La fine dell’anno è, come sempre, momento per tirare le somme e guardare a nuovi trend. Soprattutto se chi guida l’azienda è al timone da pochi mesi (nello specifico nove) entrato nel ruolo in un momento tutt’altro che facile per economia e Paese a causa dell’emergenza Covid, che purtroppo non sembra rallentare. Ma Gianmatteo Manghi, amministratore delegato di Cisco in Italia dallo scorso aprile, è schietto sul recente passato ma anche prospettico per i mesi a venire. E così delinea trend che vedranno Cisco muoversi insieme ai partner per definire la nuova Internet, l’evoluzione del cloud, la cybersecurity, il futuro del lavoro e la sostenibilità.
Cinque ambiti tecnologici che accelereranno nel il 2022 su quali concordano con Manghi (collegato in ologramma da Roma) anche il management di Cisco Italia, ospitato presso il Cisco Cybersecurity Innovation Center di Milano, all’interno del Museo della Scienza e della Tecnologia.
Partiamo da quanto fatto nel 2021
“I primi nove mesi del mio mandato sono stati focalizzati su tre obiettivi – argomenta Manghi -: le persone e la comunità, la trasformazione cloud e software in atto, la transizione ecologica o anche verde & blu. Il primo punto implica mettere sempre al centro l’essere umano: quindi non solo lavoro flessibile, ma l’ufficio come luogo di aggregazione”, con apertura di spazi Cisco anche all’interno di centri di innovazione come Talent Garden a Milano, l’Università Federico II a Napoli, l’Innovation Center di Fondazione CR a Firenze inaugurato in collaborazione con Nana Bianca pochi giorni fa. Tutte attività che hanno al centro la creazione di comunità e la valorizzazione delle persone, per bilanciare produttività e risultati da una parte e qualità della vita dell’altra. “Si parla di sinergie. Abbiamo sì potenziato gli strumenti per lavorare meglio da remoto e dall’ufficio (il riferimento va alle novità della piattaforma Webex, ndr) ma abbiamo investito sulla formazione digitale con un impegno per l’inclusione sociale: 340 academy hanno formato 60mila persone negli ultimi 12 mesi”.
Il secondo punto riguarda l’ambito cloud e software che ha portato un fatturato di 15 miliardi di dollari nell’anno fiscale 2021 a livello mondiale grazie a partnership strette nelle diverse geografie (“in Italia abbiamo siglato una importante collaborazione con Noovle, la cloud company del gruppo Tim, per lo sviluppo delle attività cloud per imprese e PA”) mentre, per l’impegno verso la transizione ecologica, Manghi ribadisce che debba partire dall’azienda stessa. “Non si può parlare di sostenibilità senza aver preso impegni precisi in prima persona, senza lavorare su noi stessi”, ricordando che Cisco ha già annunciato di voler azzerare le emissioni nette totali entro il 2040 (obbiettivo stabilito dall’Onu, Esg 3), dieci anni prima rispetto al termine fissato dagli esperti del settore, e che già oggi il 100% dell’energia utilizzata è rinnovabile (“a livello mondiale la corporation è al’85%”), portando il raggiungimento degli obiettivi 1 e 2 dettati dall’Onu al 2025. “Ma è importante anche quello che facciamo per i nostri clienti, soprattutto del comparto utility e manifatturiero, per consentire loro di essere più efficienti e di avere impatto ambientale ridotto”.
Pensiamo al 2022, i trend tecnologici
Per quanto riguarda invece le opportunità future, Cisco lega la sua roadmap a 5 trend tecnologici per il 2022, il primo è rappresentato da una nuova Internet (1), un rete intelligente, in grado di autoregolarsi, capace di prevedere i guasti e di dirottare il traffico dati su aree meno congestionate della rete, per mantenere alte le performance. Una rete pubblica che sarà sempre più una predictive Internet, per evitare colli di bottiglia, anticipare eventuali problemi, gestire applicazioni in sicurezza. “La vera differenza starà nella capacità delle reti di comprendere che cosa stiamo facendo online: per esempio se il traffico da gestire proviene da smart working o da una transazione bancaria, e di adattarsi di conseguenza per garantire sempre le prestazioni necessarie” precisa Paolo Campoli, responsabile global service provider introducendo il concetto di network as a service, o rete on demand, con connettività a richiesta, una modalità di fruizione che richiede una profonda trasformazione delle reti da parte degli operatori di Tlc, perché dovranno essere programmabili per operare in ottica cloud. “La nuova Internet dovrà essere una rete orchestrata e gestita in modo efficiente per spostare i carichi di lavoro dove si consuma di meno, creata con tecnologie di base quali chip o fibre ottiche, che richiedono sempre meno potenza, come con le tecnologie Silicon One di Cisco”. In questo modo se gli utenti enterprise potranno acquistare la connettività a la carte, as a service, ogni operatore dovrà portare sul mercato un proprio valore aggiunto per esser scelto e questo fenomeno imprimerà un cambiamento molto forte alle logiche del mercato.
Anche l’arrivo del 5G (“Da 2 anni e mezzo tanti annunci, ma per ora l’esperienza del cliente è un 4G più veloce” puntualizza Manghi) porterà evidenze dal 2022, quando entrerà nelle linee di produzione, andrà ad arricchire il mondo IoT, creerà reti private 5G, sarà importante per applicazioni industriali, dando un senso ai grandi investimenti fatti in questi anni. “Ma è richiesto anche che gli operatori partecipino a questa trasformazione – precisa Manghi – anche perché il futuro delle reti si basa sul concetto di trust, dal momento che le reti sono infrastrutture critiche del Paese”.
Cloud e sicurezza
Passiamo ora all’evoluzione del cloud (2), che per rispondere al business deve avere requisiti di flessibilità, agilità e velocità, come la pandemia ha più volte evidenziato. “Il ritmo del cambiamento all’interno delle organizzazioni aziendali è destinato a crescere ulteriormente nel corso del prossimo anno – precisa Enrico Mercadante, responsabile architetture Cisco Sud Europa – poiché le aziende continuano a guardare all’innovazione tecnologica come elemento indispensabile per sopravvivere e crescere. In tal senso, le applicazioni cloud native sono in grado di dare una spinta al business permettendo di beneficiare appieno della flessibilità e della velocità dei nuovi ambienti IT che andranno a crearsi”.
Per questo in ambito cloud si osserva che lo sviluppo andrà sempre di più verso applicazioni cloud native, che saranno più attente alle richieste degli utenti (“si parla di application experience, perché i consumatori sono diventati più sensibili alla qualità delle app, considerando una app che non funziona poco rispettosa nei loro confronti”) e sicure, un trend quest’ultimo incisivo che porta a parlare di application security, cioè app disegnate in maniera sicura ma protette anche mentre vengono eseguite in cloud. “La rete ha la necessità di evolvere per supportare le cloud application. Oggi per le aziende diventa cruciale gestire in tempo reale le reazioni dei clienti, e questo innesca il trend tecnologico della observability, l’osservazione dei comportamenti in tempo reale guardando il percorso di rete non solo l’utilizzo della app. Il fatto che ci sia poco tempo per mantenere la soddisfazione del cliente mette sotto pressione enorme chi sviluppa e questo porta a un nuovo trend: l’infrastructure as a code, un trend che considera anche l’infrastruttura come un pezzo di codice da parte di chi gestisce la rete permettendo uno sviluppo più veloce delle applicazioni. Il tema della softwarizzazione della rete è un trend certo per il futuro”
Un cloud e una rete che devono essere sempre più sicuri, con una sicurezza intrinseca (3) nella progettazione della rete stessa (“elemento imprescindibile di qualsiasi progetto di innovazione tecnologica”, precisa Fabio Florio, responsabile del centro italiano di cybersecurity di Cisco, con accesso a sistemi tramite parametri di identificazione e di comportamento come il riconoscimento biometrico e non tramite password (“Il futuro dell’autenticazione sarà finalmente passwordless”). Una sicurezza pervasiva parte di ogni discussione, sia nelle aziende, sia a livello di PA (“la nascita dell’Agenzia Nazionale della cybersecurity è un passaggio decisivo per la cybersecurity”) che ormai richiede un approccio zero trust (solo device e persone con credenziali e autenticati possono accedere agli strumenti aziendali, ovunque si trovino sulla rete aziendale).
Risponde a questa logica una piattaforma integrata che aiuta i Ciso a gestire le problematiche più sentite, come scovare gli attacchi (un timore per il 57% dei Ciso), orchestrare le soluzioni di sicurezza esistenti (81%), pianificare una gestione automatizzata anche per la cybersecurity (desiderio per il 77% dei Ciso). “Per questo abbiamo introdotto piattaforma SecureX – continua Florio – che consente da un unico monitor vedere le soluzioni anche di terze parte integrate in quella azienda e abbiamo fatto acquisizioni nell’ambito della cybersecurity per 6 miliardi di dollari negli ultimi anni”.
Lavoro ibrido e sostenibilità
Cloud e sicurezza contribuiranno a creare una maggiore empatia nel lavoro (4), che non sarà più legato a un luogo ma che sarà regolato da nuove policy che permetteranno di accedere agli strumenti e di vivere la stessa esperienza a chi è in ufficio e a chi lavora da remoto. “Il vero punto di svolta sarà l’empatia quale fattore chiave per connettere veramente le persone. Creare ambienti inclusivi che mettano al centro le persone sarà altrettanto importante, e ciò significa che le aziende devono dotarsi di tecnologie e nuove policy di lavoro, affinché chi lavora da remoto si senta incluso e possa collaborare efficacemente come se fosse in presenza. La valutazione avverrà sul merito dei risultati, e non sulla presenza in ufficio – argomenta Michele Dalmazzoni, responsabile collaboration Sud Europa -. Il futuro del lavoro sarà ibrido, una nuova concezione di lavoro oltre lo smart working, che garantisca una maggiore qualità di vita mescolando dimensione reale e virtuale”.
“Siamo in una fase di estrema sperimentazione nelle aziende, con molte incognite tra rientro in ufficio e lavoro da remoto, ma con una unica certezza: al centro rimarranno le persone. E il punto sta capire quale capacità attrattiva dovrà avere l’ufficio per fare ritornare le persone in presenza”. Qui entra in gioco il paradigma dell’hybrid work, che Cisco indirizza attraverso la parte di device hardware, la parte software e di rete, per pensare fin da subito gli spazi non solo per le persone in ufficio ma anche per quelle collegate da remoto, attraverso una piattaforma cloud per meeting e call (una unica customer digital platform).
Porta un caso concreto Dalmazzoni. “Il Politecnico di Milano ha deciso di affrontare la sfida del nuovo anno accademico lo scorso 2020-2021 appoggiandosi a Webex per affrontare la sfida del futuro ibrido dell’insegnamento, ha equipaggiato 320 aule dell’ateneo milanese con la nostra tecnologia, offrendo attraverso gli strumenti di ripresa in automatico della lezioni la medesima esperienza di chi in classe a 20mila studenti che seguono le lezioni da casa, offrendo loro l’esperienza più vicina a quella di essere in aula, attraverso lavagne che trasmettono contenuti multimediali e docente in aula che spiega. Un modo nuovo in cui viene erogata la formazione digitale da parte di 2mila docenti, che creano un apprendimento misto che non richiede la focalizzazione sulla tecnologia da parte di docente e studenti, ma che porta benefici in termini di supporto one to many”.
Un modello che può essere adottato anche nel mondo della sanità per visite a distanza, ma ben distante dal mondo di avatar su cui si dibatte oggi. “La nostra visione non è creare mondo paralleli come quelli pensati dal metaverso, ma di mettere in contatto persone remote, condividendo anche oggetti tridimensionali attorno ai quali collaborare – precisa Mercadante -. Come in medicina, non creiamo avatar, ma portiamo l’identità della persona in contesto ibrido. Elemento importante del nostro approccio è la persona al centro della tecnologia, che aumenta la sua capacita di esser efficace e produttiva anche da remoto. La nostra tecnologia, rispetto al metaverso di mondi paralleli, si focalizza sulla persona, è disponibile in modalità one to one ma anche one to many, come l’ambito della formazione ci mostra, permettendo a un docente di maneggiare uno oggetto fisico e formare gli studenti. Una tecnologia che può avere tante specializzazioni e verticalizzazioni in ambiti specifici”
Un nuovo modo di lavorare che spinge anche il trend della sostenibilità (5), perché ambienti inclusivi che mettono al centro le persone e l’ottimizzazione delle risorse condivise sono parte di una nuova concezione di vita, dove i prodotti e i comportamenti darannno vita a una economia circolare per un mondo più sostenibilità. “Crediamo che il ruolo delle tecnologie digitali sia quello di favorire un mondo più sostenibile – commenta Mercadante -. Vediamo il mondo passare da un’economia lineare, dove i prodotti sono usati e poi buttati, a un’economia circolare che fa un uso migliore delle risorse naturali. Le tecnologie digitali saranno utilizzate sempre più come piattaforme per favorire un business più sostenibile. La sostenibilità digitale è uno sport di squadra. Si stanno creando nuovi ecosistemi per risolvere con il digitale problemi complessi”.
E argomenta: “L’intero settore digitale pesa dal 3 al 4 % sulla emissione globale di CO2, generata sia dagli operatori, dalle telco, dai cloud provider. Tutti si stanno attrezzando perché è un dovere collettivo pensare come le reti possano abilitare una economia più sostenibile e valutare quale impatto si abbia sulle filiere verticali (reti per smart grid per distribuzione di energia, reti per creare fabbriche intelligente, reti idriche per supportare l’agricoltura 4.0). E’ importante nelle decisione considerare poi l’impatto digitale sulle filiere, perché in questo caso il peso di produzione di CO2 aumenterebbe fino a 10 volte”. Per operare in ottica di sostenibilità, ci aspettiamo nuovi patti tra operatori, vendor e istituzioni.
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