La trasformazione indotta dall’intelligenza artificiale non riguarda solo la competitività, ma la sopravvivenza stessa delle imprese. L’esperienza sul campo di Cloudera evidenzia come l’AI – da integrare nei processi chiave perché porti valore – richieda un approccio maturo alla gestione dei dati, alla sicurezza e alla governance, che comprende anche il tema della sovranità. Ne parliamo, a valle dell’evento Cloudera Evolve Forum, chiuso da poco a Roma, nel confronto con Fabio Pascali, regional vice president Italy, Greece & Cyprus, e Yari Franzini, group vice president Southern Europe di Cloudera, che mettono a fuoco le reali opportunità di innovazione, il tema della qualità dei dati, delle competenze e dell’evoluzione delle scelte delle aziende – sempre più attente alla conformità normativa, alla sovranità in cloud e alle scelte di Private AI – ed insieme articolano le implicazioni concrete di queste tendenze sul mercato.
Si parte dalle evidenze della ricerca globale di Cloudera The Evolution of AI: The State of Enterprise AI and Data Architecture — condotta su oltre 1.500 leader IT a livello worldwide— che fotografa un panorama in trasformazione.
Nel 2025, il 96% delle aziende ha dichiarato di aver integrato l’AI almeno parzialmente nei propri processi chiave, rispetto all’88% del 2024. Un incremento che conferma il passaggio da un’adozione sperimentale a un utilizzo sistemico, con risultati tangibili per il 70% delle organizzazioni. La diffusione riguarda tutte le principali forme di intelligenza artificiale: il 60% utilizza modelli generativi, il 53% adotta il deep learning e il 50% si affida a soluzioni predittive. Questa diversificazione dimostra un aumento della fiducia nella capacità delle aziende di governare strumenti sempre più sofisticati, inclusi gli agenti AI, oggi meglio compresi e più facilmente integrabili nei flussi di lavoro.

Alla base di questa evoluzione si trova la trasformazione delle architetture dati. L’approccio ibrido — che unisce ambienti cloud pubblici, privati e infrastrutture on-premise — è diventato lo standard per garantire sicurezza, scalabilità e controllo. Il 62% delle imprese riconosce nella sicurezza il principale vantaggio di questa architettura, seguito da una migliore gestione dei dati (55%) e da capacità analitiche più efficaci (54%). Tuttavia, solo il 9% delle organizzazioni dichiara di avere piena disponibilità e accesso a tutti i propri dati per l’addestramento e l’utilizzo dei modelli di AI, mentre il 38% segnala ampie porzioni di informazioni ancora non utilizzabili.

La qualità e la disponibilità del dato rimangono quindi fattori critici, insieme alla necessità di rafforzare le competenze interne e di rispettare gli standard di compliance. La cultura “data-first”, pur in crescita (dal 17% nel 2024 al 24% delle aziende), resta un obiettivo più che una realtà diffusa. Le principali limitazioni tecniche sono legate all’integrazione dei carichi di lavoro (37%), alle prestazioni dello storage e alla potenza di calcolo (entrambe al 17%). Sullo sfondo di questo scenario, ecco che emergono le sfide accennate soprattutto in materia di sovranità e protezione dei dati. Circa la metà degli intervistati teme la fuga di dati durante l’addestramento dei modelli di AI, il 48% cita rischi di accesso non autorizzato e il 43% evidenzia la criticità dell’uso di strumenti AI di terze parti non sicuri. Nonostante ciò, il 53% degli intervistati si dichiara fiducioso nella capacità della propria organizzazione di proteggere i dati, mentre un ulteriore 24% esprime un alto livello di confidenza nella sicurezza complessiva delle proprie architetture. In questo contesto, la strategia di Cloudera si fonda sulla possibilità di “portare l’AI ai dati, ovunque essi risiedano facendo leva su una piattaforma agnostica rispetto alle scelte architetturali”, spiegano i manager. Un concetto chiave che riflette la volontà di superare la frammentazione e garantire che l’AI privata e quella generativa operino in ambienti protetti e a partire dal quale si accende il confronto con Pascali e Franzini.
Cloudera, scenari e sviluppi tecnologici
L’adozione dell’intelligenza artificiale in ambito enterprise, come emerge dalle riflessioni di Fabio Pascali è ormai una questione di equilibrio tra sperimentazione e industrializzazione. “Molte aziende hanno iniziato percorsi di AI partendo da progetti pilota su dati poco sensibili o offuscati, ma nel passaggio alla fase di produzione emergono le vere difficoltà”, spiega. I problemi principali riguardano la sensibilità dei dati e la sostenibilità economica: la necessità di “garantire la protezione delle informazioni durante il training dei modelli” e, al contempo, di “evitare l’esplosione dei costi” legati ai modelli a consumo del public cloud. “Il pricing per token – osserva Pascali – genera un costo esponenziale e poco gestibile. Le piattaforme basate su infrastruttura di piattaforma come quella proposta da Cloudera, invece, diventano più convenienti man mano che il volume dei casi d’uso cresce”.

Questa esigenza di controllo e prevedibilità è uno dei fattori che spinge verso la Private AI, spesso in private cloud e basata su Slm (Small Language Models). Le aziende italiane, rileva Pascali, stanno vivendo “una sorta di pausa di riflessione” per definire “quando, per quali workload e dove scegliere servizi public e quando invece optare per soluzioni private, con particolare attenzione alla sovranità e alla conformità”. È in questo contesto che si inserisce la strategia di Cloudera: “fornire una piattaforma indipendente dall’infrastruttura”, capace di operare “ovunque risiedano i dati”, dal public cloud al data center, fino alle regioni sovrane. Specifica Pascali: “La nostra piattaforma AI può essere implementata in ambienti cloud pubblici, in regioni sovrane come quella europea di Aws che abbiamo subito certificato, oppure on-premise, in un contesto completamente privato. AI everywhere significa proprio questo: dare ai clienti libertà di scelta e pieno controllo”.
L’integrazione con Aws European Sovereign Cloud rappresenta in questo senso un passo concreto. La collaborazione tra Cloudera e Aws nasce per rispondere ai requisiti di residenza, governance e autonomia operativa dei dati, richiesti dai settori regolamentati come finance o la PA (tra i mercati più interessanti in questa fase anche per l’Italia). Cloudera fornisce la piattaforma dati e AI “sovereign-by-design” in conformità alle normative UE e con capacità di elaborazione dei dati all’interno dei confini europei. La soluzione consente di mantenere i metadati e i dataset dei clienti in Europa e di accelerare i progetti di AI in sicurezza, un tema che nel dibattito italiano sulla digitalizzazione della PA sta assumendo un rilievo crescente.
La flessibilità di Cloudera richiama un altro elemento cardine, proprio quello della libertà architetturale. Pascali spiega che “il cliente può decidere di utilizzare la piattaforma AI in public cloud per sviluppare modelli e fare fine tuning, e poi eseguire la parte di inferenza in un ambiente separato, totalmente on-premise, dove i dati non escono mai dal perimetro aziendale”. Un approccio ibrido che risponde alle sfide di governance, performance e costo e che si fonda anche su partnership tecnologiche come quella con Dell Technologies e Nvidia. Dalla collaborazione è nata infatti la proposta AI in a Box, una reference architecture basata su Dell ObjectScale per lo storage dei dati e su Gpu Nvidia per l’accelerazione del calcolo. “Questa partnership – sottolinea Pascali – ha permesso ai clienti di avere una piattaforma pronta, scalabile e prevedibile nei costi, capace di portare la private AI su scala industriale”. L’idea è quella di offrire ai clienti una soluzione completa: Cloudera AI Workbench per lo sviluppo dei modelli, Inference Service per la distribuzione e Agent Studio per la creazione di agenti intelligenti. Insieme, queste componenti consentono di costruire ambienti di AI privata end-to-end, adatti anche a contesti regolamentati. Pascali specifica infatti: “Molti dei clienti hanno la necessità di gestire dati sensibili. Con la piattaforma Cloudera possono sviluppare e far girare i modelli senza esportare alcuna informazione all’esterno”.
Parallelamente, Cloudera continua a investire sull’evoluzione del proprio open data lakehouse, fondato sul formato Apache Iceberg. L’introduzione di Iceberg Rest Catalog consente di condividere dati zero-copy tra motori di AI e analytics diversi, mantenendo una governance unificata tra cloud e data center.

“E il tema della frammentazione dei dati – si inserisce Yari Franzini – è una delle sfide più sentite. Le aziende si trovano con informazioni distribuite su ambienti cloud, on-premise o edge e devono affrontare difficoltà importanti di integrazione. Vale in Italia come negli altri Paesi europei seguiti”.
La possibilità di accedere ai dati in modo aperto e sicuro, senza spostarli, è alla base della capacità di abilitare l’AI su larga scala. Cloudera risponde a questa esigenza con Shared Data Experience (Sdx), il layer di governance che estende controlli di accesso, lineage e auditing anche a strumenti terzi. “È un approccio che riduce costi e complessità, abilitando modelli di AI interoperabili e conformi alle regole europee sulla tracciabilità del dato”, riprende Franzini.
La strategia multicloud resta prevalente, ma con una nuova consapevolezza: “Vediamo un riposizionamento di alcuni workload dal cloud pubblico verso il private, per esigenze di controllo e costi, ma la spinta verso il cloud resta fortissima, soprattutto nel privato”. In questo scenario, Cloudera si distingue per il suo approccio open e infrastrutturalmente agnostico, cuisi è già fatto riferimento, che permette alle aziende di evitare il lock-in tecnologico. “Essere open – spiega Pascali – significa dare ai clienti la possibilità di costruire e far evolvere i propri ecosistemi senza vincoli. Noi forniamo una piattaforma pronta all’uso, ma lasciamo al cliente la libertà di uscire e adottare componenti ‘altre’ quando vuole”. Questo modello si rivela determinante ed è particolarmente apprezzato – per Cloudera – in particolare nei vertical finance, insurance, PA, ma anche nell’healthcare e nel manifatturiero; in progetti pubblici e industriali italiani e non. Si cita il caso del Comune di Milano, che ha migrato i casi d’uso della smart city da un’architettura on-prem a una soluzione su Azure, mantenendo Cloudera come piattaforma dati e AI di riferimento, e quello della piattaforma nazionale di telemedicina sviluppata su Aws. Nel manifatturiero, Cloudera abilita scenari di controllo qualità in tempo reale basati su machine learning. “In una piattaforma produttiva strategica italiana – racconta Pascali – i nostri modelli analizzano in tempo reale le immagini della produzione, rilevando deviazioni dallo standard e fermando la linea al momento giusto, non a posteriori. È un esempio concreto di AI che genera valore operativo”.
L’approccio è lo stesso adottato da realtà internazionali come Continental, che utilizza Cloudera per raccogliere dati dai pneumatici e trasformarli in un servizio di noleggio basato su analisi predittiva. Interessante anche l’esperienza spagnola della Comunidad de Madrid, dove Cloudera collabora alla realizzazione di un Data & AI Hub per la gestione unificata delle informazioni cliniche, rappresenta un modello esportabile. “L’obiettivo – spiega Franzini – è raccogliere i dati di tutti gli ospedali, unificarli in un centro unico di prenotazione e sintetizzare la storia clinica del paziente per guidare il medico nelle decisioni”. Un esempio che dimostra come, attraverso piattaforme aperte e sicure, l’AI possa diventare strumento concreto di efficienza e qualità nei servizi pubblici e in sanità, un settore “frammentato per scelta di piattaforme più di altri”.
Trend e strategie in Italia e in Europa
Nel panorama italiano, Cloudera registra da diversi anni una crescita sostenuta sia della proposizione on-premise sia di quella in cloud. Franzini: “L’Italia è una delle aree più attive della regione, con risultati in crescita a doppia cifra. Il public sector, e in particolare la sanità, è oggi il mercato con il tasso di espansione più alto. Il finance e l’insurance quelli più consolidati”. In un tessuto, il nostro, ricettivo per quanto riguarda la proposta, ma la cui maturità dei progetti dipende però tanto dalle competenze, centrali nella strategia italiana e regionale. “La competenza è cresciuta molto nell’ultimo anno, con la nascita di figure dedicate come il chief AI officer che spesso lavora a fianco del Cio, portando un know-how specifico sui modelli e sugli strumenti – spiega Pascali -. “Tuttavia – dettaglia e chiude Franzini – manca a volte ancora una visione manageriale capace di tenere insieme strategia aziendale, compliance e scenario competitivo. È su questo che stiamo cercando di elevare il nostro messaggio, traducendolo sempre più sul piano del business. Significa lavorare tanto anche con partner e system integrator che siamo sempre pronti ad affiancare nella realizzazione dei progetti in corso, a seconda delle complessità e delle richieste”.
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