In un contesto in cui è prioritario restare competitivi anche sfruttando il potenziale del digitale – ma soprattutto intervenendo sui processi – l’industry è chiamata ad evolvere in tempi rapidi, e per farlo attingere anche alle tecnologie più innovative. Ne parliamo con Nadia Scandelli, head of Unit Smart Industry Solutions, Cefriel, in un veloce botta e risposta.
Quali sono le priorità su cui l’industry deve focalizzarsi?
L’industria deve concentrarsi sulla digitalizzazione dei processi, adottando nei propri processi e prodotti tecnologie come l’Internet of Things (IoT), l‘intelligenza artificiale e l‘analisi dei dati. Queste tecnologie permettono infatti di migliorare l’efficienza operativa e di creare nuove opportunità di servizio. Per le industrie è poi cruciale, in parallelo a queste attività, sviluppare un cambio di mentalità orientato al servizio e incrementare le competenze tecniche necessarie per sfruttare appieno il digitale.
Cos’è e perché è importante la servitization?
La servitization è la trasformazione da un modello di business centrato sul prodotto a uno basato sui servizi, ed è un approccio importante perché permette di generare entrate ricorrenti, estendere il ciclo di vita dei prodotti, migliorare la sostenibilità ambientale e coinvolgere maggiormente i clienti. La servitization offre davvero un vantaggio competitivo significativo, perché i nuovi servizi consentono alle aziende di differenziarsi nel mercato e di adattarsi più rapidamente ai cambiamenti delle esigenze dei clienti.
Servitization e tecnologie digitali, che legame c’è?
La servitization è strettamente legata all’adozione di tecnologie digitali, che possiamo considerare come gli abilitatori dei servizi che le aziende possono offrire ai loro clienti e partner. È grazie alle tecnologie digitali che possiamo raccogliere i dati in tempo reale, ottimizzare e personalizzare i servizi.
Come si possono muovere le aziende per cogliere i possibili vantaggi?
Le aziende dovrebbero avviare una serie di azioni per sfruttare i vantaggi della servitization. Ad esempio, in primis, valutare e potenziare le competenze interne, sia tecniche che trasversali, che sono necessarie per l’erogazione dei servizi. Partendo dal risultato di questa analisi, implementare quindi programmi di formazione in maniera continuativa e non “una-tantum” per sviluppare queste competenze e tenerle aggiornate nel tempo, data la veloce evoluzione delle stesse.
Dovrebbero, poi, definire una strategia digitale in ottica servitization e prevedere un piano di adozione di soluzioni tecnologiche abilitanti, come ad esempio piattaforme IoT, sistemi di gestione dei dati, e software di analisi predittiva, che possono migliorare la raccolta e l’analisi dei dati, ottimizzare i processi operativi e personalizzare i servizi offerti ai clienti. Infine, dovrebbero collaborare con partner tecnologici, fornitori di servizi e altre aziende del settore al fine di sviluppare un ecosistema collaborativo che possa facilitare l’innovazione e la condivisione di best practice.
Sulla base di esempi reali, ricerche, analisi: sono concretamente misurabili i risultati di questo approccio?
I risultati della servitization sono concretamente misurabili. Per esempio, uno studio su delle aziende manifatturiere ha mostrato che le imprese che adottano la servitization registrano un aumento significativo delle entrate derivanti dai servizi, migliorano la stabilità finanziaria e riducono i costi di manutenzione grazie alla manutenzione preventiva. Nel mondo del machinery, altri dati, invece, evidenziano che oltre il 57% dei produttori di macchinari ha implementato o sta implementando una strategia di servitization. Questi dati confermano l’efficacia di questo approccio, che vediamo anche nei numerosi progetti di innovazione, formazione e ricerca che stiamo seguendo come Cefriel.
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