L’avvicendamento al vertice di Hewlett Packard Enterprise Italia dal primo febbraio, che vedrà il passaggio di testimone da Stefano Venturi a Claudio Bassoli nel ruolo di presidente e amministratore delegato, coincide con la fine del primo trimestre del 2022 a valle di un anno fiscale particolarmente soddisfacente.
Il saluto di Venturi è un arrivederci su altri tavoli che discutono di digitale in Italia (“mi occuperò di innovazione fuori da qui, con attenzione alle grandi sfide digitali che il Paese deve affrontare, a mente libera senza conflitti di interesse”) lasciando a Bassoli un’azienda completamente diversa da quella in cui Venturi era entrato dieci anni fa, chiamato dall’allora Ceo Meg Whitman in una fase di trasformazione profonda di Hp, che aveva portato nel giro di qualche anno alla scissione della parte enterprise (Hpe) dalla parte di pc e stampanti (Hp Inc), con la vendita degli asset software (Micro Focus) e di consulenza (Dxc Technology). Ma questa è storia.
Oggi Venturi saluta con i risultati positivi dell’anno fiscale chiusosi al 31 ottobre e un primo trimestre in scia: “In Italia il 2021 è stato il migliore anno fiscale di sempre da quando esiste Hpe, con tutti gli indicatori sopra le aspettative, cresciuti a doppia cifra”.
Sono andate bene le tecnologie “alte”, ambito nel quale Hpe si è concentrata dopo lo spin off (dal networking fino a Wifi 6), bene lo storage su cui Hpe ha fatto investimenti per allargare il portfolio nel 2021 (acquisizione di Zerto, azienda americana di backup e disaster recovery, per 374 milioni di dollari), bene il computing in particolare nell’ambito Hpc grazie alla ormai matura acquisizione di Cray (era il 2019, per 1,3 miliardi di dollari) che ha portato all’ingresso nel mondo dei supercalcolatori (recente l’upgrade del supercomputer Hpc4 di Eni, per accelerare la scoperta di nuove fonti di energia, fornito as a service attraverso la piattaforma edge-to-cloud Hpe Greenlake).
Ed è proprio l’approccio alla nuova generazione di cloud che in casa Hpe porta il nome di Greenlake (“cresciuto a livello di mercato a tripla cifra”) ad introdurre la modalità di cloud as a service, “creando un Everything-as-a-Service (XaaS) immersivo, una strategia che sta funzionando molto bene e che permette alle aziende di non spostare i propri dati in data center lontani – precisa Venturi -. Una strategia “global as a service“, un nuovo modello sostenibile di cloud per la competitività e la crescita che permette alle aziende di adottare il cloud progressivamente, facendolo evolvere nel tempo, fino a disegnare applicazioni cloud based una volta raggiunta la maturità necessaria e acquisita l’esperienza sulla tecnologia. Senza costi fissi”.
Ma il saluto di Venturi va alla squadra che ha contribuito a questi risultati, “che si muove come una startup di innovatori”, all’ecosistema di partner che hanno dovuto cambiare a loro volta per assecondare la “grande trasformazione di Hpe”.
Oltre che a Claudio Bassoli, già co-pilota di Venturi dal 2012 come vice president a guida dell’organizzazione vendita in Italia, che porterà avanti non solo la proposizione tecnologia di Hpe ma anche l’impegno nei confronti del Paese, con senso di responsabilità sociale per ridurre il gap digitale (“Hpe è l’azienda che ha costruito la Silicon Valley, partita dal garage dei fondatori Hewlett e Packard che hanno fatto la storia del digitale, dell’innovazione, della tecnologia”, esordisce il neo AD).
Sfide aperte, in continuità
Le sfide del 2022 per Bassoli si innestano in un momento di grande opportunità per il Paese, grazie al Pnrr, che vede nel digitale uno dei fattori principali per aumentare la produttività, ridurre il gap tecnologico, destinando quasi 50 miliardi del piano alla trasformazione digitale di asset strategici.
La strategia 2022 in continuità parla dei benefici del cloud gestito a casa del clienti (Xaas), con vantaggi in termini di user experience, che permette alle aziende di investire risorse sul core business dell’azienda e non sulla tecnologia. “Non vincoliamo le infrastrutture a un luogo fisico, come nella prima generazione di cloud, ma lo portiamo là dove la gente lo vuole, nell’edge, nelle automobili, nei sensori, nei data center del cliente. Realizziamo un cloud aperto, a km zero, che non richiede di spostare i dati, che si paga a consumo senza costi di ingresso e di uscita, con risparmi del 30% dei costi energetici, tema oggi molto sentito dalle aziende alla luce dei rincari dell’energia” precisa Bassoli. Una scelta tecnologica che permette di meglio gestire il tema della proprietà dei dati e della loro sicurezza (“Evitiamo di muovere enormi quantità di dati se non necessario”) affidando ai partner l’opportunità di gestire le infrastrutture e di creare servizi aggiuntivi.
“Credo che questo approccio sia positivo per l’intera filiera dell’Ict italiana – incalza -. Una nuova generazione di cloud basato sul concetto di Everything-as-a-Service, e ovunque, che secondo uno studio strategico commissionato a The European House – Ambrosetti potrà avere un impatto sul Pil di 222 miliardi di euro in 4 anni, 2021-2025, e portare a un incremento della produttività media del 2,3% delle imprese che utilizzano queste soluzioni, generando fino a 1,3 miliardi di euro di ricavi aggiuntivi per la filiera Ict del nostro Paese”.
Inoltre, per la pubblica amministrazione l’impiego di soluzioni cloud as a service – che vedono tra i benefici flessibilità per reagire a cambiamenti del mercato, maggiore capacità di innovazione, ottimizzazione e controllo dei costi – potrà generare un risparmio di costi pari a oltre 650 milioni di euro, equivalenti a una riduzione del 25% dei costi Ict.
Emerge dalle parole di Bassoli come la trasformazione sia un tema di ecosistema e permetta di incidere nelle economie delle aziende: riduce i costi di produzione, semplifica i processi nel manufacturing, aumenta la produttività, crea nuovi mercati e nuove opportunità, come in ambito aerospaziale, sanità o automotive. “La nuova generazione di cloud e di gestione dei dati in modo federato ha permesso di sequenziare il Coronavirus e di accelerare in settimane invece che in anni la ricerca del vaccino, gestendo anche la sicurezza di dati sensibili e la federation di dati provenienti da moltplici fonti e pazienti – esemplifica Bassoli -. La tecnologia entra così nella vita di tutti i giorni. Vogliamo rimanere sulla punta più avanzata della ricerca e riportarla nella vita del Paese”.
Collaborazioni anche con la Nasa, con sistemi di memory computing e high performance computing presenti nelle navicelle inviate su Marte, e con il mondo della Formula 1 (con le scuderie Mercedes e Red Bull) con sistemi che garantiscono alta capacità di calcolo in tempo reale a bordo pista. “Tecnologie che poi verranno riproposte anche nello sviluppo tecnologico del mondo automotive” precisa.
Doppia responsabilità
Parla di responsabilità Bassoli, verso i dipendenti (a cui sono riservate ore di formazione, congedi parentali di 26 settimane retribuiti al 100% per nuove nascite, venerdì liberi per attività personali o sociali) ma anche verso l’Italia, con 60 ore retribuite a dipendente per contribuire a colmare il gap di competenze e conoscenza, per formare una cittadinanza digitale. “Un monte ore annuale di 50mila ore in volontariato formativo, dalla programmazione digitale per i bambini, a corsi per insegnanti e genitori su cyber bullismo, per lavoratori tra i 30 e i 60 anni, fino all’istituzione di una cattedra di “Cittadinanza Digitale” con l’università Luiss”.
Una divulgazione che passa anche dalle attività territoriali e dai partner che hanno un ruolo di knowledge transfer, per trasferimento di know how sul territorio coordinati da Paolo Delgrosso, sales director di Hpe Italia che gestisce canale, Oem, partnership e alleanze.
Gli Innovation Hub aperti in questi anni sono oggi presidi territoriali a casa di partner selezionati che portano la tecnologia a km 0 vicino ai clienti, laboratori dove far toccare come mano la nuova generazione di cloud e di tecnologie. Che vanno spiegate.
Perché come ribadisce lo studio Ambrosetti, per favorire la trasformazione digitale di imprese e pubbliche amministrazioni attraverso una strategia Xaas, è fondamentale anche individuare i fattori ostativi e mettere in luce il valore aggiunto delle nuove soluzioni. Basti pensare a policy complesse, vincoli di bilancio o aspetti normativi che nella PA o nelle aziende possono limitare l’adozione di soluzioni cloud, basate su un modello di costi a consumo (pay-as-you-go), che spesso non si combina con le esigenze di rendicontazione degli enti pubblici o di aziende private che non hanno maturato le competenze necessarie per capire i benefici della trasformazione digitale. E’ necessario fare formazione.
Un impegno da parte di Hpe per far capire quanto la tecnologia possa influire in modo decisivo sui processi di innovazione nelle aziende e nella PA. Il testimone è passato di mano.
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