Ufficiali i dati di chiusura dell’anno fiscale di Commvault (terminato il 31 marzo 2020) con il ritorno nel quarto trimestre dell’anno fiscale 2020 ad un utile netto di 8,9 milioni di dollari, grazie anche al riconoscimento di circa 10 milioni di benefici fiscali relativi alle perdite operative.
Un andamento che pone le basi secondo il presidente e Ceo, Sanjay Mirchandani, per superare il momento difficile legato all’emergenza sanitaria in corso e alla perdita netta di 5,6 milioni di dollari che Commvault (specializzata in software per la gestione dei dati in ambienti cloud e on-premise) ha registrato per l’intero anno fiscale. “Rimaniamo concentrati sulla sicurezza dei nostri dipendenti mentre supportiamo i clienti in questi tempi difficili – precisa Mirchandani all’ufficializzazione del bilancio, lui che guida l’azienda dal febbraio 2019 con una nuova strategia -. I nostri risultati trimestrali sono stati influenzati dalla pandemia, come è successo alla maggior parte delle aziende. Tuttavia, siamo fiduciosi nelle opportunità a lungo termine per l’azienda, la nostra strategia e il nostro ritorno a una crescita redditizia”.
Nello specifico per il quarto trimestre colpito dalla pandemia, i ricavi totali sono stati di 164,7 milioni di dollari (-9% su base annua e -7% sul trimestre), le entrate di software e prodotti di 66,4 milioni di dollari (rispettivamente -18% e -13%) dalle quali sono esclusi circa 10 milioni di dollari legati ai rinnovi di abbonamento (andranno nel fiscal year 2021). Tengono invece i servizi, le cui entrate sono state di 98,3 milioni di dollari (-2% su base annua e -1% sul trimestre). Stesso trend per l’intero anno fiscale: fatturato complessivo di 670,9 milioni di dollari (-6%), dove software e prodotti pesano 275,3 milioni (-11%) mentre i servizi 395,6 milioni di dollari (-1%).
La strategia mondiale declinata
E’ alla luce di questo andamento e delle nuove strategie dettate dal Ceo, con un board recentemente rinnovato, che si snoda la chiacchierata con Marco Fanizzi, VP and GM Emea di Commvault da gennaio 2020, con il compito di sostenere gli obiettivi di crescita dell’azienda in Europa, Medio Oriente e Africa.
La strategia di posizionamento vede Commvault lavorare sull’integrazione dei prodotti di cloud storage, in una ottica di intelligent data management che pone forte attenzione sul tema della sicurezza, entrato nelle corde di Commvault: la piattaforma convergente per il data management offre di fatto ormai oltre agli strumenti di gestione dei dati e di backup in cloud, anche la sicurezza dei dati stessi.
Perché questa forte integrazione? “Basti vedere i dati del report 2020 del Clusit – esordisce Fanizzi guardando in particolare all’Italia -: nel 2019 sono stati messi a segno 1.670 attacchi informatici, in crescita del 7,6% rispetto al 2018 e del +91.2% sul 2014 che mirano a impossessarsi dei dati aziendali. In questo scenario il backup è una componente chiave e permette di trasformare un evento che potrebbe essere disastroso, come la perdita di dati personali e aziendali, nell’opportunità di recuperarli. La nostra soluzione da sempre riconosciuta per la sua stabilità per la gestione dei dati, l’archiviazione e il backup, gestisce anche la componente di data privacy e sicurezza, stategica soprattutto perché i clienti spostano un numero sempre più elevato di workload nel cloud su un’ampia gamma di piattaforme”.
Conta la squadra
L’arrivo del nuovo Ceo più di un anno fa ha ribadito la strategia di data management a 360 gradi e ha portato l’azienda, dopo più di 20 sul mercato, alla sua prima acquisizione nel software-defined storage (Hedvig) e al lancio della prima iniziativa mirata a offrire gestione e protezione dei dati in modalità SaaS (Metallic). “Il Ceo ha portato un investimento importante in nuove persone e ha avviato la strategia di alzare la nostra presenza da aziende di media dimensione alla fascia enterprise, in particolare in alcuni vertical di mercato tra cui assicurazioni, banche, Pa, farmaceutica ed healthcare” precisa Fanizzi. Da una parte la gestione degli ambienti tradizionali (controllo a distanza del vecchio mondo data center, senza una gestione locale) dall’altro la predisposizione a interfacciarsi con soluzioni innovative hanno fatto sì che la strategia fosse quella di offrire alle aziende la possibilità di virtualizzare il mondo dello storage e di portare miglioramenti in termini di efficienza ed efficacia per permettere loro al meglio di governare le infrastrutture grazie a cruscotti di gestione dei dati. Il tutto cercando di abbassare i costi operativi. “Di fatto, il Ceo ha fatto un percorso orientato all’integrazione e a una maggior visibilità della nostra soluzione, che pur essendo vista come molto solida anche da Gartner non era percepita come tale nelle grandi organizzazioni, ma oggi lo è grazie anche alle nuove funzionalità multicloud“.
Modello di go to market
Il secondo passaggio fondamentale introdotto da Mirchandani è stata la rivisitazione del modello di go to market voluto anche da Riccardo Di Blasio, Chief Revenue Officer di Commvault portando a bordo persone con forte esperienza in ambito enterprise. A gennaio, la nomina di Fanizzi (ex Emc e poi Dell Technologies) si è accompagnata a quelle di Callum Eade come VP per Asia Pacific Japan, David Boyle (ex Emc) come VP Sales per le Americhe, Mercer Rowe (ex VMware) a capo della strategia mondiale di canale. “La necessità di fare percepire le nostre soluzioni nella fascia enterprise ha spinto il Ceo alla costituzione di questa squadra in grado di creare delle soluzioni sartoriali addosso ai clienti enterprise in ogni region”. Qui sta il lavoro di Fanizzi per l’Emea in un mercato dove le aziende hanno esigenza di soluzioni cloud che permettano costi di gestioni efficienti, controllo centralizzato degli ambienti e dei dati, data monetization, sicurezza e affidabilità.
“Anche se nel primo anno di Mirchandani i risultati fiscali non hanno mostrato una crescita del fatturato, ci aspettiamo che lo spostamento delle aziende clienti sul cloud spinga a valutare una gestione intelligente del data management per essere compliant alle normative e per gestire i dati in modo standardizzato. In questo contesto si inserisce la nostra presenza” precisa Fanizzi.
Il modello di go to market vede un approccio diretto con i grandi clienti enterprise affiancato dalle competenze di una rete di partner che contempla distributori, rivenditori e system integrator che veicolano poi il 100% del business. Importanti le partnership storiche con hardware vendor (tra cui Hpe, NetApp, Fujitsu, Hitachi Vantara) che sfuttano a loro volto i propri canali. “Siamo open nei confronti di tutte le soluzioni hardware e la relazione con i grandi system integrator gestiti a livello centralizzato ci permette di governare progetti importanti. Il canale per noi è strategico ma con una forte presenza dell’azienda sull’utente finale per mantenere un legame stretto. Il valore sta non solo nella soluzione proposta ma nella relazione che viene calata dai responsabili delle singole country, perché si deve creare una alchimia tra vendor e cliente”.
Secondo Fanizzi, il mercato delle aziende enterprise non si fermerà pur rallentando per la pandemia in corso, ma dovrà darsi delle priorità sugli investimenti. A questa esigenza rispondono le nuove funzionalità della soluzione di Commvault rilascate ad aprile che rendono più semplice lo spostamento dei workload nel cloud e offrono maggiore flessibilità per la gestione e la protezione dei dati, in ambienti multicloud, tra cui il supporto per backup e recovery dei database Aws, la migrazione dei database di Oracle e MS Sql su differenti cloud come Aws, Microsoft Azure e Alibaba Cloud Elastic Compute Service (Ecs) e l’integrazione con ServiceNow.
Post emergenza
Fermarsi alle evidenze di un mercato in sofferenza non è nelle corde di Fanizzi. “Credo che la situazione legata a Covid-19 porti con sè anche delle opportunità importanti per il nostro settore oltre che enormi preoccupazioni come quelle ad esempio che stanno colpendo il vertical assicurativo, con basi clienti molto grandi spinte a sospendere le assicurazioni di veicoli non utilizzati”.
Cambiano le modalità di relazione, il futuro dei figli, gli scenari che dovremo affrontare anche a breve. “Ma in questo contesto che porterà al cambio di relazioni tra dipendenti e azienda, tra aziende e fornitori, tra aziende e clienti, unico punto fermo è e sarà la tecnologia – sostiene -. Ci sono opportunità per le aziende, nella loro capacità di fare execution, che potrebbero rafforzarle. Ma le organizzazioni devono essere in grado di rivisitare gli obiettivi, di essere più agili, di investire in nuove modalità e strumenti software che possono dare loro una grande mano nel trovare nuovi business. In questi mesi la tecnologia ci ha aiutato a vivere la situazione in modo meno drammatico e a gestire relazioni con team e clienti”.
Il riferimento va al mondo della sanità che anche in futuro dovrà appoggiarsi alla tecnologia (“investimenti per scanner all’ingresso degli ospedali, body check, controlli”), della gestione pubblica (“sarà mandatorio assicurare la sicurezza di persone ed economia nelle moblità e negli accessi”), delle telecomunicazioni. A proposito del comparto Tlc Fanizzi si dichiara “esterrefatto” dall’evidenza che le Tlc hanno finalmente mostrato in questi mesi. “Se non avessimo avuto una infrastruttura per gestire le comunicazioni come quella esistente, non avremmo potuto gestire le attività anche durante l’emergenza. Le Tlc sono diventare più centriche rispetto al passato nella percezione di tutti e il settore pubblico ha capito che è mandatorio assicurare questa connessione per non fermare il Paese”.
Obiettivi 2020 sono parte della battaglia condotta in questi mesi da Fanizzi. Lo smart working con estrema attenzione al tema dell’inclusione: “Il remote working può essere un elemento chiave per le aziende che intendono evolversi nel segno della flessibilità, mettendo il lavoratore al centro di processi sempre più personalizzati, costruiti su misura di dipendente e cliente. Una spinta forte verso l’adozione dello smart working, come quella che stiamo vivendo, può stimolare la discussione in merito, dando maggiore visibilità ai benefici che offre, ma anche agli aspetti che restano ancora da regolamentare”.
Le startup con estrema attenzione sul tema finanziamento: “In Italia le startup hanno sempre avuto vita dura. Perché siamo il Paese della burocrazia e delle abitudini, e anche il supporto pubblico è sempre stato limitato, almeno rispetto ad altri Paesi. Nonostante questo, sono 11.000 le startup attualmente registrate nel nostro Paese che, come tutte le altre realtà del mercato, stanno vivendo momenti di difficoltà, perché non hanno un mercato consolidato a cui attingere in questa fase di blocco totale”.
L’inclusione e la diversity. Per concludere: “Da questa esperienza rinasceremo, non possono esserci dubbi – auspica -. Ma rinasceremo in modo tanto più rapido ed efficace quanto più sapremo supportare chi oggi sta investendo nell’innovazione, con l’obiettivo di aiutare il Paese a guardare avanti”.
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