Per le aziende, con la chiusura degli uffici e il lockdown prolungato (di fatto da marzo 2020 fino ai primi mesi del 2022) predisporre infrastruttura e soluzioni necessarie per abilitare il lavoro da remoto per i propri dipendenti ha rappresentato una sfida. E’ facile immaginare quanti e quali sforzi abbia dovuto sostenere la nostra pubblica amministrazione che mai prima, nella maggioranza assoluta dei casi, aveva previsto di poter erogare i propri servizi attraverso gli “sportelli online”.
Capire come è andata ed il livello di soddisfazione per i clienti finali, che in questo caso sono i cittadini, è l’obiettivo della ricerca Istat che da pochi giorni ha reso disponibili i risultati dello studio Istat, Cittadini e Lavoro a Distanza nella PA Durante la Pandemia, che fotografa anche il livello di soddisfazione degli utenti dei servizi della PA tra maggio 2020 e gennaio 2022.

L’Istituto ha scelto come lista di selezione l’insieme degli individui rispondenti al Master Sample del Censimento Permanente del 2018 e, sulla scorta di un collettivo considerato per la fascia di età di interesse (18 anni e più) di circa 2.400.000 persone, di cui circa 1.400.000 di individui la cui famiglia fosse dotata di recapito telefonico, ha fissato come dimensione del campione circa 3mila persone, quindi ha utilizzato una specifica stratificazione per aree geografiche e una serie di altri parametri per le specificità dei quali rimandiamo direttamente allo studio.
Concretamente, l’indagine presentata in questo Report è stata condotta durante la IV ondata epidemica (tra dicembre 2021 e gennaio 2022) con l’obiettivo di focalizzare i comportamenti e le opinioni dei cittadini a quasi due anni di distanza dall’inizio della pandemia. Istat quindi, proprio a fine maggio, ha pubblicato i primi risultati relativi alla fruizione dei servizi della Pubblica Amministrazione e alle opinioni sull’impatto del lavoro a distanza negli uffici pubblici.

I numeri sono interessanti. Nel periodo considerato, oltre quattro cittadini su dieci si sono rivolti ad almeno un ufficio della PA (sia fisicamente, sia attraverso i servizi online). In prevalenza uomini (43,9% contro 36,6% di donne), occupati (49,4% a fronte del 31,6% dei non occupati) e giovani (52,7% tra 18 e 44 anni contro il 20,8% degli over 64). Mentre non sembrano emergere differenze territoriali significative, interessante è il dato secondo cui i cittadini prevalentemente si sono rivolti agli uffici comunali (circa uno su quattro), ed oltre il 12% all’Inps, con a ruota – anche per le tematiche relative alla didattica a distanza e le informazioni sulla scuola – il 10,9% che ha contattato le segreterie degli uffici scolastici.  Appena tra l’1% e il 4% la percentuale di coloro che si sono rivolti agli altri uffici: Inail, ministeri, regioni, etc.

Indicativa è la percentuale di coloro che comunque si sono rivolti almeno una volta a un ufficio pubblico utilizzando lo sportello fisico (poco meno del 50% del campione); il 44,4% almeno una volta ha utilizzato lo sportello online mentre più di un cittadino su quattro ha utilizzato almeno una volta entrambe le modalità. Inps, Agenzia delle Entrate e segreterie scolastiche gli uffici della PA che hanno fatto registrare il maggior utilizzo dei servizi online, mentre gli sportelli fisici più frequentati sono stati quelli dei comuni (probabilmente anche per la disponibilità di meno servizi online, soprattutto nei centri minori).

Utilizzo servizi PA Istat
L’utilizzo dei servizi PA da parte del campione (fonte: Cittadini e Lavoro a Distanza nella PA Durante la Pandemia, Istat 2022)

Il livello di soddisfazione per i servizi ricevuti 

La sezione del Report relativa al livello di soddisfazione dell’utenza è probabilmente quella che contiene i numeri più sorprendenti. Contrariamente al luogo comune diffuso, infatti, la maggioranza non ha ravvisato cambiamenti nella qualità di almeno uno dei servizi ricevuti rispetto al periodo pre-pandemico (65,2%). Solo un cittadino su quattro ha registrato peggioramenti e poco più di uno su dieci, invece, dei miglioramenti. Concretamente la quota di quanti non hanno rilevati cambiamenti nella qualità del servizio erogato rispetto a prima dell’emergenza sanitaria è più ampia di quanti al contrario evidenziano un miglioramento o un peggioramento. E tra gli utenti di un unico servizio, è interessante notare che, tra quanti lamentano un peggioramento, il 62,1% si è dichiarato comunque soddisfatto (a fronte del 37,9% di non soddisfatti). Numeri diversi rispetto a quelli di coloro che si sono rivolti a più di un ufficio. In questo caso (due uffici), tra chi ha registrato peggioramenti nel servizio, la percentuale di soddisfatti scende al 26,7% (il 14,9% è soddisfatto solo di uno dei due servizi ricevuti, il 58,4% è insoddisfatto di entrambi). Resta invece molto elevata la percentuale di soddisfatti tra quanti considerano stabile o migliorata la qualità di entrambi i servizi ricevuti.

I motivi di insoddisfazione

Il malcontento, nel periodo considerato, si è generato soprattutto a causa dell’allungamento dei tempi di erogazione dei servizi. Se complessivamente infatti il 31,6% dei cittadini che si sono rivolti a un ufficio pubblico ha riscontrato peggioramenti, è stato soprattutto l’aspetto evidenziato a generare malcontento (67,4%), seguito dalla difficoltà nel parlare con un operatore per avere indicazioni su come accedere al servizio (60%). Il 45% circa ha lamentato difficoltà di accesso agli sportelli fisici, totalmente o parzialmente chiusi o difficoltà di prenotazione per l’accesso ai medesimi sportelli (41,7%).

Istat Pa in Lavoro Remoto e Cittadini
Livello di soddisfazione espressa da chi ha utilizzato i servizi (fonte: Cittadini e Lavoro a Distanza nella PA Durante la Pandemia, Istat 2022)

Per quanto riguarda invece i “canali” di accesso, l’analisi per tipo di canale utilizzato per rivolgersi agli uffici pubblici fa emergere importanti differenze: la difficoltà a parlare con un operatore è più diffusa tra quanti hanno usato solo lo sportello online per contattare la PA (72,8% contro 46,6% di chi ha usato solo lo sportello fisico) e le difficoltà di accesso ai servizi online hanno riguardato di fatto il 40% di chi ha usato solo questo canale a fronte del 13,5% tra quanti hanno usato solo lo sportello fisico.
Numeri questi che dicono prima di tutto come non sia sufficiente predisporre servizi online per renderli effettivamente accessibili, e che la disponibilità di personale umano, pronto alla risposta, competente, sia ancora importante, laddove invece i sistemi di automazione – spesso decantati come risolutivi dalle aziende che li adottano – non sono in verità apprezzati allo stesso modo dagli utenti. 

Così come emerge però che tra coloro che hanno rilevato un peggioramento del servizio erogato con un quesito mirato a capire se le criticità riscontrate dipendessero dall’adozione del lavoro a distanza emerge come i cittadini si distribuiscono in maniera omogenea tra le possibili modalità di risposta: per il 31,4% i problemi c’erano anche prima dell’adozione del lavoro a distanza, per il 31,2% il lavoro a distanza è concausa, per il 28,6% invece il disservizio è causato esclusivamente dal lavoro a distanza, con la percentuale rimanente non in grado di esprimere un’opinione in merito. E’ importante invece la segnalazione della ricerca Istat riguardo l’implementazione dei servizi online. Per tre persone su quattro che hanno registrato peggioramenti, essi sono dovuti al ritardo delle amministrazioni pubbliche nella implementazione di servizi online (73,6%) e per altrettanti all’impreparazione del personale della pubblica amministrazione nella gestione dei servizi online (77%), con una sorpresa: il primo problema è stato segnalato soprattutto dai cittadini residenti nel Centro-Nord (80,1%) contro il 59,6% del Mezzogiorno.

Istat, PA e cittadini
Eventuale peggioramento nella qualità dei servizi secondo quanto percepito dalla cittadinanza (fonte: Cittadini e Lavoro a Distanza nella PA Durante la Pandemia, Istat 2022)

Ed infine, non mancano nello studio i riscontri positivi circa l’impatto del lavoro a distanza nella PA: per tre cittadini su quattro è positivo per ambiente e vivibilità delle città (73,2%), e così per una quota più bassa, ma comunque maggioritaria (57,5%), il lavoro a distanza ha migliorato le condizioni di lavoro dei dipendenti della pubblica amministrazione. Allo stesso tempo per circa i 2/3 proprio l’introduzione di flessibilità organizzativa ha generato ritardi e difficoltà nei cittadini ed oltre la metà del campione dichiara di essere poco o per niente d’accordo con l’affermazione secondo la quale il lavoro a distanza contribuisce a migliorare la qualità dei servizi offerti.

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