Le aziende in questi ultimi tre anni si sono dovute trasformare lavorando su diversi fronti. Dovranno continuare a farlo almeno anche nei prossimi anni. Le strategie dei Cio convergono sulla scelta di infrastrutture e servizi cloud e questo ha determinato la rivoluzione dei processi interni. Inoltre le società imparano a gestire i dati, sollecitate anche dalle normative (Gdpr, ma non solo), e a valorizzarli (con gli advanced analytics). Oggi per lavorare si utilizzano, insieme, diversi abilitatori digitali: le tecnologie 5G, IoT (quindi edge computing) e AI, che sono tecnologie pervasive.

Il quadro tracciato dal report Il Digitale in Italia 2018-2021 sollecita però un’altra riflessione. Le aziende rappresentano oggi, esse stesse, un anello di una supply chain di dimensioni più ampie. I rapporti, da una parte con i fornitori, dall’altra con i clienti, contribuiscono ad incrementare le possibilità di business (anche in valore), ma mancare nella capacità di controllo su di essi, più che nel passato, può determinarne la crisi.

Spieghiamo con un esempio molto semplice: garantire la qualità del prodotto sfruttando le tecnologie blockchain può assicurare un controllo puntuale sulla filiera, ma non riuscire a trasferire questo valore poi anche nelle attività di customer care, vanifica lo sforzo. Così, l’estrema attenzione alla sicurezza dei processi aziendali, quando si perde il controllo nel trattamento dei dati, si può intuire, serve a poco. Per questo l’allineamento con partner e clienti è fondamentale e strategico.

Dal basso, è facile intuire come sia possibile iniziare a generare valore da una parte (internamente) sfruttando i sensori in ambito IoT che producono dati, dall’altra sfruttando i dati generati dalle applicazioni e dai dispositivi mobile (prodotti anche esternamente). Secondo NetConsulting cube il mobile business ha raggiunto un valore in Italia vicino ai 4 milioni di euro (+9,4% anno su anno) e soprattutto la pervasività delle soluzioni è oggi trasversale a tutti i processi aziendali (dall’alto in basso e viceversa), questo proprio perché le tecnologie emergenti oltre ad abilitare la trasformazione digitale, sono tra loro “autoaggreganti”.

Il mercato mobile business in Italia
Il mercato mobile business in Italia (Fonte: NetConsulting cube, 2019)

E’ lo stesso report a sottolineare come il senso di dati generati dalle macchine si rifletta sui prodotti e viceversa, quindi dati generati dagli utilizzatori di un prodotto/servizio si riflettono poi nelle variazioni dei processi di produzione/offerta (l’esempio tratto dall’esperienza sul campo di diverse aziende è emblematico).

Ecosistemi, cloud, applicazioni e software, quindi, oggi sono determinanti molto più di quanto non lo siano le soluzioni hardware, e convergono a generare una sorta di sfera di interazioni per cui dal basso i punti di contatto con i clienti finali si moltiplicano (e vanno tutti presidiati perché il cliente vuole essere raggiunto dove egli preferisce), generano informazioni (si pensi anche alle conversazioni con i chatbot e gli assistenti virtuali) che poi devono essere utilizzate dalla forza vendita non solo per indirizzare gli sforzi in produzione e la logistica, ma anche lo sviluppo ulteriore del prodotto e del business.

Per questo è possibile tracciare un unica linea e congiungere mobile business e big data. Il mercato delle soluzioni per “lavorare” con questi ultimi vale oggi in italia poco meno di un miliardo di euro, ed è cresciuto di circa il 18% anno su anno. Come abbiamo già sottolineato, è naturale che per l’80% sia riconducibile all’adozione di soluzioni software (anche in cloud), siano essi database, strumenti di acquisizione dati, elaborazione, dashboard di visualizzazione da fonti eterogenee, nonché servizi.

Le aziende denunciano la mancanza di competenze reali in questo ambito. I data scientist sono pochi, la valorizzazione di un data lake, con dati da fonti eterogenee, da database eterogenei (relazionali, orientati ai documenti, a oggetti) è affare complesso. Vero è che ampiezza e profondità del data lake determinano in ogni caso la possibilità di estrarre dai dati valore.

Il mercato dei big data in Italia (Fonte: NetConsulting cube, 2019)

Sono quindi le aziende non più grandi, ma con volumi di informazioni più significativi, ad occupare una posizione di vantaggio, a patto di lavorare poi nella giusta direzione con le tecnologie di machine learning e AI. Il modo stesso in cui si archiviano e organizzano dati infatti determina la possibilità di ottenere valore. Non poco business si genera proprio in questo ambito, cioè offrendo soluzioni e piattaforme per utilizzare i dati infruttuosi nei “silos”.

Anche in questo caso l’approccio è bi-direzionale. Sui data lake è necessario assicurare il supporto dei software per la customer analytic (profilazione, etc.), così come devono convergere nei data lake i dati provenienti da impianti e macchinari.

In uno scenario più esteso si può immaginare un’azienda in grado di controllare anche i processi di spedizione e di acquisto delle forniture, capace di integrare informazioni meteo, di traffico, etc. Sarebbe ideale uno scenario simile anche nelle utility per quanto riguarda le capacità di manutenzione predittiva e ottimizzazione. Un’AI ben addestrata permetterà di ricavare oltre a modelli predittivi anche corrette prescrizioni di intervento e azione. 

La frontiera futura più vicina se si pensa alle possibilità offerte dai dati sono proprio i progetti in ambito fast data: le informazioni generate ed immediatamente elaborate non solo offrono indicazioni di azione ma permettono anche l’aggiornamento e l’addestramento dei sistemi intelligenti.

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