“Significative sfide normative” si sono rivelate di ostacolo all’iniziativa di Nvidia con Softbank per l’acquisizione di Arm. E così le aziende hanno deciso di mollare il colpo e rinunciare all’operazione. Era stata annunciata a settembre del 2020, per una cifra complessiva di circa 42 miliardi di dollari, e già all’epoca avevamo sottolineato come, nel caso di un’operazione come quella che oggi sfuma, per l’accordo sottoposto alle autorità antitrust sarebbe stato opportuno “non dare l’assenza di rilievi per scontata”. E infatti…
La Federal Trade Commission degli Stati Uniti ha impugnato l’accordo, sotto la lente anche di UE, UK e delle autorità cinesi. E nonostante gli sforzi compiuti da ambo le parti, “le sfide” hanno superato la buona volontà e Arm, supportata da Softbank, ora si prepara all’offerta pubblica da ultimarsi entro la conclusione del prossimo anno fiscale (marzo 2023), con la quotazione che probabilmente sarebbe al Nasdaq. Arm, è stata acquisita da Softbank nel 2016 per 32 miliardi di dollari, dalla data dell’accordo iniziale il valore delle azioni è però lievitato e quindi a fine anno scorso si sarebbe parlato di una cessione addirittura per circa 80 miliardi.
Soprattutto, il comparto entro cui la produzione di chip Arm si colloca indirizza ambiti del computing ancora in rapida crescita: oltre ai client – specialmente mobile – i microprocessori Arm sono scelti per l’AI, la robotica, il supercalcolo, grazie ad un’architettura la cui importanza è considerata di riferimento anche per i prossimi dieci anni, come rileva lo stesso Jensen Huang, fondatore e amministratore delegato di Nvidia, che resta ugualmente licenziataria Arm per i prossimi 20 anni.
Per Nvidia, la conclusione dell’operazione comporta comunque la perdita di 1,25 miliardi pagati già all’atto dell’accordo del 13 settembre 2020. Il fallimento dell’operazione intanto ha già impattato su una serie di equilibri.
Simon Segars, AD e membro del consiglio di amministrazione, viene sostituito da Rene Haas, già in Arm nel 2013, con alle spalle una lunga esperienza proprio in Nvidia. Un cambio di poltrone già previsto in relazione al possibile fallimento dell’acquisizione che vedrà ora impegnato il nuovo AD nelle diverse fasi di approccio alla quotazione.
A proseguire la sua corsa invece è il business di Arm che ha incrementato negli ultimi mesi le sue vendite di circa il 40% per circa 2 miliardi di dollari di ricavi.
Nvidia ora dovrà rivedere i propri piani di sfida alla concorrenza nel comparto dei chip per i data center (quindi vs Intel e Amd in primis).
Un paio di considerazioni: da una parte cresce in modo evidente l’attenzione da parte degli enti regolatori sul mercato dei chip; si tratta di un mercato strategico per le economie dei Paesi, tanto più con i progetti di digitalizzazione in corso e la richiesta crescente, da parte di ogni industry, di questi componenti. Non è un caso anche l’attesa crescente in UE relativa agli effetti del Chips Act, per consentire ai Paesi dell’Unione una maggiore “indipendenza” dai mercati asiatici. Ma non si tratta solo di questo. Arm nelle mani di Nvidia ha sollecitato la reazione anche da parte delle aziende che con i chip Arm producono device e sistemi, tra cui Qualcomm, Samsung e anche Google.
Per fare un esempio, proprio il management di Qualcomm a metà dello scorso anno aveva dichiarato di essere pronto ad investire in Arm, nel caso del fallimento dell’operazione di cessione a Nvidia e di una successiva quotazione sul mercato dell’azienda. L’idea che i brevetti e gli asset di proprietà intellettuale di Arm fossero a disposizione di un unico vendor non è piaciuta a tutti gli attori del mercato che producono poi i dispositivi. Le architetture chip di Arm oggi sono utilizzate nel 95% degli smartphone e le licenze relative ad oltre 500 aziende, la quotazione tranquillizza i mercati.
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