Abilità e competenze critiche (1), progettazione organizzativa e capacità di gestire il cambiamento (2), leadership (3), un’effettiva strategia per il futuro del lavoro (4) e l’attenzione per gli obiettivi sui temi di diversità, equità ed inclusione (5). Sono queste le priorità e le sfide per i responsabili delle risorse umane nel 2022. Lo dice la ricerca Gartner Top 5 Priorities for HR Leaders in 2022, proposta nel cuore dell’estate ad oltre 500 responsabili aziendali HR a livello globale (oltre 60 Paesi), tra tutte le maggiori industry.

Le priorità per l'HR nel 2020 secondo la ricerca Gartner
Le priorità per l’HR nel 2020 secondo la ricerca Gartner

In cima alla lista quindi compaiono ancora una volta le competenze. La capacità di coltivarle e di “tenerle in azienda” è la priorità numero uno nel 2022 per quasi il 60% dei leader HR intervistati. In particolare sarà prioritario strutturare e far ruotare la gestione dei talenti intorno alle competenze, non ai ruoli. Un aspetto critico, considerato come, poco meno della metà del campione dei responsabili HR che ha partecipato alla ricerca riferisce di non conoscere quali possano essere le lacune nelle competenze dei propri dipendenti, mentre il 40 afferma di non poter sviluppare soluzioni adeguate a sviluppare competenze abbastanza velocemente in relazione all’evoluzione dei bisogni.

Questo anche perché sempre nuove sono le competenze richieste, con un ritmo di scambio elevato al punto che, nel 2022, quasi una su tre delle competenze necessarie per svolgere un lavoro nel 2018 non serviranno più, e ne sono richieste di altre in rapida alternanza rispetto al passato. Spiega Mark Whittle, vice president dell’advisory Gartner HR practice: “Le aziende con le funzioni HR più lungimiranti colmano le lacune in questo senso lavorando alla disponibilità di una forza lavoro eclettica, puntando appunto sulla gestione dei talenti”.

Skill e competenze difficile prevedere il futuro
Skill e competenze difficile prevedere il futuro (fonte: Gartner)

In un contesto, questo, senza dubbio critico. Infatti dalla ricerca emerge anche come circa la metà dei leader HR segnala la “stanchezza” dei propri dipendenti di fronte al cambiamento: siano essi variazioni nel quotidiano, cambiamenti nei componenti del team, un nuovo manager, piccole revisioni di processo o sistema, eventi molto più di diffusi rispetto al passato e più faticosi da “assimilare”, rispetto ai grandi cambiamenti trasformativi (meno frequenti nel tempo).

E’ anche solo l’interruzione dell’esperienza in corso ad impattare in modo significativo sulla capacità di assorbire il cambiamento. E per lavorare su questo aspetto le risorse umane devono puntare a generare fiducia tra i dipendenti e nei team. Dipendenti fiduciosi, spiega la ricerca, assorbono meglio anche i “micro-cambiamenti” con una capacità 2,6 volte superiore. E la fiducia cresce lavorando alla costruzione della coesione dei team. Team che lavorano bene insieme, che si ascoltano e si prendono cura l’uno dell’altro favoriscono quindi i dipendenti con una capacità quasi doppia di assorbire il cambiamento rispetto ai dipendenti che lavorano in team a bassa coesione.

Arriviamo così alle valutazioni sull’esigenza di una strategia per il lavoro del futuro, difficile da individuare, ma prioritaria per il 42% degli intervistati cui ancora manca. Mentre un terzo del campione riferisce comunque come, in ogni caso, la strategia per il futuro del lavoro si concentrerà esclusivamente su quello in modalità ibrida o da remoto.

Spiega Whittle: “I leader delle risorse umane devono determinare le direzioni cui tendere e modificare i piani strategici della loro organizzazione e quali adeguamenti della forza lavoro immediati e a lungo termine sono necessari di conseguenza”. Si tratta di approdare ad una strategia olistica, frutto dell’analisi degli impatti di molteplici scenari potenziali per identificare i cambiamenti (non solo tecnologici, ma anche sociali e lavorativi) che potrebbero impattare in modo significativo anche sulle esigenze dei talenti.

Infine, per quanto riguarda il tema relativo alla sfida su diversità, equità ed inclusione, è fondamentale che le risorse umane adottino un approccio in grado di influire in modo significativo sul comportamento e sui risultati anche a livello di leadership in una sorta di meccanismo virtuoso di responsabilità sequenziale, piuttosto che come avviene ora puntando sulla responsabilità “collettiva”. I leader aziendali di fatto sono chiamati a mettersi in gioco personalmente per favorire la valorizzazione equa dei talenti presenti in azienda e alla verifica sui progressi e sugli obiettivi relativi al tema. Questo in un contesto in cui, attualmente il 35% dei responsabili HR riesce a dare priorità a questi aspetti nei board.

Diversity pipeline leadership
Nella pipeline delle leadership aziendali c’è ancora poco spazio per la diversità (fonte: Gartner)

I manager oggi hanno una visibilità molto ridotta sulla realtà quotidiana dei propri dipendenti, per questo l’empatia è fondamentale, anche nello sviluppo della fiducia. Un atteggiamento volto a offrire priorità alle persone, rispetto ai processi, e a contestualizzare le prestazioni cercando di capire meglio le specifiche dei contesti operativi porterà i manager a poter avere un impatto anche tre volte maggiore sulle prestazioni dei dipendenti.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Condividi l'articolo: