I clienti abituati a comprare nei negozi fisici hanno speso il 40% in più nel passaggio all’online durante la pandemia e il 73% dei consumatori auspica che le aziende nel b2c mantengano nel tempo la stessa flessibilità mostrata in emergenza. In Italia, il 37% dei consumatori ha incrementato gli acquisti online durante il lockdown e il 63% dei clienti è più propenso ad acquistare presso brand che fanno uso di tecnologia per migliorare l’esperienza di acquisto. Dai pagamenti alle esperienze nei punti vendita, i consumatori chiedono dunque servizi sempre più agili e integrati, che uniscano l’universo fisico e quello digitale in un’esperienza di acquisto fluida.
Le aziende del retail che mostrano performance migliori sono di fatto quelle che propongono un commercio unificato e coerente a prescindere dal canale di vendita e che durante la pandemia hanno compensato i minori afflussi in negozio con un aumento dell’e-commerce. In Italia, il 68% dei retailer che adottano sistemi di pagamento unificati registrano una crescita del 20% e non stupisce pertanto che il 94% dei player del settore preveda di investire in digitalizzazione nel 2022 per favorire lo sviluppo del business.
Sono questi alcuni tra dati più rappresentativi emersi dalla ricerca che Adyen ha commissionato al Centre for Economics and Business Research (Cebr) sullo stato attuale delle aziende retail e food & beverage, condotta su circa 40.000 consumatori in 26 paesi e 10.000 aziende in 23 paesi nel mondo, Italia inclusa, per analizzare le nuove abitudini di acquisto dei cittadini e individuare le strategie che le imprese che operano in questi settori devono adottare per mantenere alto il loro livello di competitività.
“I risultati della nostra analisi confermano la necessità di offrire esperienze di acquisto sempre più fluide e integrate tra fisico e digitale, a partire dai pagamenti – commenta Philippe de Passorio, country manager di Adyen Italia -. La tecnologia deve permeare tutto li business per migliorare sia le operazioni interne che l’esperienza del cliente. Quando le aziende collegano tra loro i diversi comparti organizzativi, possono usare i dati provenienti da tutti i processi aziendali per offrire un servizio su misura e aumentare la reddittività del business. Secondo le nostre proiezioni, infatti, l’accelerazione della digitalizzazione aumenterebbe del 2% la performance economica totale del settore in Italia nel corso dei prossimi cinque anni”.
Omnicanalità, leva per la business continuity
In risposta alle sfide innescate dalla pandemia, che coinvolgono i soprattutto i settori retail, food & beverage, ma non solo, molte aziende globali scelgono di investire in tecnologie digitali per migliorare i processi interni e creare una customer experience unificata. Alcune dirottano sulla vendita online, altre introducono il ritiro in negozio (click and collect) e molti ristoranti optano per modalità di ordine e pagamento contactless. La digitalizzazione si è mostrata dunque fondamentale per la business continuity e le aziende con una solida offerta online se la sono cavata meglio.
Eccone alcuni esempi: “In Hugo Boss abbiamo dovuto chiudere temporaneamente più del 75% dei nostri negozi – dichiara Roman Stöcker, project manager payments di Hugo Boss -. Tuttavia, siamo stati in grado di offrire i nostri marchi online e ci siamo preparati per la riapertura dei nostri negozi, con tutte le restrizioni necessarie. Di conseguenza, ora possiamo offrire ai clienti appuntamenti virtuali. Il cliente fissa un appuntamento in videoconferenza privata quando il negozio è ufficialmente chiuso e il customer advisor dedicato del negozio gli presenta l’ultima collezione, rendendo la presentazione personalizzata e centrata sul cliente”.
“Da un punto di vista dell’e-commerce, la sfida più grande è sicuramente stata quella di gestire la crescita improvvisa di ordini online e di lavoro – spiega Alberto Dal Santo, head of e-commerce di Grandvision -. Fortunatamente, però, la piattaforma nel corso dei mesi si era già evoluta sia da un punto di vista tecnico che di customer experience ed era quindi già pronta a ricevere maggiore traffico e gestire le vendite”.
“Durante l’emergenza Covid-19, è stato importante per noi dare un contributo a chi ha vissuto una situazione di particolare difficoltà, attraverso una serie di iniziative solidali – dichiara Marco Porcaro, founder e Ceo di Cortilia –. Tra queste, abbiamo attivato sul nostro e-commerce una white list per dare la possibilità ai medici e al personale sanitario di alcuni ospedali lombardi di usufruire di una corsia preferenziale e di uno sconto sugli acquisti, applicando la logica dell’accesso prioritario allo store anche in un contesto digitale” . Quest’ultimo caso dimostra quanto le questioni di coscienza sociale e sostenibilità entrino oggi nelle scelte sia delle aziende sia dei consumatori. Un numero elevato di cittadini ritiene infatti che l’etica dei retailer, che riguarda ad esempio retribuzioni adeguate del personale, contributi alla comunità o attenzione per l’ambiente, abbia un peso maggiore oggi rispetto che in era pre-pandemia.
Italia, nelle roadmap investimenti digitali
Lo studio Adyen rileva che 1 azienda su 5 ha integrato i propri sistemi di pagamento con altri sistemi di gestione organizzativa, come l’inventario e la supply chain. Una scelta ritenuta efficace nel 49% dei casi sulla base di un miglioramento del posizionamento sul mercato. Il trend riguarda anche il retail italiano, dove per il 47% delle imprese la trasformazione digitale ha generato una crescita.
Nonostante la consapevolezza dell’importanza della digitalizzazione, nel nostro Paese solo il 22% dei brand ha però avviato un reale percorso di integrazione digitale del business in linea con le nuove esigenze di consumo.
Guardando in prospettiva la situazione è più rosea perché il mercato si attrezza per competere nel nuovo scenario: infatti, il 95% delle aziende prevede di investire in tecnologia nel corso del 2022. Un percorso di trasformazione che genera ottimismo tra i retailer italiani, portando le aspettative di crescita per il 2022 al 53%: obiettivo che, se atteso, porterebbe 184 miliardi di euro all’economia del settore.
Integrazione on-offline anche nei pagamenti
Il tema delle transazioni digitali è centrale, al fine di soddisfare le esigenze del nuovo consumatore evoluto. Il 68% delle aziende che consentono ai clienti di acquistare e completare le transazioni integrando canali online e offline, crescono infatti del 20%. Per i merchant, collegare i pagamenti online, in-app e in-store in un unico sistema porta infatti molti benefici: per il 57% il commercio unificato si traduce in una migliore offerta al cliente, per il 47% nell’aumento delle vendite e per il 51% in una maggiore fidelizzazione della clientela.
L’utilizzo di un sistema unificato di gestione dei pagamenti permette inoltre di offrire servizi personalizzati sulla base delle abitudini d’acquisto e le preferenze dei consumatori: ad esempio, il 67% dei consumatori italiani si aspetta che le aziende migliorino il modo di effettuare ricompense dopo l’acquisto e il 68% si direbbe disposto a scaricare l’app di un rivenditore per ricevere premi fedeltà. Gli shopper italiani prediligono anche in questo ambito servizi di shopping endless aisle (letteralmente “scaffale infinito”), con chioschi o terminali per verificare la disponibilità di scorte aggiuntive per la consegna a casa, o soluzioni di pagamento tramite QR code o Mobile Pos.
In questo contesto, grande rilevanza è data all’utilizzo dei dati per il miglioramento delle esperienze di acquisto, in particolare quelli relativi alle transazioni, utilizzati a questo fine dal 30% dei brand italiani. Anche la maggior parte dei consumatori è favorevole all’utilizzo dei propri dati: il 54% si dichiara d’accordo al loro uso a fronte di una migliore shopping experience. Quando si parla di dati, però, il loro utilizzo va gestito nel rispetto delle normative sulla privacy, un tema molto delicato che impatta sempre più sulle scelte del consumatore. Ad oggi, il 40% dei consumatori crede che i dati personali possano essere utilizzati a seguito di un consenso esplicito, mentre il 36% si dichiara favorevole all’archiviazione e l’utilizzo dei dati da parte dei rivenditori solo dopo garanzie sulla sicurezza e la privacy.
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