Il mercato dell’open banking nel corso del 2022 toccherà il valore di 15,7 miliardi di euro, e ne è prevista la rapida crescita da qui al 2026, quando gli analisti prevedono supererà i 38 miliardi. Lo dicono i numeri di Allied Market Research, che rimarcano quindi una crescita del 143%, che si può considerare esponenziale, anche considerato che tra il 2021 e quest’anno la spesa per questi servizi è già cresciuta del 25%.
Si tratta di numeri che tuttavia sollecitano una serie di riflessioni perché se da una parte l’entrata in vigore della Direttiva Europea sui Sistemi di Pagamento Psd2 ha facilitato la trasmissione delle informazioni tra operatori finanziari – e sono disponibili in questo ambito tecnologie nuove e collaudate – dall’altra non sono tanti i servizi per il pubblico già disponibili (non tanti quanti potrebbero essere) e, quelli che lo sono, in diversi casi lo sono solo in modo parziale, anche perché le aziende del comparto finance si muovono con progetti, tempistiche e ritmi diversi.
L’Europa in questo scenario si rivela area in grado di trainare le iniziative, con gli utenti dei nuovi servizi in sensibile crescita, ma non è così per l’Italia, dove gli utilizzatori crescono appena del 5% (fonte: Pwc e Cbi). Secondo Statista, infatti, proprio nel Vecchio Continente nel 2022 gli utenti sono cresciuti del +50% rispetto al 2021 (e sono 28,8 milioni), mentre nel 2024 addirittura saranno ben 63,8 milioni con un incremento superiore al 120%.
Si tratta evidentemente di un mercato ancora decisamente fluido e “giovane”, considerata la recente attuazione di Psd2; un mercato alimentato soprattutto dalle persone poco soddisfatte dai servizi offerti dalle banche tradizionali, oppure propense invece alla sperimentazione di quelli nuovi. Sono sempre i numeri di Pwc e Cbi ad evidenziare ora la proposta di nuovi prodotti basati su investimenti, prestiti e assicurazioni, mentre resta ancora bassa la proposta relativa alle carte virtuali.
In particolare, i numeri relativi agli istituti bancari italiani evidenziano l’utilizzo dei sistemi di account aggregation, check Iban, personal financial management, instant payment e servizi di identity & digital onboarding. Con le banche tradizionali che si trovano a gestire la maggior parte delle informazioni già disponibili, grazie alla “ricchezza” dei database storici, e ad una proposizione strutturata. Anche per questo, alcuni istituti sono già organizzati per offrire informazioni integrate con quelle delle nuove fintech, piuttosto che viceversa.
I rilievi dell’indagine Fintech nel Sistema Finanziario Italiano di Banca d’Italia dovrebbero portare a riflettere, invece, proprio sui vantaggi di un’accelerazione nei progetti di open banking. Secondo questi numeri, proprio i servizi di open banking possono generare un cash flow positivo per 100 milioni di euro. Si aggiungono quelli di una ricerca del Financial Times secondo cui 4 istituti bancari su 5 stanno adottando tecnologie open banking per sviluppare nuovi prodotti finanziari per i clienti e ben il 94% delle aziende fintech è convinta così di poter migliorare il business.
In questo contesto si innesta anche l’esperienza di Mia-Fintech giovane startup italiana, nata sull’esperienza maturata su Mia-Platform, che si pone l’obiettivo di far evolvere le banche in moderne fintech company attraverso la proposizione di una piattaforma digitale basata su Api, microservizi e fast data che consente a banche, fintech e istituzioni finanziarie di sviluppare e fornire servizi digitali veloci e scalabili, sfruttando una serie di acceleratori pronti all’uso e progettati per rispondere alle specifiche esigenze di business del settore finanziario.
“Anche se in Italia lo sviluppo di questo settore è ostacolato dall’offerta limitata di nuovi servizi e dalle barriere tecnologiche – commenta Bruno Natoli, Ceo dell’azienda – il mondo finanziario sta cambiando radicalmente grazie alla trasformazione digitale che consente un’evoluzione verso l’omnicanalità e l’open banking”.
La startup si impegna per accelerare la trasformazione dell’ecosistema finanziario, sulla base di un approccio plug and play che permette di ridurre i tempi di sviluppo, migliorare l’interoperabilità del dato e accelerare l’integrazione di nuovi business partners per la creazione di bundle di servizi innovativi. In particolare, la soluzione software Mia-Fintech consente di accelerare il time-to-market di nuovi prodotti digitali e riduce i costi dei progetti IT, disaccoppiando i sistemi legacy e generando risparmi sui costi dell’infrastruttura e delle licenze. Inoltre, migliora l’accesso e l’interoperabilità dei dati 24/7 grazie alle single view, e permette di scalare i progetti in modo sicuro e regolamentato, anche con terze parti, sulla base delle specifiche esigenze di business.
Torna il tema della centralità dell’utente che cerca un’esperienza via Web e con le app che oggi ancora non è ottimale e, soprattutto, non è compiuta dal punto di vista di un approccio al banking effettivamente omnichannel. Prosegue Natoli: “Grazie alla tecnologia di Mia-FinTech, invece, le aziende possono offrire un’esperienza completa, continuativa e positiva su diversi canali digitali. Ed avviare integrazioni e collaborazioni con nuovi partner in modo semplice e veloce, creando bundle di servizi integrati ]…[ per sfruttare al meglio nuove opportunità di business”.
E’ evidente come la riuscita dei progetti in ambito open banking richieda, oltre alle tecnologie, l’effettiva “collaborazione” tra le realtà finance. Si tratta di riuscire a comprendere che la nascita di nuovi servizi per gli utenti può generare un favorevole effetto win-win solo quando gli istituti di riferimento per la clientela sono in grado di allineare i propri servizi tra loro.
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