Si è concluso lo scorso 10 ottobre la V edizione di Digital Health Summit 2020. Evento particolarmente ricco quest’anno per il numero di partecipanti alle stanze virtuali, per quantità e qualità dei relatori coinvolti e per l’eccellenza dell’Advisory Board, formato da illustri membri della Sanità, delle Istituzioni e dell’Healthcare, senza dimenticare le aziende protagoniste dell’evento, tra le voci dell’offerta.
Momento culminante del Summit 2020 certamente il workshop, virtuale e a porte chiuse, che si è tenuto il 6 Ottobre tra i rappresentanti dell’Advisory Board e del Sistema dell’Offerta. Un meeting di rilevanza strategica in cui sono state presentate considerazioni e riflessioni in materia di ridefinizione della Sanità nel nostro Paese al professor Walter Ricciardi, consulente per il Ministero della Salute. In veste di key auditor, al termine dell’incontro, Ricciardi ha ricevuto il documento programmatico frutto della discussione scaturita: un testo propositivo da presentare al Governo con l’obiettivo di contribuire fattivamente alla stesura del piano industriale della sanità del futuro.
I risultati di una Survey online, condotta sull’intera Community del Digital Health Summit 2020, sono stati il punto di partenza della discussione per far scaturire e meglio comprendere le lessons learned portate dalla pandemia di Covid-19. Il campione intervistato risulta composto da 203 rispondenti che coprono l’intera filiera del Life Science, ovvero appartenenti oltre che al sistema sanitario, all’industria dei dispositivi medici e farmaceutica, al sistema della ricerca, al sistema dell’Ict e della tecnologia.
Governance, Pianificazione e territorio e Digitalizzazione in chiave collaborativa sono quindi i key point della proposta che si è delineata per la riforma della Sanità Italiana. Aspetti che sono purtroppo mancati in Italia, almeno all’inizio dell’emergenza che ha travolto il Sistema Paese.
Le risposte alla survey online evidenziano infatti questi come principali ambiti di intervento:
- per il 64% del campione è estremamente importante potenziare la sanità sul territorio, con i giusti strumenti e strutture fuori dagli ospedali;
- per il 51% è fondamentale disporre di e aggiornare i piani pandemici;
- per il 45% è basilare una governance nazionale su aspetti critici come le pandemie, disporre di una struttura di coordinamento a livello centrale che, sulla base di un sistema informatizzato di raccolta dei dati dal territorio sia in grado di attivare piani di emergenza. Si evidenzia inoltre la necessità di strumenti di monitoraggio del territorio, che siano in grado di interpretare i segnali deboli ed emergenti.
Interessanti sono a questo proposito gli interventi singoli dei membri dell’Advisory Board e del Sistema dell’Offerta, che hanno portato ulteriore fonte di stimolo ed arricchimento alla discussione per la stesura del documento programmatico.
NetConsulting cube, tra gli organizzatori di Digital Health Summit, ipotizza: “Un cuore centrale, un Big Data Hub Nazionale, alimentato da dati anagrafici, amministrativi, di spesa farmaceutica, di struttura, dati socio sanitari, clinici e ambientali provenienti da tutto il sistema i cui output potrebbero, ad esempio, alimentare sistemi complessivi di Population Health Management o di Electronic Health Record dei singoli cittadini”.
Centralità al networking collaborativo reso possibile dal digitale è la proposta avanzata da Paolo Petralia, direttore generale Istituto Gaslini e Presidente Associazione Italiana Ospedali Pediatrici. Nel suo intervento Petralia parte da un dato come spunto: “La situazione clemente sulla popolazione più giovane ha permesso al mondo della pediatria di analizzare l’emergenza con più calma”. Dallo studio di questa fase emerge come la pediatria sia un modello finito – si tratta di 15 ospedali già tutti in rete – che si presta particolare bene come ambiente dove fare in piccolo quello che si potrebbe fare in grande, ovvero, creare una reale connessione fra i diversi attori attraverso l’integrazione ospedale-territorio.
Torna sul tema della digitalizzazione come driver fondamentale per favorire la collaborazione fra enti di ricerca e capitale, nonché per aiutare la sperimentazione clinica, anche Riccardo Palmisano, presidente Assobiotec.
Mentre una nuova politica industriale farmaceutica che guardi al farmaco – considerando la chimica fine, ormai da anni abbandonata – è il punto centrale della riflessione di Michele Uda, direttore generale Assogenerici. “Se non si fosse attivata l’intera catena produttiva mondiale del farmaco, non sarebbe stato possibile fornire i farmaci, peraltro fuori brevetto, ai 4.000 pazienti delle terapie intensive”, è la drammatica sentenza di Uda, che mette in evidenza l’urgenza di una riflessione sulla spesa sanitaria a livello di Governo.
Ma anche a livello ospedaliero gli ambiti d’intervento sono molteplici e da non sottovalutare, come spiega Lorenzo Leogrande, presidente Associazione Italiana Ingegneri Clinici. Partendo dalla sua esperienza diretta pone l’attenzione ad esempio sull’importanza di un rinnovo di tutte le tecnologie presenti negli ospedali e sul valore della periferia, nonostante la tendenza alla centralizzazione delle strutture sanitarie.
Digitale, tecnologie ma anche competenze manageriali. Questo il cuore dell’intervento di Nicola Pinelli, direttore generale Fiaso. Secondo Pinelli l’epidemia ha posto in evidenza l’incremento del fabbisogno di managerialità in ambito sanitario. Sono necessari dunque “investimenti straordinari a favore dello sviluppo delle competenze tecnico-specialistiche e di quelle organizzativo-manageriali per innescare il gioco di squadra fra le varie aree di una struttura ospedaliera”.
L’intervento di Fernanda Gellona, direttore generale Confindustria Dispositivi Medici, aggiunge poi un’importante riflessione sul tema dispositivi medici: “In questo particolare momento storico servono più fondi, ma è anche vero che, senza scelte di politica sanitaria sinergiche, queste risorse economiche potrebbero essere a rischio di spreco. E’ importante concentrarsi sull’attuazione della digitalizzazione attraverso il ruolo sempre più chiave di telemedicina e teleassistenza”.
Una visione olistica sull’intera filiera è quella di Roberto Triola, responsabile trasformazione digitale Farmindustria. “L’obiettivo non è passare dall’anoressia degli investimenti alla bulimia dei progetti”, afferma Triola che pone il dato alla base della trasformazione della sanità italiana; dato che, considerando gli ultimi report Ocse, proviene per il 30% proprio dal mondo salute, e dalla partnership pubblico-privato.
Il ruolo del dato di qualità come unica, vera tecnologia abilitante è il centro della riflessione anche di Mauro Grigioni, responsabile del Centro nazionale tecnologie innovative in sanità pubblica Istituto Superiore di Sanità: “Le tecnologie ci sono e in abbondanza, ciò che davvero manca e mette in crisi il sistema è la mancanza di linee guida chiare e di un patto fra industria e sanitario con l’obiettivo di avere una visione sistemica e sistematica”.
Anche per Alessandra Mazzucco, Healthcare Market partner Reply, è innegabile che: “Per concretizzare un percorso digitalizzazione nel nostro Paese sono necessarie ingenti risorse economiche -ma aggiunge – è anche fondamentale che le soluzioni tecnologiche proposte soddisfino 4 pillar fondamentali: connettere tutti gli attori non solo i pazienti, usare le stesse tecnologie allo stato dell’arte, sbloccare l’accesso di informazioni a tutti gli ecosistemi, attivare il servizio a valore aggiunto”. Punto centrale della riflessione è l’importanza di arricchire i progetti tecnologici di requisiti tecnici premianti.
“L’emergenza Covid ci ha insegnato il valore della partnership tra impresa e sistema sanitario, per fare assessment dei processi e capire la tecnologia migliore per soddisfare i veri bisogni delle persone”, dice invece Matteo Passera – Digital & Business Transformation director Roche.
“Dopo una fase di grande evoluzione dei modelli sanitari in chiave digitale, siamo oggi nella fase della ‘stasi’, con un Paese è tendenzialmente fermo”, chiosa Giorgio Moretti, presidente Dedalus. Ma dalla metà del 2021, Moretti auspica alcuni importanti cambiamenti: il software clinico diventerà dispositivo medico e l’interruzione dell’estensione delle norme sulla portabilità del dato clinico, con conseguente trasferimento di tutti dati di valenza medico-legale al cittadino.
Dario Buttita, direttore generale Pubblica Amministrazione e Sanità, Engineering, sottolinea come si stia assistendo a “un vero e proprio processo di ‘reverse engineering’ per offrire risposte alle reali esigenze del mercato”. E’ necessario quindi lavorare sulle regole che devono essere definite in modo chiaro.
La riflessione di Lorenzo Montermini, direttore Strategie, Comunicazione e Marketing Gruppo Gpi, parte dei numeri: “Il numero degli e-consumer è cresciuto di quasi 2 milioni durante il lock-down. Guardando i dati, non si può dire la stessa cosa per le prestazioni sanitarie”. Secondo Montermini bisognerebbe quindi costruire best practice italiane, comunicandole e rendendole note il più possibile, individuando un pensiero Paese e linee guida omogenee per il sistema sanitario
Si sviluppano attorno a due principali key point invece le proposte di Oracle Italia, attraverso la voce di Rosa Bellomo, Technology Senior Sales director Oracle Italia. Ovvero, “una vera integrazione e fruibilità dei dati sanitari, clinici ed amministrativi presenti nel sistema sanitario”, da un lato, ed un “supporto per una crescente valorizzazione del personale sanitario, attraverso una gestione moderna e predittiva” che consenta agli ospedali e ai poli territoriali una più efficace gestione delle risorse umane.
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