L’accordo finale raggiunto la notte del 24 marzo tra parlamento e consiglio europeo sul Digital Markets Act, la legge Antitrust che regola la concorrenza digitale in Europa, mette i primi paletti alle Big Tech dopo più di un anno di trattative (la proposta risale al dicembre 2020).
L’intesa, che si tramuterà in legge alla fine dell’iter parlamentare entro fine anno, scrive oggi nero su bianco le regole per limitare da una parte il potere delle grandi aziende tecnologiche in Europa, dall’altro per garantire agli utenti di Internet una maggiore scelta tra tecnologie e provider, senza perdere il controllo sui propri dati. Rivelandosi il primo testo legislativo al mondo con regole e sanzioni per le Big Tech, non solo Usa.
Gli obblighi e i divieti riguardano aziende che hanno una capitalizzazione di mercato di almeno 75 miliardi di euro (1) o un fatturato annuale di almeno 7,5 miliardi di euro (2), che hanno nella loro offerta servizi Internet quali social media, browser, app store, pubblicità online, cloud (3), che hanno 45 milioni di utenti al mese e 10 mila utenze business all’anno in Europa (4).
In pratica riguardano le Amazon, le Microsoft, le Meta, le Apple e le Google per intenderci, che hanno costruito la loro fortuna in Europa negli ultimi decenni grazie anche alla mancanza di regole stringenti sulla concorrenza. Definite “piattaforme gatekeeper” dal Digital Markets Act, le guardiane dell’accesso al mercato digitale sono “imprese che spesso creano strozzature tra aziende e consumatori e talvolta controllano anche interi ecosistemi, costituiti da diversi servizi di piattaforma come mercati online, sistemi operativi, servizi cloud o motori di ricerca online”, spiega la Commissione in una nota.
Aziende che, se violeranno le norme stabilite, saranno sottoposte a multe fino al 10% del loro fatturato mondiale, fino al 20% in caso di infrazioni ripetute, per arrivare nel caso di infrazioni sistematiche al veto su future acquisizioni o fusioni. “Vogliamo mercati equi anche nel digitale, ora stiamo facendo un enorme passo avanti in questa direzione – spiega Margrethe Vestager, vicepresidente esecutiva della Commissione Ue -. Le grandi piattaforme gatekeeper hanno impedito alle aziende e ai consumatori di beneficiare dei vantaggi dei mercati digitali competitivi. Dovranno ora rispettare una serie ben definita di obblighi e divieti”.
Tra i divieti. Le Big Tech non potranno utilizzare i dati degli utenti senza consenso esplicito per fini pubblicitari. Non potranno usare i dati accumulati, raccolti attraverso un servizio ai fini di un altro servizio (ad esempio a valle di un’acquisizione). Non potranno pre-installare le proprie applicazioni su cellulari e computer degli utenti ma dovranno garantire la libera scelta tra piattaforme, assistenti virtuali e applicazioni anche da più store, senza vincoli, facilitando di conseguenza lo sviluppo di app da parte di piccoli sviluppatori. Dovranno garantire inoltre l’interoperabilità tre le varie app di messaggistica – Whatsapp, Messenger, iMessage, Telegram, Signal – per permettere agli utenti di grandi o piccole piattaforme di scambiarsi messaggi, mentre nulla è stato deciso sull’interoperabilità fra social network, tema abbozzato su cui si discuterà in futuro.
“L’accordo inaugura una nuova era di regolamentazione per i colossi tecnologici a livello globale – commenta Andreas Schwab, relatore del testo per la commissione Mercato interno e la Protezione dei consumatori in Parlamento -. L’accordo pone fine alla posizione dominante sempre crescente delle aziende Big Tech che d’ora in poi dovranno dimostrare di favorire una libera concorrenza su Internet. La nuova legge aiuterà a far rispettare questo principio. L’Europa garantisce così più concorrenza, più innovazione e più scelta per gli utenti e con il Digital Markets Act sta stabilendo standard su come funzionerà l’economia digitale del futuro”. Ma sancisce anche una frattura più netta tra Europa e grandi multinazionali della Silicon Valley, che oltre ad avere manifestato dissenso al documento, sollevano questioni relative alla sicurezza, se si spingono interoperabilità e si aprono gli store proprietari.
“L’intesa sulla legge che regola la concorrenza sui mercati digitali raggiunta da commissione e parlamento europeo segna una pietra miliare – commenta in una nota il Ministro per la Transizione digitale, Vittorio Colao -. Questa legge crea infatti uno spazio economico più equo e competitivo per le imprese europee, stimola l’innovazione e la concorrenza nei mercati digitali, favorisce la condivisione del valore tra i diversi soggetti che partecipano all’economia digitale e aumenta le possibilità di scelta dei consumatori e dei cittadini europei. L’Italia si è battuta per l’introduzione di obblighi e divieti asimmetrici e abbiamo ottenuto che ad essere qualificati come gatekeeper siano le piattaforme che offrono uno o più servizi di intermediazione di base in almeno tre stati membri, come marketplace e app store, motori di ricerca, social network, servizi cloud e servizi pubblicitari”. Una scelta che sta ora al Parlamento europeo ratificare.
Ma non solo il Digital Markets Act è stato annunciato la scorsa settimana. Nello stesso giorno – 24 marzo – è stato reso noto l’atteso accordo tra commissione europea e governo americano sul trasferimento dei dati transfrontalieri tra Europa e Usa, dopo più di un anno di negoziati. “Un accordo politico di principio”, senza alcuna bozza al momento, che va a sostituire la normativa Privacy Shield, a tutela della privacy, della corretta conservazione e dell’utilizzo dei dati degli utenti. “Un impegno da parte degli Usa per attuare riforme che rafforzeranno la privacy e le protezioni delle libertà civili applicabili alle attività di intelligence degli Stati Uniti” si legge.
I dettagli dell’intesa verranno resi noti, sperando diano concretezza alle dichiarazione di principio, ma di fondo i due atti del 24 marzo si innestano nello stesso filone di tutela di consumatori, dati e aziende europee. E potrebbero fungere da apripista.
In particolare il Digital Markets Act, come stimolo per gli Usa che al momento non hanno leggi federali per regolamentare i poteri delle Big Tech, anche se il tema è stato più volte dibattuto dal congresso. Così come era avvenuto in passato con il Gdpr, volàno di contaminazione oltreoceano, che era stato apripista (2018) per nuove leggi fuori dall’Europa (2020, Ccpa, la prima legge sulla privacy in California) grazie alla portata normativa e al severo sistema sanzionatorio per chi viola standard di privacy e sicurezza. Una ottima scuola.
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