Automazione e digitale per l’industria sono i due temi dell’edizione di Sps Italia 2023, la fiera che la scorsa settimana ha animato Parma (23-25 maggio). Oltre 800 espositori, 38.713 visitatori, 130 convegni e tavole rotonde.

Tanti sono i stati i temi toccati – dalla sostenibilità, al ruolo dell’uomo nell’evoluzione delle nuove tecnologie, fino al rapporto tra intelligenza artificiale ed etica – dibattuti anche da personalità che hanno fatto la storia dell’IT, come l’italiano più famoso nel mondo dei chip Federico Faggin, ormai naturalizzato americano, che lo stesso Bill Gates prendeva a rifermento: “Prima di Faggin, la Silicon Valley era semplicemente la Valley”. Ma questa è un’altra storia….

Oggi assistiamo ad un aumento esponenziale della conoscenza e del potenziale tecnologico disponibile: l’automazione e il digitale non sono più separabili nell’industria, e l’automazione può esser di ampio respiro, può inglobare tecnologie di IoT, edge, connettività tra macchine (M2M), robotica (collaborativa e non), creando maggiore cooperazione uomo-macchina. “E il tutto sta avvenendo a una velocità tale, non paragonabile a nessuna delle principali trasformazioni che sono avvenute nella precedente storia umana. Non possiamo per questo esonerarci dal chiederci se quello che stiamo facendo e soprattutto come lo stiamo facendo sia qualcosa di sostenibile non solo nel lungo periodo, ma anche nel breve-medio”. Uno spunto interessante estrapolato dal position paper presentato in fiera per la manifattura italiana“Strategie, esperienze e percorsi concreti per una trasformazione digitale di successo” – realizzato dal comitato scientifico di Sps Italia in collaborazione con l’associazione Anie Automazione.

Non ripercorrerò il documento nella sua complessità né i dibattiti della tre giorni (dove il tema dell’intelligenza artificiale ha tenuto banco come vuole il momento), ma solo qualche elemento che si è soliti non sottolineare (guardando spesso al bicchiere mezzo pieno): il senso di frustrazione, il senso di ritardo. 

Il primo. Il senso di frustrazione che può essere causato nell’industria manifatturiera da questa innovazione tecnologica tentacolare, perché le aziende viaggiano a velocità diversa e sentono il gap tra la capacità produttiva esistente e quella potenziale indotta dalla tecnologia. “Basti pensare alla straordinaria accelerazione della potenza di calcolo dei microprocessori, che ha avuto impatti in molteplici ambiti e che recentemente ha abilitato le applicazioni di intelligenza artificiale. I processi industriali, tuttavia, corrono a una velocità decisamente diversa: i tempi caratteristici di ammortamento dei beni capitali sono di circa 10 anni. Questo può determinare un considerevole gap tra l’innovazione tecnologica tout court e le sue potenziali applicazioni nell’industria”.

Il secondo. Il senso di smarrimento nella gestione del fattore tempo. Vista l’accelerazione nel rendere disponibili nuove tecnologie anche per l’automazione, il fattore tempo, in tutte le sue declinazioni, genera preoccupazioni: ma l’agire in tempi brevi è ostacolato dal fatto che serve un’adeguata comprensione degli strumenti che le nuove e potenti tecnologie sono in grado di offrire. “Per una corretta definizione delle strategie da utilizzare risulta fondamentale aver chiaro che l’implementazione dei nuovi modelli decisionali può diventare efficace solo nel momento in cui si ha un’adeguata comprensione degli strumenti che le nuove e potenti tecnologie sono in grado di offrire”.
Solo così si può impostare una trasformazione dei processi produttivi che può avvenire secondo tre modalità:
• lo sviluppo e l’implementazione di soluzioni utili all’ottenimento di una maggiore efficienza produttiva (per esempio produrre beni e servizi attuali a costi diretti e indiretti più bassi;
• l’ottenimento di una maggiore flessibilità nella gestione delle richieste di riconfigurazione di prodotto provenienti dal mercato (per esempio produrre nuovi beni e servizi in tempi rapidi);
• la possibilità di generare opportunità di business del tutto nuove, potendo integrare entrambi gli aspetti di prodotto e di servizio.

Risponde a questi due scoramenti l’importanza della formazione che rimane una sfida particolarmente impegnativa per le aziende e che richiede un impegno chiaro del management per una formazione continua che garantisca a tutti la comprensione dei nuovi processi e tecnologie, senza eccedere con corsi generici e a pioggia, che hanno poca capacità di migliorare la produttività” ma procedendo con una miscela equilibrata di “learn-by-doing” e di corsi mirati che possono favorire il cambiamento, con apertura e cooperazione in tutte le aree aziendali. E’ richiesta una forte relazione tra OT e IT (già nota) ma anche un coinvolgimento oggi più marcato rispetto al passato dei nuovi leader.La stretta collaborazione tra l’area di management incaricata della definizione degli obiettivi strategici industriali e l’area OT (Operational Technologies) consentirà l’individuazione delle “business capabilities” cha mancano all’azienda e delle tecnologie che possono generare quelle capabilities. Risulta quindi fondamentale l’integrazione dei bisogni e delle criticità nelle aree di processo industriale, OT e IT. Per garantire un’implementazione efficace della trasformazione digitale è fondamentale che chi ha la responsabilità dei reparti OT acquisisca una solida comprensione delle tecnologie coinvolte e sviluppi la capacità di valutarne i rischi associati. Ciò richiede un’attenzione particolare alla formazione e alla consulenza specializzata. Le (nuove) figure della leadership devono essere in grado di valutare criticamente le tecnologie e le misure di sicurezza da adottare, in un contesto complesso e in costante evoluzione. In questo modo sarà possibile mitigare i rischi e massimizzare i vantaggi della trasformazione digitale e industriale”.

Le 11 azioni da evitare

Ma come fare? Credo sia utile il vademecum degli errori da evitare nel percorso di trasformazione digitale delle aziende manifatturiere, che richiede molta attenzione ad ogni passo, considerando quali attività vanno trasformate perché obsolete e quali no perché sono ancora competitive, in un progetto di medio e lungo termine, senza limitarsi all’analisi costi benefici ma valutando nel complesso la necessità di una transizione per garantire la competitività e la sostenibilità dell’azienda nel tempo.

Principali errori da evitare - Fonte: Sps Italia - Position Paper 2023: Strategie, esperienze e percorsi concreti per una trasformazione digitale di successo
Principali errori da evitare (fonte: Sps Italia – Position Paper 2023: Strategie, esperienze e percorsi concreti per una trasformazione digitale di successo)

Ecco gli errori da evitare. Non hanno bisogno di spiegazioni.
1 – Mancanza di una chiara strategia.
2- Mancanza di consenso e impegno della leadership (i leader aziendali non solo devono concordare sulla strategia, ma devono anche essere pienamente impegnati per la sua realizzazione).
3. Concentrazione sulle tecnologie e non sulle persone (le persone rimangno al centro)
4. Farsi guidare dalle tendenze (non seguire le mode)
5. Trascurare il contributo dei clienti e dei fornitori (sfruttare esperienza di mercato e risultati di business dei clienti può consentire all’azienda di creare nuovi modelli di business per fornire migliori prodotti e nuovi servizi)
6. Voler fare tutto da soli (ricercare supporto e collaborazione all’esterno è importante per estendere il campo delle competenze ed eliminare potenziali “angoli morti”)
7. Sottovalutare le competenze interne (rischia di ridurre impegno, partecipazione e contributo al cambiamento delle migliori risorse)
8. Non considerare la sicurezza dei dati (un passaggio chiave del processo di trasformazione digitale, va definita una sicurezza ‘by design’ anche perché le minacce alla sicurezza informatica nel settore OT sono in aumento)
9. Mancanza di flessibilità (si deve promuovere l’agilità culturale e operativa)
10. Carenza di comunicazione (un errore da non fare sia nella fase di definizione strategica del progetto sia in quella di implementazione e sviluppo fino ai risultati)
11 Sottovalutazione della complessità (in particolare nella gestione dei dati).

Un vademecum sempreverde – vale per progetti di trasformazione in qualsiasi ambito – che rimarca come digitalizzazione e automazione avanzata vadano gestite senza improvvisazione. La mancanza delle competenze rischia di compromettere il salto tecnologico necessario alle aziende per mantenersi competitive. Ma questa è storia nota.

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