Fotografa con precisione a che punto siamo sulla sostenibilità in Italia, con una riflessione sulle pratiche corrette e scorrette adottate oggi dalle aziende. Non di facciata.
E’ la nuova edizione dello studio annuale Seize the Change di EY, arrivato alla sua ottava edizione, a darci una prospettiva sulle pratiche di sostenibilità in essere o in divenire, grazie a un’indagine condotta su 350 aziende italiane, sollecitate non solo sui comportamenti e sulle strategie adottate ma anche, per la prima volta, sulle performance economico-finanziarie delle strategie di sostenibilità e sulle conseguenze della guerra.
Se a livello mondiale la sostenibilità è una priorità per il 40% dei Ceo, quanto lo è in Italia?
I passi in avanti. Lo studio ci dice che…
1 – La prima evidenza è che le aziende italiane continuano la transizione a modelli di business più sostenibili. Cioè, le aziende considerano la sostenibilità non più solo un’opportunità ma una necessità per rispondere alle sfide del business. Il 62% delle aziende ingloba i piani di sostenibilità nei rispettivi piani industriali, con una spinta maggiore nelle aziende quotate (80%, +32% rispetto al 2022) che nel 30% dei casi hanno definito anche precisi target quantitativi. “Oltre la metà delle aziende intervistate considera la sostenibilità un driver fondamentale per aumentare la propria competitività nei mercati di riferimento, creare valore di medio e lungo termine per tutti gli stakeholder, ricostruire la fiducia nel futuro con le persone al centro della trasformazione” riporta la ricerca. Inoltre il 47% delle aziende ha stabilito obiettivi e azioni di adattamento al cambiamento climatico (era il 39% nel 2021), incrementando l’uso di energie rinnovabili.
2 – In secondo luogo, quando si parla di aziende ci si riferisce in modo analogo sia alle piccole medie realtà sia alle grandi, andando a modificare una tendenza che fino a un paio di anni fa vedeva le grandi aziende avanzare più rapidamente delle Pmi, oggi molto più attente alle tematiche di sostenibilità. “Finalmente le piccole e medie imprese viaggiano alla stessa velocità delle grandi nell’integrazione della sostenibilità nel business” commenta Riccardo Giovannini, Climate Change and Sustainability leader di EY Italy. L’attenzione varia da tema a tema e da settore a settore. Alcuni vertical vanno spediti, come energy e textile (100% delle aziende ha sviluppato un piano di sostenibilità) altri più lentamente come media e telecomunicazioni, engineering e construction (solo il 50%).
3 – Terza evidenza, la maggior parte delle aziende non si muove improvvisando: il 74% ha strutturato un comitato o un organo di governance che riporta al Cda sui temi di sostenibilità (+15% rispetto al 59% del 2020), e nel 69% dei casi ha predisposto un piano di sostenibilità con obiettivi qualitativi o quantitativi, un dato costante negli ultimi anni (69% nel 2021).
Sostenibilità, quali le strategie intraprese
Ma le azioni messe in campo dalle aziende sono diverse.
1 – Per quando riguarda la sostenibilità intesa come impatto sul cambiamento climatico, la sensibilità delle aziende è cresciuta: il 93% delle aziende quotate considera il climate change nella propria rendicontazione e il 47% ha definito degli obiettivi/azioni relative al cambiamento climatico, contro il 39% dello scorso anno (tra queste il 15% lo ha inserito nel proprio piano strategico). “Il settore hi-tech è stato, tra tutti, quello maggiormente focalizzato sulla riduzione delle emissioni di CO2, con l’83% delle aziende del settore che ha selezionato la riduzione delle emissioni di CO2 come area di miglioramento di interesse” riporta la ricerca.
2 – Non da meno la consapevolezza che la sostenibilità impatta l’intera supply chain: lo studio osserva un aumento dell’attenzione da parte delle aziende verso lo sviluppo di una logistica sostenibile grazie a una filiera di approvvigionamento più efficiente. “Il 92% delle aziende quotate inserisce il tema del sustainable procurement nella rendicontazione delle proprie performance non finanziarie. Tra queste, l’81% ha definito una strategia in relazione a temi di sostenibilità della catena di fornitura. Secondo la survey, quasi un’azienda su tre ha deciso di apportare modifiche alla propria catena di approvvigionamento negli ultimi due anni in un’ottica di maggior responsabilità nella scelta dei fornitori e per venire incontro alle esigenze da parte dei clienti” precisa Giovannini.
3 – Importante l’attenzione crescente registrata sui temi dell’economia circolare, intesa come un nuovo modello di business trasformativo, che comporta un ripensamento strategico dell’intera organizzazione. Crescono le iniziative e i progetti: oltre il 60% delle aziende quotate dichiara di avere una strategia di economia circolare (erano il 36% nel 2018) e di queste il 50% appartiene ai settori energy & utilites, industrial, insurance & banking. “Nel panel delle aziende considerate è possibile notare una correlazione positiva tra l’attenzione al tema dell’economia circolare e il fatturato: di quelle con un fatturato inferiore ai 100 milioni di euro, solo il 23% identifica obiettivi, rispetto al 63% per la fascia maggiore dei 1000 milioni di euro”.
4 – La sostenibilità passa anche dalla revisione dei processi interni. La survey mette in luce che il 71% delle aziende, negli ultimi due anni, ha avviato un processo di analisi per i propri processi operativi, in particolare il 47% si è concentrato sul massimizzare le risorse interne in termini di efficienza. Si è messo in discussione.
I passi indietro. Lo studio ci dice che…
1 – Hanno invece subito un rallentamento gli strumenti di finanza sostenibile: il 71% afferma che non sono stati presi in considerazione strumenti finanziari che adottino criteri ambientali, sociale e di governance (Esg) quali ad esempio linee di credito sostenibili, e seppure il 26% riporta che l’iniziativa è presente nel loro piano strategico, solo il 3% ha utilizzato strumenti di questo tipo negli ultimi due anni. Tuttavia, circa il 40% delle aziende quotate ammette di avere strategie per integrare i criteri Esg quando definiscono i loro investimenti, ma ad oggi solo il 2% delle aziende mette in atto soluzioni di screening Esg sul proprio portafoglio.
2 – Rallentano anche iniziative a sostegno dei territorio (-21% rispetto al 2021, -13% rispetto al 2019) e arrancano partnership con istituzioni locali e enti del terzo settore (lo dichiara il 71% delle aziende) senza la condivisione di bisogni locali (per l’80% delle aziende). Nei territorio sono le aziende di medio-piccole dimensioni del settore industriale a risultare comunque più attive e nello specifico i settori automotive & transport, textile & apparel sono quelli che hanno sviluppato iniziative di impatto sociale nel 60% dei casi. “Tra le aziende che hanno risposto positivamente all’attivazione di partnership, il 28% appartiene al settore industriale che è il solo con più della metà (67%) di aziende che hanno sviluppato partnership, mentre la media dei rimanenti settori si attesta sul 24%. Quasi il 30% delle aziende ha affermato di aver attivato partnership con istituzioni locali o enti del terzo settore” precisa la survey.
Infine, due ultime evidenze: se si guardano le performance economico-finanziarie, la relazione tra il posizionamento in termini di sostenibilità e alcune variabili economiche e finanziarie non ha ancora registrato un trend particolarmente rilevante ma ha evidenziato che esiste una relazione interessante tra l’andamento dell’indebitamento e le migliori performance di sostenibilità. Lo sarà sempre più in futuro. Secondo il 65% delle aziende intervistate, la guerra in Ucraina non ha ridimensionato i piani di sostenibilità, non si sta rivelando un freno alla transizione verso modelli di business più sostenibili. Anche se il futuro geopolitico risulta incerto.
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