L’integrazione tra normative europee e tecnologie ridisegna il modo in cui le aziende gestiscono, condividono e valorizzano i dati generati dai prodotti connessi. L’EU Data Act, con le sue scadenze ravvicinate e i suoi requisiti tecnici, introduce nuovi obblighi ma anche opportunità concrete per ripensare governance, contratti, architetture e servizi basati sui dati. In questo scenario, chiarezza dei ruoli, interoperabilità e sicurezza “by design” diventano elementi decisivi.
Ne parlano Nadia Scandelli, Business Line manager, e Stefano Iaconelli, Smart Machinery Solutions lead & project manager di Cefriel.
Il Data Act si inserisce in un contesto normativo già ricco, dove convivono Gdpr, Cyber Resiliance Act, regolamento macchine, Normativa Red e altre direttive europee. Questo significa che le aziende, specialmente quelle che producono prodotti connessi e macchinari, devono evitare approcci frammentati e puntare su una governance integrata.

Il primo passo è la mappatura dei ruoli: chi è il titolare dei dati, chi li utilizza, chi li gestisce e con quali responsabilità. Questa chiarezza deve riflettersi nei contratti, che devono essere aggiornati per disciplinare l’uso dei dati, la condivisione con terzi e i vincoli lungo la catena di fornitura.
Il regolamento Data Act è molto preciso su questo punto: i dati da condividere sono quelli grezzi e pretrattati, cioè i dati generati dal prodotto e arricchiti con metadati essenziali, come unità di misura, posizione del sensore e timestamp. Le informazioni derivate, ottenute da analisi o algoritmi proprietari, non rientrano nell’obbligo di condivisione. Questo è un punto cruciale perché tutela gli investimenti e la proprietà intellettuale delle aziende.
Facile non significa banale, ma deve essere interpretato come accesso sicuro, gratuito e in formato leggibile da macchina. Dal punto di vista dell’esperienza utente, le soluzioni devono essere intuitive: dashboard chiare, app mobili, cloud storage sincronizzato, Nfc per accessi rapidi e notifiche push. Dal lato tecnico, servono Api aperte e documentate, formati standard come Csv o Json, e protocolli sicuri, e naturalmente sicurezza: autenticazione forte, cifratura end-to-end, controllo degli accessi basato sui ruoli. Infine, la gestione del consenso, degli accessi e della modifica degli stessi deve essere semplice e trasparente, con workflow che permettano autorizzazioni e revoche dinamiche. In altre parole, la facilità di accesso deve andare di pari passo con la compliance e la protezione dei dati.
Ci sono due scadenze da tenere a mente: settembre 2025 per l’accesso indiretto e settembre 2026 per quello diretto.

Dal punto di vista tecnologico, occorre predisporre interfacce dirette: porte dati, app, portali e Api che consentano all’utente di accedere ai propri dati senza passaggi complessi. Sul piano organizzativo, è essenziale chiarire nei contratti chi è titolare dei dati e come avviene la condivisione verso terzi. Dal punto di vista tecnico, servono interfacce aperte e standard per garantire interoperabilità e portabilità. Quando ci sono più attori coinvolti, come produttori e fornitori di servizi e utenti, conviene creare degli ecosistemi di dati (o data space) con regole comuni per evitare conflitti e accelerare la transizione, in modo da garantire la conformità normativa, ma favorisce anche la creazione di ecosistemi collaborativi.
Il Data Act non è solo un obbligo, è appunto una grande opportunità. Avere accesso ai dati significa poter sviluppare servizi a valore aggiunto: manutenzione predittiva, ottimizzazione dei consumi, suggerimento di parametri agli operatori, etc. Questo regolamento nasce proprio per favorisce la transizione verso modelli di servitization, in un mercato industriale che è storicamente abbastanza chiuso, dove il valore non sarà più quindi legato solo al prodotto, ma anche all’esperienza personalizzata e ai nuovi servizi che verranno offerti al cliente, abilitando l’introduzione di nuove fonti di ricavo dalla componente “digitale”. E non dimentichiamo il tema della fiducia: offrire trasparenza e servizi personalizzati rafforza la relazione con il cliente. In un mercato sempre più competitivo, chi trasforma i dati in insight e servizi concreti avrà un vantaggio significativo.
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