Come è possibile accelerare il processo di conoscenza e creare valore per la nostra società? Il quantum computing offre una risposta con soluzioni per una vasta gamma di problemi sia nel mondo accademico che nella società in generale. Problemi che ancora oggi non sono conosciuti e che un giorno eventualmente potranno essere risolti con un approccio quantistico.
Tra i suoi ampi ambiti di applicazione – scienza, chimica, biologia, matematica, medicina, robotica, fino alla finanza, solo per citarne alcuni -, il quantum computing supporta anche la fisica e lo studio delle particelle per arrivare ad una maggiore comprensione delle leggi fondamentali che governano la natura, come la dimensione subatomica, le galassie, i buchi neri e l’evoluzione dell’universo.
Punta infatti sull’informatica quantistica il Cern per le sue nuove generazioni di acceleratori di particelle che vicino a Ginevra producono dati a un ritmo di gran lunga superiore alle capacità di archiviazione ed elaborazione dei più potenti supercomputer sulla Terra.
Cern-Ibm, si rafforza la relazione
Con l’obiettivo di potenziare ulteriormente i propri processi, l’Organizzazione europea per la ricerca nucleare fa oggi il proprio ingresso nel Quantum Network di Ibm, diventando un Quantum Hub.
Lo annunciano in conferenza i diretti protagonisti, spiegando come si rafforza la relazione tra il Cern e Ibm, con l’azienda americana che offre al centro di ricerca l’accesso dedicato alla flotta dei suoi oltre 20 computer quantistici, i più avanzati ed utilizzati computer quantistici in cloud.
Missione del Cern Hub è di esplorare casi d’uso promettenti per la fisica delle alte energie con il coinvolgimento del mondo accademico e della ricerca. Un particolare focus sarà dedicato ad approfondire le ricerche sul bosone di Higgs, una scoperta fondamentale del Cern, ma il cui modello spiega oggi ancora solo il 5% circa dell’universo. Di cosa è fatto il restante 95%? Come funziona davvero la gravità? Perché non c’è antimateria in natura? Nell’Hub si lavorerà per cercare di dare anche queste risposte.
“Fino ad ora, gli scienziati hanno utilizzato tecniche classiche di apprendimento automatico per analizzare i dati grezzi acquisiti dai rilevatori di particelle – spiega Ivano Tavernelli, Ibm Research, Zurich Lab -. Noi pensiamo di poter migliorare notevolmente questo processo di screening, potenziando l’apprendimento automatico con il quantum computing. In particolare, sfruttando il concetto di spazio di Hilbert dei qubit (unità di misura dell’informazione quantistica) esponenzialmente grande, i computer quantistici dovrebbero essere in grado di catturare le correlazioni quantistiche nei set di dati di collisione di particelle in modo più efficiente e accurato rispetto ai tradizionali algoritmi di apprendimento automatico. Questa capacità dovrebbe portare a una migliore interpretazione degli esperimenti”.
Cerm, nuovi strumenti al servizio della ricerca
Con l’accesso agli oltre 20 computer quantistici Ibm, il Cern si unisce alla collaborazione su progetti comuni in fisica delle alte energie, astrofisica e altre scienze nei suoi 23 stati membri. Al momento non sono presenti aziende italiane ma anche nel nostro Paese si sta discutendo di progetti congiunti con IIT e altri Istituti membri della comunità di Fisica delle Alte Energie e ben presto partiranno delle nuove collaborazioni.
“Siamo una comunità internazionale di migliaia di ricercatori e vogliamo contribuire alla ricerca scientifica ma anche essere un punto di riferimento, aggregazione e collaborazione internazionale per promuovere un certo modo di di lavorare – interviene Alberto Di Meglio, scienziato della European Organization for Nuclear Research -. Abbiamo recentemente cominciato a guardare al possibile impatto delle tecnologie quantistiche, che non sono la soluzione a tutti i problemi ma sicuramente una parte importante delle future soluzioni. Nel 2018 il Cern ha organizzando uno dei primi eventi in cui la comunità si è riunita per discutere di come avanzare lo stato dell’arte. Abbiamo avviato un certo numero di progetti e come conseguenza dalla fine del 2020 il Cern ha lanciato quella che oggi si chiama Cern Quantum Technology Initiative, che ha due obiettivi fondamentali: investigare qual è l’impatto possibile delle tecnologie quantistiche sulla ricerca fondamentale e implementare insieme all’accademia, alla comunità e all’industria un certo numero di progetti di applicazioni concrete per validare questi concetti e capire veramente se il famoso vataggio è realizzabile, in che termini e in quali attività di interesse della comunità scientifica. Il Cern – prosegue lo scienziato – si propone di investigare tutte e quattro le aree classiche della tecnologia quantica, che copre: computing, sensoristica e misurazione, comunicazione e network e aspetti teorici di quantum simulation e information process con progetti destinati a giovani ricercatori, figure per le quali abbiamo difficoltà a reperire le risorse per mancanza di skill“.
Ibm, la roadmap sul Quantum Network
L’Ibm Quantum Network , lanciato nel 2017, conta oggi 148 membri, 12 partner e 20 Hub, incluso quello che con Cern rappresenta la novità di oggi. Sui 34 computer quantistici disponibili nel cloud, alcuni dei quali dedicati a servizi per i partner, collaborano oltre 140 tra clienti e partner; sono 30 le applicazioni che provano a rispondere a problemi scientifici o di finanza, con interesse sia commerciale che scientifico. Sono ad oggi oltre 300.000 gli utenti che hanno fatto girare oltre 700 milioni di circuiti quantistici, spiegano i responsabili di Ibm.
Su questo fronte, l’azienda statunitense ha definito una roadmap molto ambiziosa. Per favorire la transizione dal mondo del computing classico a quello quantistico e rendere tutto accessibile, Ibm lavora infatti su vari aspetti. Nel 2016 è stata creata la piattaforma open source Qiskit, un’interfaccia aperta a cui hanno contribuito oltre 300 persone nella preparazione degli algoritmi quantistici.
“Per raggiungere questi obiettivi dobbiamo ancora lavorare duro e migliorare sia l’hardware che il software che mettiamo a disposizione per i clienti sulla Ibm cloud – dichiara Tavernelli -. Per quanto riguarda l’hardware prevediamo di raggiungere i 400 qubit già nel 2022 per poi arrivare a superare i 1000 qubit a partire dal 2023. La nostra strategia prevede inoltre lo sviluppo di un ecosistema per le applicazioni del quantum computing. Applicazioni che riguardano molti ambiti, scientifici e non, con moduli di applicazione che comprendono algoritmi per la soluzione di problemi di natura scientifica, fisica, chimica e biologia, medicina, robotica, matematica, moduli per problemi di ottimizzazione, in finanza per esempio per la fraud detection attraverso l’uso di algoritmi quantistici per il machine learning. Produrremo pacchetti che potranno essere potenziati dai clienti per risolvere problemi a partire dal 2023, anche di interesse commerciale dell’industria”.
© RIPRODUZIONE RISERVATA