La cultura del lavoro negli ultimi 18 mesi è sensibilmente cambiata. Se infatti le aziende nei primi mesi si sono impegnate, nell’emergenza, per assicurarsi la continuità operativa – ed hanno adottato quindi una serie di soluzioni per il lavoro remoto – il perdurare della situazione incerta ha di fatto stravolto le abitudini dei dipendenti. Allo stesso tempo anche i board aziendali si sono resi conto che lo spazio di lavoro “solo dentro l’ufficio” di fatto non esiste più. Si tratta ora di imparare a gestire a 360 gradi il lavoro ibrido, sia quando avviene in sede, sia quando si lavora da remoto cercando di assicurare, prima di tutto un’esperienza di comunicazione completa e senza discontinuità nei diversi ambienti. 
Un aspetto che Nuvias UC (distribuisce e fornisce servizi e soluzioni dei principali vendor di Unified Communications, così come tool collaborativi cloud-based, e aiuta i clienti facilitandone adozione e implementazione) ha deciso di indagare con Sapio Reserch.

Nell’ultimo trimestre del 2021 sono stati intervistati quindi 1.508 responsabili IT europei (UK, Benelux, Svezia, Francia, Spagna e Italia i Paesi coinvolti), compresi coloro che ricoprono posizioni manageriali o direttive con l’obiettivo di comprendere valutazione, sfide e le opportunità relative al mercato delle Unified Communications (UC) e l’impatto di queste soluzioni per le aziende.

Tre le evidenze principali: la prima riguarda la spesa per le UC che nel periodo di criticità è esplosa. In particolare il 61% dei responsabili IT italiani dichiara che negli ultimi 18 mesi ha superato quanto previsto a budget (lievemente più alta la percentuale europea pari a 63% degli intervistati), perché la pandemia ha portato le aziende a modificare e accelerare le strategie di DT. La seconda tendenza invece, proiettata nel futuro, evidenzia come il 42% degli intervistati italiani prevede che anche nei prossimi dodici mesi la spesa in questo ambito sarà superiore a quanto pianificato (con il dato più alto in Europa pari al 51% nel caso della Spagna).
E’ interessante, in particolare, rilevare come l’impegno ad investire ulteriormente sia legato al fatto di non averlo fatto abbastanza prima. Il 20% degli intervistati italiani dichiara di essersi pentito di non avere investito abbastanza e per la maggior parte delle società la spesa per le UC continua a rimanere una priorità, visto le modalità di lavoro ibride comunque rappresenteranno la normalità.

Spesa per le UC negli ultimi 18 mesi (fonte: Sapio Research per Nuvias UC)
La spesa per le UC negli ultimi 18 mesi e le previsioni per i prossimi 12 (fonte: Sapio Research per Nuvias UC)

Una normalità per affrontare la quale praticamente la totalità dei professionisti IT italiani si sente preparata; nutre fiducia nella propria capacità di supportare una forza lavoro ibrida, mentre quasi 9 intervistati su 10 dichiarano che i tool collaborativi messi a disposizione hanno decisamente aiutato i dipendenti ad affrontare il passaggio al lavoro ibrido.

UC, i vantaggi per gli equilibri del lavoro ibrido

Tuttavia non mancano le difficoltà e le criticità. E arriviamo alla terza evidenza della ricerca, forse quella degna di maggior nota. Da una parte le aziende – lo dice il 42% del campione europeo – devono dotarsi di un’infrastruttura UC in cui la flessibilità sia prioritaria ed in grado di garantire un’effettiva integrazione sia nell’esperienza su dispositivi diversi (43%), sia tra i tool di lavoro utilizzati. Con un “focus”, in particolare: il 62% dei responsabili IT italiani ritiene che si creerà un certo divario culturale tra i lavoratori in ufficio e i lavoratori da remoto, che potrà assumere piccole o grandi proporzioni ed un ulteriore 44% pensa che i dipendenti tenderanno a dividersi in gruppi.

Il culturale divide (fonte: Sapio Research per Nuvias UC)
La percezione del cultural divide tra lavoratori da remoto e lavoratori in sede (fonte: Sapio Research per Nuvias UC)

E tuttavia, proprio su questo aspetto, c’è un forte consenso sul ruolo delle UC nel promuovere la continuità operativa e l’applicazione dei principi morali nel contesto lavorativo. Il 48% degli intervistati italiani ritiene che le UC possano migliorare l’equilibrio tra vita lavorativa e personale dei dipendenti e un ulteriore 44% pensa che possano migliorare proprio la continuità operativa, mentre in Europa questa percentuale è del 41% (e solo in UK è più alta con il 45%).

Jeremy Keefe Ceo Nuvias UC
Jeremy Keefe, Ceo Nuvias UC

Un’altra criticità è legata alla complessità di queste soluzioni che rende necessarie competenze non sempre presenti in azienda. Lo afferma il 37% degli intervistati europei, mentre il campione italiano, con il 29%, ha avvertito meno questa lacuna, maggiormente constatata invece dai colleghi svedesi e spagnoli (42%). “Visto che per gli intervistati la complessità tecnica è una delle principali barriere per uno sviluppo efficace delle Unified Communications – commenta Jeremy Keefe, Ceo di Nuvias UCè chiaro che i rivenditori IT hanno l’opportunità di ottimizzare la domanda post-pandemia fornendo maggiore consulenza e presentandosi in qualità di esperti tecnici in materia di UC. La capacità di costruire un rapporto diretto con questi esperti separerà le aziende leader dalle ritardatarie in materia di comunicazione continua e collaborazione nell’era post-covid”.

Per questo il 62% si rivolge ai consulenti IT, per richiedere supporto su come gestire le problematiche relative alle UC (la media europea è ferma invece al 55%), mentre quasi un terzo dei responsabili IT italiani richiede consulenza tecnica ai rivenditori IT. L’altra importante richiesta italiana riguarda ancora il budget: è citata come come la principale frustrazione in Italia (36%), molto di più che nella maggior parte degli altri paesi, Francia esclusa (40%). Il momento in continua evoluzione, sarà sfidante anche per i prossimi 12 mesi, nell’ambito delle Unified Communications. Lo pensa il 52% dei team IT e dei rivenditori italiani.

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