Da mesi atteso, finalmente è stato ufficializzato il piano di azione di quel Fondo Nazionale Innovazione (Fni) che, lanciato dal Mise nel marzo 2019, aveva deluso per la gestazione complessa delle nomine (arrivate a fine anno) e per i conseguenti ritardi nell’avvio dei lavori (partiti a febbraio 2020) rallentando le speranze di startup e aziende innovative. Ben prima del Covid
Ma che, fin da subito, si preannunciava così importante per l’innovazione del nostro Paese, da tenere alta l’attenzione su quel miliardo di euro di finanziamenti promesso entro il 2022, gestito attraverso Cassa Depositi e Prestiti nei panni di cabina di regia.
Ora la nuova Cdp Venture Capital Srg, sotto la presidenza di Francesca Bria e con Enrico Resmini come amministratore delegato e direttore generale, si appresta a rendere operativo il Piano industriale e le iniziative inglobate nel Fondo Nazionale Innovazione, avviato proprio durante il lockdown. Veniamo al dunque. 

I dettagli

Il Piano industriale 2020-2022 di Cdp Venture Capital, presentato nei giorni scorsi (23 giugno), oltre ad avere un titolo importante (Dall’Italia per innovare l’Italia) detta finalmente gli strumenti e la strategia per promuovere l’innovazione e attirare capitali esteri, spingendo l’industria dei venture capital anche nel nostro Paese.

Qualcosa si era mosso nei mesi scorsi (deliberati investimenti per oltre 100 milioni di euro nei quattro mesi dall’avvio con un impatto previsto su circa 160 startup, tra cui Primo Space, Sardex, Sweetguest, Echolight, Claris Biotech Venture, Restorative Nanotechnologies). Ma ora il Piano potrebbe fare la differenza nelle azioni e nel coinvolgimento di nuovi operatori internazionali. Entro la fine del 2020, l’obiettivo dichiarato è supportare l’ecosistema di pmi e startup gravemente colpito dalla crisi indotta da Covid-19, attivando investimenti per più di 1.000 startup, con più di 15 programmi di accelerazione varati e con circa 20 gruppi di gestione di iniziative di venture capital, arrivando a mobilitare 250 milioni di euro entro la fine dell’anno.

La struttura tecnica del Piano industriale porta avanti 4 progetti per il nostro Paese: innovazione tecnologica, transizione energetica, cambiamenti sociali e sviluppo del commercio internazionale. Non solo con obiettivi finanziari ma anche culturali, facendosi carico di promuovere sfide impegnative per il Paese dettate dalla transizione digitale (di aziende e cittadini) e dalla transizione verso green e sostenibilità.

I punti di partenza sono le evidenze di oggi. La tecnologia è fondamentale per gestire cambiamenti ed emergenza Covid (ritornano sul tema il Ministro dello sviluppo economico Stefano Patuanelli e Francesca Bria); il ritardo dell’Italia è lampante rispetto agli altri Paesi europei in relazione agli investimenti in innovazione (siamo decimi in Europa per capacità di sostenere le startup); note sono la mancanza di competenze (indice Desi 2020), la scarsa cooperazione tra università e impresa, la necessità di spingere gli investitori a seguire le startup non solo nella fase di avvio ma anche nella fase di crescita e di affermazione sul mercato. Perché ci sono tantissime startup nel nostro Paese che rimangono piccole o che hanno un tasso di mortalità molto basso (il 3% rispetto al 30% della Francia) indice di realtà che non decollano o non interessano l’industria.

Il punto di arrivo è un salto per le startup innovative e l’industria del venture capital in Italia (non ancora attrattiva), facendo leva sulla nuova generazione di acceleratori, per consolidare nuove realtà emerse anche durante l’emergenza sanitaria, impegnate su didattica a distanza, smart working o e-commerce. “Nel prossimo triennio, l’obiettivo è di rendere il venture capital un asse portante dello sviluppo economico e dell’innovazione del Paese investendo rapidamente e in modo efficace i capitali assegnati e creando i presupposti per una crescita complessiva e sostenibile dell’intero ecosistema” spiega Resmini. Della dotazione dei fondi di circa 1 miliardo di euro, 800 milioni di euro sono già stati sottoscritti, grazie alle risorse allocate pariteticamente dal Mise e dal Gruppo Cdp (attraverso la sua controllata Cdp Equity).

Fondi presenti e futuri

Attivi sono oggi quattro fondi, ai quali se ne affiancheranno altri due entro il terzo trimestre del 2020 e un terzo entro metà 2021.
Gli operativi: Fondo Italia Venture I, dal 2015, investe nei settori digitale, biotech, medicale e high tech (dotazione di 80 milioni di euro con circa 20 aziende gestite in fase di crescita). Fondo Italia Venture II destinato alle imprese del Sud con l’obiettivo di accelerare la competitività nel Mezzogiorno (dotazione di 150 milioni di euro). Fondo di Fondi di VenturItaly per generare nuovi team all’interno di gestori già attivi sul mercato (dotazione di 300 milioni di euro). Fondo Acceleratori, operativo da fine maggio 2020, per lo sviluppo di programmi di accelerazione verticali su settori strategici ad alto contenuto tecnologico e potenziale di crescita (dotazione 125 milioni di euro).

FondiI futuri: il Fondo Corporate Venture Capital, che coinvolgerà alcune partecipate dal gruppo (dotazione iniziale di 150 milioni di euro) e il Fondo Tech Transfer, attivo entro il terzo trimestre del 2020, per progetti di trasferimento in startup promettenti e investimento in fondi verticali specializzati (150 milioni di euro).
Arriverà per metà 2021, invece, il Fondo Late Stage (100 milioni di euro) per startup in fase matura che necessitano di capitali per consolidarsi ed espandersi su mercati internazionali o dentro l’industria.

Gli strumenti e la loro razionalizzazione sono stati definiti dal Piano. Un passo necessario ma non sufficiente, se i tempi si allungheranno e i finanziamenti non raccoglieranno interesse. Le potenzialità per aziende e investitori sono manifeste ma osserveremo le prossime mosse su una scacchiera difficile. Aspettiamo l’execution.

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