Concentrate sulle strategie digitali e sui piani di emergenza per affrontare la crisi, le imprese tralasciano o rimandano la gestione della sicurezza. A caro prezzo, perché gli attacchi informatici si intensificano e dimostrano che tra i processi di digital transformation e quelli di data protection c’è una relazione di interdipendenza che impone un’unica strategia.

Si rende per questo necessaria un’azione urgente che incrementi la capacità delle imprese di proteggere i dati per stare al passo con le richieste di digitalizzazione. Questo il monito alle aziende, dalla sintesi dei risultati del Data Protection Report 2021, lo studio commissionato da Veeam a Vanson Bourne e condotto su 3.000 decisori IT a livello globale, per indagare l’approccio delle aziende alla data protection e al data management.

Danny Allan, chief technology officer di Veeam
Danny Allan, chief technology officer and senior vice president of Product Strategy di Veeam

“Negli ultimi 12 mesi, i Cxo hanno dovuto affrontare una serie unica di sfide su come garantire la protezione dei dati in un panorama operativo altamente diversificato – dichiara Danny Allan, chief technology officer and senior vice president of Product Strategy di Veeam, commentando i dati. 
“In risposta alla pandemia e per poter rimanere operativi, abbiamo assistito ad una forte accelerazione delle iniziative di trasformazione digitale delle aziende. Tuttavia, il modo in cui i dati sono gestiti e protetti continua a essere una minaccia. Le aziende sono frenate dai sistemi legacy e da soluzioni di data protection obsolete, così come dal tempo e dal denaro cha hanno dovuto investire per rispondere alle sfide più urgenti imposte dal Covid-19”.

Gap e ostacoli alla data protection

Il panorama delle minacce informatiche evolve ad un ritmo esponenziale. Quasi tutte le aziende del panel (il 95%) subisce nell’ultimo anno interruzioni di servizio inattese e un quarto dei server registra almeno un’interruzione inaspettata nell’anno passato. Conseguentemente, oltre la metà dei Cxo teme la perdita di fiducia da parte dei clienti, dei dipendenti e degli stakeholder, con forti impatti negativi sul business.

In effetti, nonostante i Cxo siano consapevoli del ruolo fondamentale del backup nella modern data protection, il 14% di tutti i dati non viene sottoposto a backup e il 58% dei recuperi fallisce, lasciando i dati aziendali non protetti e irrecuperabili in caso di interruzioni dovute ad attacchi informatici. 

E guardando in prospettiva, il 40% dei Cxo ritiene che la protezione inadeguata dei dati e le sfide imposte dalla business continuity siano le principali minacce alla DX della propria azienda anche nei prossimi 12 mesi. 

Si evidenzia un gap indiscutibile tra la capacità da parte delle aziende di proteggere i loro dati rispetto alle esigenze di trasformazione digitale. “Bisogna affrontare questo gap al più presto, anche a fronte della pressione che le aziende stanno subendo nell’adottare tecnologie basate sul cloud in modo da permettere ai loro clienti di essere operativi nella digital economy”, sottolinea il manager di Veeam.

Le aziende si attivano adottando servizi IT moderni ad un ritmo sempre più rapido ma il 30% dei Cxo ammette un rallentamento o un’interruzione delle iniziative di DX nell’ultimo anno. I principali ostacoli sono legati ai team IT troppo concentrati sul mantenimento delle operazioni durante la pandemia, nel 53% dei casi, alla dipendenza da sistemi legacy (51%) e alla mancanza di competenze IT per implementare nuove tecnologie (49%).

Veeam Data Protection Report 2021 - Gli effetti del Covid-19 sulle strategie dei Cxo
Veeam Data Protection Report 2021 – Gli effetti del Covid-19 sulle strategie dei Cxo

Il cloud, leva per la resilienza

Nella ricerca di soluzioni che rispondano in modo immediato alle esigenze di protezione dei dati, quasi un terzo dei responsabili IT prevede di spostare la data protection nel cloud. I Cxo sono infatti consapevoli della necessità di dover adottare un approccio cloud-first e di dover cambiare la modalità di erogazione delle soluzioni IT. Molti di loro lo hanno già fatto: il 91% dei Cxo ha aumentato l’utilizzo dei servizi cloud nei primi mesi della pandemia e la maggior parte continuerà a farlo, il 60% prevede di aggiungere altri servizi cloud alla propria strategia di fornitura IT.

Guardando ai prossimi due anni, la prevalenza delle aziende prevede di ridurre gradualmente, ma con continuità, i server fisici, di mantenere e fortificare la propria infrastruttura virtualizzata e di abbracciare strategie cloud-first. Una tendenza che porterà la metà dei carichi di lavoro di produzione ad essere ospitata nel cloud entro il 2023, spingendo la maggior parte delle aziende a cambiare la strategia di data protection.
Cresce parallelamente anche il backup, che si sposta da soluzioni on-premise a soluzioni basate su cloud e gestite da un fornitore di servizi. Un trend cominciato nel 2020 con il 29% e che Veeam prevede arrivi fino al 46% entro il 2023. Entro il 2023, il 46% delle aziende collaborerà con un fornitore di Backup as a Service (BaaS) e il 51% prevede di adottare il Disaster Recovery as a Service (DRaaS).

Il futuro del backup e disaster recovery è affidato al cloud
Il futuro del backup e disaster recovery è affidato al cloud

“La resilienza è il primo passo verso la trasformazione digitale: ecco il motivo per cui le aziende stanno cercando urgentemente di modernizzare la data protection attraverso l’adozione del cloud. Entro il 2023, il 77% delle aziende a livello globale utilizzerà il backup cloud-first, aumentando l’affidabilità e migliorando la gestione dei costi, in questo modo le risorse IT saranno più libere di concentrarsi sui progetti DX che permetteranno di competere nell’era della digital economy”, conclude Allan.

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