“Prevenzione, cura, assistenza e relazione, ma al centro del dibattito oggi c’è la telemedicina, apre così i lavori della seconda giornata di Digital Health Summit 2022 Paolo Macrì, presidente di Ggallery. Una precisazione che connota di fatto tutti gli interventi in sala e da remoto, su un tema ritenuto importante sia “in relazione all’esperienza dei due anni di Covid, sia per l’effettiva sostenibilità del nostro sistema sanitario”.
Una precisazione, che richiede quindi anche chiarezza terminologica che, infatti, caratterizza l’intervento di apertura di Michelangelo Bartolo, responsabile telemedicina della Regione Lazio, in collegamento da remoto addirittura dal Kenya, per l’implementazione, laggiù, di nuovi servizi: “La globalizzazione della sanità è già una realtà, ed il progetto su cui stiamo lavorando è in verità un caso di teleconsulto (quindi tra un sanitario ed un altro sanitario) asincrono da non confondersi con la “telemedicina””. Proprio questo spunto offre occasione di rimarcare l’importanza della proprietà terminologica.

I principali “mattoni costitutivi” della telemedicina sono la televisita (contatto da remoto tra paziente e specialista), il teleconsulto medico, la teleassistenza (in cui a rispondere al paziente non è un medico ma un’altra figura sanitaria, infermiere, logopedista, fisioterapista, etc.) ed il telemonitoraggio (per seguire il paziente nel suo percorso, per esempio in relazione alle terapie ed al rilevamento dei parametri fisiologici nei casi di patologie croniche). Bartolo: “Nella Regione Lazio negli ultimi anni si contano, per esempio, circa 33mila teleconsulti, con solo una piccola parte delle richieste (circa il 12,5% rimasta senza risposta)”. Ma tutte le prestazioni di telemedicina dipendono dall’efficienza e dalla disponibilità di un Centro Servizi e/o di un Centro Erogatore (il primo prevalentemente tecnico, il secondo clinico), senza i quali i progetti di fatto falliscono. “Sono importanti perché anche solo una prestazione di televisita spiega Bartolo – richiede almeno sette passaggi: la richiesta dematerializzata, il Recup, il pagamento del ticket (per esempio con Pago PA), la preparazione della fase asincrona, la video-call vera e propria, la piattaforma che predispone il referto e l’alimentazione del fascicolo sanitario. E non tutti evidentemente hanno il medico come figura di riferimento”.

Nel futuro è facile intravvedere un’evoluzione del comparto legata a tre aspetti: l’introduzione di ulteriori device di domotica presso i pazienti, l’evoluzione del ruolo delle farmacie come punti di riferimento per i pazienti e di sostegno per le televisite/monitoraggio ma anche l’introduzione di figure professionali “ibride”, per esempio infermieri/tecnici, tecnici/infermieri e medici più esperti di digitale.

Dhs 2022 Trio Uomini
Da sinistra Marco Foracchia, consiglio direttivo, Aisis; Fabio Faltoni, responsabile Progetto Frontiere Digitali, Confindustria Dispositivi Medici; Antonio Colangelo, direttore R&D Gpi

Si aggancia a queste riflessioni Francesco Gabbrielli, direttore telemedicina Iss, che conferma il bisogno di precisione terminologica (cfr. documento Agenas e accordo stato/regioni) e rimarca come benefica “la coerenza attuale delle definizioni nei vari documenti istituzionali che è essenziale per una corretta comunicazione, sia tra organismi, sia per trasferire fiducia al paziente che accetta i termini dell’interazione”. Un bene perché “tutte le prestazioni di telemedicina necessitano di una maggiore interazione da parte del paziente con il sistema, inteso come l’insieme di persone/strutture che lavorano attorno al paziente, ed il paziente stesso”.

La telemedicina, che in Italia di fatto è nata circa 20 anni fa, non è in verità mai stata razionalizzata a livello nazionale fino agli ultimi anni e spesso non ha tenuto conto né delle differenze nelle esigenze del territorio, né delle tipologie di paziente.

Francesco Gabrielli
Francesco Gabbrielli, direttore telemedicina Istituto Superiore di Sanità

“Certo, poi serve lavorare allo sviluppo di ulteriori professionalità che oggi si stanno formando attraverso corsi specifici per figure (come gli infermieri), già sul campo, e serve capire che il potenziale della telemedicina sarà incrementato proprio dalla transizione al digitale del futuro in cui avremo la possibilità di personalizzare non solo la diagnostica ma anche il trattamento per ogni singola persona”. Si parla quindi di iper-personalizzazione e precision medicine, possibili grazie alla potenza dei computer attuali e dei dispositivi medicali utilizzati che offrono dati puntuali, prodotti dal paziente stesso e oggi non presenti nella cartella clinica. 
E’ uno scenario in cui il ruolo delle aziende e dell’offerta è evidente. Lo sottolinea Fabio Faltoni, responsabile Progetto Frontiere Digitali, Confindustria Dispositivi Medici che evidenzia il bisogno di “un’organizzazione territoriale forte per la sanità digitale e di come l’evoluzione verso il digitale richieda uno sviluppo ordinato per non perdere un’occasione unica come quella attuale data dal Pnrr, e dall’emergenza-Covid che ha determinato la fine del “modello” basato su migliaia di progetti sperimentali che spesso morivano nell’arco di un anno e mezzo perché non replicabili in un elevato numero di realtà, e come tali non potevano avviare l’interesse alla produzione industriale che ha bisogno di un mercato”.

Con la digitalizzazione della sanità e dei progetti, oggi la produzione stessa di dispositivi medici e l’Ict  si stanno incontrando. I software stessi diventano “dispositivi medici” e richiedono una certificazione di affidabilità, un punto su cui anche le normative europee dovrebbero aiutare di più. Lo sviluppo tecnologico oggi consente anche alla sanità di riflettere sul fatto che “si può fare” e davvero il digitale è in grado di cambiare il paradigma, una convinzione che finalmente ha toccato anche la politica. “Serve però lavorare su un’effettiva interoperabilità dei dispositivi, su una cultura degli acquisti completamente diversa per cui si è consapevoli che acquistare un dispositivo oggi significa necessariamente acquistare un servizio affinché quel dispositivo possa davvero generare valore”.

Antonio Colangelo, Direttore R&D, Gpi: “Fare innovazione significa ancora sperimentare. La tecnologia che proponiamo consente oggi di gestire circa 150mila pazienti sul territorio tra aprile e maggio 2020 ad oggi. Quindi una buona palestra per capire. Sperimentare è importante in relazione al modello organizzativo cui si vuole approdare. E un prodotto che ha bisogno di un manuale utente per funzionare significa che è rotto. l’usabilità è fondamentale”. La compliance con il paziente ed il suo stile di vita è fondamentale ed il dato raccolto deve essere utile, utilizzabile, correlato. “Serve anche fare in fretta, il tempo corre, la domanda di salute cresce”.

Giuseppe Parriniello
Giuseppe Parrinello, head of e-Health and Smart City Digital Factory di Exprivia

Dopo lo sforzo di “definizione e sperimentazione per risolvere i problemi” ora bisogna “rifare il calcolo sui tempi, ed allentare i freni” perché altrimenti, con tutto quello che si vuole organizzare e mettere a terra, il timore che i prossimi due anni volino senza risultati è reale. Giuseppe Parrinello, head of e-Health and Smart City Digital Factory di Exprivia: “Sì, un rischio. L’utilizzo delle soluzioni di telemedicina nel 2021 è calato dal 39% del 2020 al 26% nel 2021. La tecnologia ha un enorme potenziale ma aggiunge anche oneri e lavoro per la quantità di informazioni da processare che non si è ancora in grado di “ricevere” mettendole a frutto”. Una telemedicina davvero “efficace” deve poter contare su una catena affidabile e sicura, approdare ad una visione integrata del paziente presente o remoto che sia. E l’hype deve essere una reale integrazione dei processi clinici attuali con quelli “digitali” che verranno, sulla scorta di un dato affidabile.

Quelli sulla telemedicina di Exprivia sembrano numeri in parziale contraddizione di tendenza con quelli relative alle televisite esposti da Annarosa Farina, Cio di Ieo e del Centro Cardiologico Monzino. “Abbiamo fatto un percorso di riflessione e di analisi dei processi già dal 2018. Espanso la piattaforma per le televisite negli anni della pandemia. I “sette” passaggi ci hanno portato a riflettere anche su quali prestazioni erogare per il tramite di “case manager” che seguono i pazienti. Abbiamo pensato percorsi specifici di user experience per il paziente che deve caricare sulla piattaforma dati importanti e sensibili dal punto di vista della cybersecurity, ma anche con cogenti temporalità nell’upload per dare tempo al clinico di valutarli”.

DHS Trio
Al centro Annarosa Farina, Cio di Ieo e del Centro Cardiologico Monzino. A sinistra Flavio Sensi, direttore generale dell’Assl di Sassari e a destra Marco Foracchia, consiglio direttivo, Aisis  

Si è quindi lavorato alla necessaria integrazione con i backend per pagamenti e fatturazione. Il case manager beneficia di automazione nella gestione dei documenti e pianifica l’alternanza delle televisite con quelle in presenza per il medico, si è aiutato il medico nell’utilizzo dei device in telemedicina senza perdere di vista il paziente. “Si tratta effettivamente di abbracciare paziente e medico con tutta l’organizzazione ed il prossimo passo sarà quello di creare una piattaforma di comunicazione narrativa tra paziente e medico”

Malgeri Reply
Carlo Malgeri, partner, Laife Reply

La telemedicina produce dati, l’uso secondario dei dati anzi, può davvero essere considerato tra i fil rouge più importanti da considerare anche per misurare l’efficacia degli interventi e dei progetti. E su questo si sofferma l’intervento di Carlo Malgeri, partner, Laife Reply, azienda del gruppo specializzata in soluzioni di ML e AI che specifica proprio come tra i principali obiettivi di azione nei progetti della sua azienda vi sia “ridurre il gap dalla generazione del dato alla fruizione del valore del dato, il time to insights attraverso il paradigma della data convergence”.

Tra le esperienze più interessanti a valle di questo approccio, la Value Based Medicine piattaforma che a partire da dati non strutturati rende possibile predire il percorso e la capacità di ripresa del paziente oncologico, ma anche il progetto Copd Risk Predictive Score che consente, a partire dai dati raccolti dai pazienti, di studiare i rischi di esacerbazione Copd. Marina Apicella, BtoB Public Sector key account manager, Samsung Electronics Italia ed Emanuele Rabolini, project manager, Samsung Sds, valorizzano a loro volta l’approccio trasversale delle tecnologie nell’healthcare sui tre pilastri fondativi diagnosticagestioneassistenza domiciliare, con il racconto di un caso d’uso specifico delle tecnologie e dei dispositivi come per esempio attraverso la soluzione S-Patch Cardio per monitoraggio continuo Ecg, soluzione che comprende una serie di servizi, compreso il caricamento dei dati in cloud a disposizione del cardiologo e che è già stata utilizzata sul campo in un Asl del centro Italia.

Interessanti casi d’uso così come, per esempio, quelli volti alla valorizzazione dell’esperienza di telemedicina raccontati da Flavio Sensi, direttore generale dell’Assl di Sassari oltre che Gdl di Fiaso Innovazione Digitale: “Si tratta di un caso di telemedicina penitenziaria, non concluso, ma valido stress test sui sistemi. Utile per comprendere come la medicina tout court si stia evolvendo e si spera quanto prima perda suffissi e prefissi, perché tutta la medicina sarà sempre più ‘tele’ e ‘digitale’ in questa evoluzione. Si tratta non di costruire il castello dal tetto, ma di partire dalla disponibilità di infrastrutture tecnologiche di base (5G e banda larga) e puntare all’interoperabilità tra tutti gli ambiti e i livelli di cura”.

Maria Orlando
Maria Orlando, Healthcare Sales director North Area, Engineering

Anche per abilitare quello scenario di “medicina di prossimità” di cui si parla da tanti anni. Scenario coerente con l’approccio e la vision di Engineering, espressa da Maria Orlando, Healthcare Sales director North Area: “A febbraio abbiamo avviato il sistema di progettazione digitale per il territorio lombardo – Progetto Ellipse – per consentire ai pazienti di essere seguiti come in ospedale nei percorsi successivi alla fase emergenziale del ricovero”.

Si tratta di un ecosistema di applicazioni concepito per le attività clinico-assistenziali, ospedaliere e territoriali, e per le relative attività di coinvolgimento del paziente. Dovrebbe permettere, nella sua piena realizzazione, alle organizzazioni sanitarie di attivare e sostenere i nuovi modelli di assistenza e cura, e quelli di relazione con il paziente, ed ai professionisti sanitari di disporre di soluzioni informatiche evolute, che li affianchino attivamente e in tempo reale nelle loro attività quotidiane di diagnosi, decisione e cura. I pazienti guadagnano in inclusione e partecipazione alla gestione dei propri percorsi di salute ed i sistemi sanitari di implementare pratiche e strumenti per una Value Based Healthcare.

Michele Cassese
Michele Cassese, AD Alpha Pharma

Casi d’uso interessanti, come quello di Michele Cassese, amministratore delegato, Alpha Pharma (Bari) e Marco Crimi, Biomedical project manager, Net-Medicare.

Cassese racconta il sistema Iris Health care che nell’ambito della patologia diabetica “propone un glucometro di ultima generazione con trasmissione dati alla control room Alpha Pharma” senza alcuna preoccupazione da parte del paziente (niente app, smartphone etc.) grazie ad una sim virtuale collocata all’interno del glucometro stesso.
Mentre Crimi propone due casi d’uso il più interessante dei quali a nostro avviso è quello nell’ambito della genetica, Genome Access, che di fatto si basa sull’utilizzo di una piattaforma basata su AI per aiutare i professionisti a veicolare informazioni corrette ai pazienti affetti da malattia genetica e supportare medici/pazienti a prendere decisioni consapevoli. La piattaforma virtualizza l’intero flusso dei percorsi (consenso informato, etc.etc.) a supporto del medico nel percorso di diagnosi ed analisi del dato genetico.

Dall’esperienza sul territorio di Aldo Mauro, referente regionale Aiic per la Regione Calabria, si può raccogliere uno spunto valido come collante dei diversi percorsi sul campo: I nuovi sistemi non devono ‘superare l’assistenza tradizionale’ ma integrarsi con essa, abilitati dalla tecnologia che offre opportunità ma è efficace solo quando è strumento e non fine nei progetti, in un contesto in cui resta centrale il ruolo delle centrali operative e la capacità di riprodurre buone esperienze sul territorio, in un’ottica di interoperabilità. Indispensabile con l’incremento della complessità”

Chiude i lavori Marco Foracchia, consiglio direttivo, Aisischief information officer – responsabile Struttura Complessa Ict, Azienda Usl di Reggio Emilia, Irccs: “Le opportunità aperte dal Pnrr generano timori per tempistiche cogenti e implicazioni ma anche tanti entusiasmi. Entusiasmi che si accendono proprio in relazione ai temi della telemedicina, dell’utilizzo secondario del dato, etc.. Ma l’assunto è che i progetti di telemedicina sono continuum rispetto ai percorsi ospedalieri e per acuti. Diamo per scontato che i bisogni che tenevano banco in occasione di Dhs 2018 siano stati soddisfatti, che i compiti delineati allora siano stati fatti. E non è così”. Si parlava di integrazione, convergenza del dato, cartella clinica informatizzata. Non tutto è stato compiuto. Per raggiungere i prossimi obiettivi serve fermarsi, girarsi indietro. La telemedicina c’è è migliorerà, ma bisogna lavorare alla costruzione dei pre-requisiti. Verificare quali sistemi/processi si siano rivelati davvero resilienti e farne tesoro e quali no. “Serve puntare ad un’effettiva sostenibilità economica possibile solo se tutti i tasselli della sanità che già c’è e tutti gli elementi “nuovi” convergano su sistemi informativi. Proprio la sostenibilità del sistema sanitario nel complesso è il tema chiave”.

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