva dell’oblio serve ripetizione nel tempo. Non 8 ore in un giorno, ma 30 minuti a settimana per 8 settimane.
Prima sessione: si impara. Dopo una settimana: check-in. Dopo due: rinforzo. Così via.
L’AI traccia i progressi, identifica chi ha bisogno di supporto, suggerisce il momento per il prossimo rinforzo. Metodo scientifico applicato alla formazione.

Metriche brutalmente oneste, Roi misurato, non presunto
Domanda giusta: cosa è cambiato nei Kpi dopo il corso? Servono numeri. Turnover dal 25% al 15%. Tempo chiusura ticket da 48 a 24 ore. Micromanagement da 20 a 10 ore settimanali. Metriche reali, non ‘soddisfazione del corso’. Impatto misurabile sul business.

AI come co-pilot, potenza senza perdere l’umano
Usare l’AI come amplificatore, non sostituto. L’AI analizza email, performance, feedback. Dice: “Problema ricorrente nella gestione conflitti. Tre membri hanno menzionato lo stesso pattern”. Bisogna arrivare alla sessione con ipotesi precise. L’AI traccia progressi, identifica pattern, suggerisce rinforzi. Ma la relazione, l’intuizione, leggere tra le righe? Resta umana. AI+umano. Tecnologia+relazione. Non l’uno contro l’altro.

Le 5 domande che smascherano la fuffa
La prossima volta che vi propongono “una giornata di formazione”, fate queste domande:

  • Come verrà personalizzato il contenuto per i diversi livelli?
  • Quale percentuale sarà pratica vs teoria?
  • Qual è il piano di follow-up nelle settimane successive?
  • Come verrà coinvolto il manager?
  • Quali Kpi specifici vi impegnate a migliorare, e come li misurerete?

Se non ci sono risposte concrete, state per buttare soldi. La formazione vera non è un evento, è un processo. Non è intrattenimento, è trasformazione misurabile. Non è teatro con slide, è coaching con feedback brutalmente onesto e dati chiari.
Il mercato della formazione aziendale vale miliardi. Ma finché continueremo a misurare il successo in “ore erogate” invece che in risultati concreti, continueremo a sprecare risorse. La buona notizia? Gli strumenti per fare formazione efficace esistono già. Servono solo meno slide e più coraggio di chiamare le cose col loro nome.

Cosa funziona davvero

Fonti 

  • Istat, Rapporto Formazione Professionale 2020-2022
  • Inapp, Rapporto 2023 ‘Lavoro, formazione, welfare’
  • Eurostat, Labour Force Survey 2022
  • Hermann Ebbinghaus, Memory: A Contribution to Experimental Psychology (1885)
  • Association for Talent Development (Atd), Report on Training Transfer (2024)
  • Training Industry Magazine, Why Training Programs Fail (2025)
  • BizLibrary Research, Learning Retention Rates in Employee Training (2024)
  • Journal of Applied Psychology, studi su microlearning e retention (2023)

* Laureato in ingegneria elettronica/sistemi informativi al Politecnico, Pierpaolo Muzzolon trascorre tutta la vita in aziende hi-tech e IT nel marketing e nella comunicazione, oggi è counselor in analisi transazionale, coach e trainer. 

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