Entrata nella vita quotidiana, dalle chatbot per assistenza clienti ai comandi vocali degli smartphone, l’intelligenza artificiale è oggi considerata una risorsa strategica, in grado di trasformare comportamenti, aziende e città grazie all’uso appunto “intelligente” dei dati. Pur rimanendo l’AI un argomento di confronto ancora aperto, i dibattiti passano da tre direttrici: le policy che la governano, il progresso tecnologico che la spinge con la ricerca coordinata tra pubblico e privato, e l’impatto positivo che genera, sulla vita delle persone e delle aziende. Soprattutto nell’Italia post-pandemica.

Che il mercato dell’intelligenza artificiale sia in fermento lo conferma il tavolo di lavoro dedicato all’intelligenza artificiale di Anitec-Assinform, che stima un comparto che ha raggiunto nel 2021 un valore di 330 milioni di euro (fonte: Rapporto Il digitale in Italia Anitec-Assinform/NetConsulting cube) e che registrerà una crescita media annua del 22% nel triennio 2022-2024. Un tavolo di lavoro che ha presentato in settimana il documento “L’IA a tre dimensioni. Approfondimenti su policy, tecnologie ed esperienze aziendali” per fare il punto sullo stato della regolamentazione e dei programmi di sviluppo dell’intelligenza artificiale (le policy appunto), sulle prospettive tecnologiche (l’innovazione legata anche alla contaminazione di idee) e sulle applicazioni aziendali in particolar modo connesse al tessuto produttivo italiano e alle attese del Pnrr (il business). Uno studio – seconda edizione di un primo lavoro redatto nel 2021 – che raccoglie alcuni casi applicativi nei settori industriali del nostro Paese, dal farmaceutico al manifatturiero, che raccontano più di mille parole.

Impatto dell’uso dell’AI in azienda (fonte: Anitec-Assinform, 2022)

A che punto siamo in Italia? Se il valore economico è in crescita (+22% appunto), rimane basso il volume del mercato dell’AI dal momento che ad oggi c’è uno scarso impiego dell’AI nelle Pmi italiane, che solo nel 6% dei casi ha avviato progetti di intelligenza artificiale (fonte: Osservatorio Artificial Intelligence del Politecnico di Milano).
Ma seppur piano l’Italia (insieme al mondo) si sta muovendo dal punto di vista della strategia: se nel 2017, secondo l’Artificial Intelligence Index 2021 Annual Report dell’Università di Stanford, si contavano solo cinque Paesi che avevano firmato documenti per definire le strategie nazionali per l’intelligenza artificiale, nel dicembre 2020 ben 32 paesi avevano redatto i rispettivi documenti (tra cui l’Italia con la Strategia sull’IA) e altri 22 li stavano mettendo in cantiere. 

Ecco la situazione secondo Anitec-Assinform.
Lato policy, l’Italia sta lavorando per definire le regole che sostengano l’innovazione e l’ambito di applicazione dell’AI limitando gli oneri di compliance a carico delle imprese, in particolare delle Pmi, coordinando la propria disciplina con le altre normative già vigenti o in definizione a livello europeo, all’interno del perimetro fissato dal recente AI Act.
Lato innovazione, sul piano applicativo e di sviluppo tecnologico, invece, le aziende italiane considerano sì l’AI come leva importante, ma ritengono inadeguate la qualità dei dati e segnalano la mancanza di competenze (ma sappiamo, lo skill shortage non riguarda solo l’AI), limitando di fatto il potenziale dell’intelligenza artificiale. Potenziale che per essere sbloccato richiede un investimento importante in formazione ma anche nel change management delle aziende creando consapevolezza e cultura sulle opportunità che l’AI può abilitare. Gli stessi fornitori di AI potrebbero essere stimolati a diventare dei formatori sul campo, direttamente presso le aziende nelle quali sviluppano i progetti.

Utilizzo dell’AI per divisione aziendale (fonte: Anitec-Assinform, 2022)

Qui può giocare un ruolo abilitante anche il piano Transizione 4.0 che guarda alla trasformazione digitale dell’industria manifatturiera italiana per spingere la formazione e l’adozione di soluzioni di AI nel sistema produttivo, sfruttando anche il contesto del Pnrr che può stimolare l’adozione dell’AI in modo trasversale a tutti i settori, con una azione non spot, ma con un investimento permanente in intelligenza artificiale. Competenze, ricerca e applicazioni sono prioritarie per rendere competitive le aziende italiane, e la centralità dell’AI nel piano Transizione 4.0 è fondamentale per realizzare e potenziale le infrastrutture esistenti – ha commentato Marco Gay, presidente di Anitec-Assinform anche se la formazione è un abilitatore necessario, ma non l’unico. 

L’Italia non solo deve studiare l’AI ma deve diventare un produttore di AI, per essere competitiva nei confronti di Usa e Cina – ha sottolineato la professoressa Rita Cucchiara, membro del gruppo di lavoro sulla Strategia nazionale per l’intelligenza artificiale -. La sfida si deve giocare su un piano diverso: l’Italia deve produrre, sviluppare, utilizzare l’AI nei propri sistemi produttivi, per le grandi sfide future che impatto su salute, PA, ambiente, cultura, sfide prioritarie per il nostro Paese”. Nei prossimi anni tecnologie come l’intelligenza artificiale, la blockchain, i big data e la cybersicurezza saranno sempre più centrali per la trasformazione del sistema produttivo e della pubblica amministrazione, che potrà sfruttare queste tecnologie per modernizzarsi e offrire servizi ai cittadini.

Ma il confronto con gli altri Paesi deve essere di stimolo per arginare politiche scorrette. Puntualizza Roberto Saracco, coordinatore del tavolo di lavoro sull’AI di Anitec-Assinform, guardando al quadro internazionale: “Il continente Nord americano la fa da padrone per quanto riguarda l’AI, seguito dalla Cina che vuole conquistare il primato in AI e per questo sta costruendo un’infrastruttura di AI autoconsistente. L’Europa, dal suo canto, sta crescendo piano piano con approcci diversi tra i Paesi. Se UK predilige che business e tecnologia guidino il mercato e le scelte delle aziende, l’Europa è attenta a regolamentare e frenare, per pensare solo in un secondo momento allo sviluppo tecnologico. Prima frena e regolamenta, poi lascia andare l’innovazione”. E continua evidenziando le criticità: “Se da una parte in Europa e in Italia siamo in molti ad essere utenti di AI, dall’altra sono pochi i leader a livello nazionale in questo settore. Anche il Pnrr parla di AI, ma deve essere considerata come una componente trasversale all’intero impianto del Pnrr e non solo una tecnologia a sé stante. Tra le criticità vedo anche il nodo italiano di Gaia-X (importante per la gestione nazionale dei dati e i temi della sovranità) mai decollato, che non ha ancora iniziato la sua attività a livello nazionale”.

Ostacoli all’adozione ed allo sviluppo dell’AI (fonte: Anitec-Assinform, 2022)

E’ il contesto internazionale che guida le politiche poi locali, e ben venga che a livello di parlamento europeo la scuola dell’etica abbia trovato terreno fertile in tema di regolamentazione. “L’Europa con il nuovo regolamento AI Act prova a darsi un assetto forte, tutelando i diritti fondamentali della persona in un contesto in cui è fondamentale garantire la competizione – precisa Brando Benifei, co-relatore AI Act del parlamento europeo -. L’Europa ha scelto una strada ben precisa, ricercando un approccio human centrico, di fiducia, con la costruzione di un sistema di AI che non sacrifichi a una esigenza di competizione le tutele legate ai rischi connessi all’IA. Perché non avvenga, come in Cina, che algoritmi di AI malfunzionanti colpiscano persone nell’ambito dell’amministrazione pubblica, della giustizia, delle attività commerciali”.

Un punto sul quale torna Gay: “Per questo sarà necessario che il nuovo regolamento europeo garantisca la tutela dei diritti fondamentali delle persone e prevenga i rischi di usi impropri dell’AI. Ma dovrà anche stimolare l’innovazione delle imprese europee e renderle competitive a livello mondiale. L’Italia – con il Programma Strategico per l’Intelligenza Artificiale 2022-2024 – ha oggi l’occasione di fare la sua parte, creando le condizioni per rafforzare l’ecosistema italiano legato all’AI che è ricco di eccellenze e promuovere una solida collaborazione pubblico-privato”.  

Oggi imprese, istituzioni, accademia si incontrano per la contaminazione di più esperienze e saperi. “Il punto finale è arrivare a un utilizzo efficace dell’AI che faciliti il business ma che sia garante dei valori in cui crediamo” la teoria di Saracco, che è un approccio diverso dal chi guarda prima al business e poi alla società. E che dovrà essere considerato anche nelle evoluzioni delle policy nei prossimi anni quando sarà da regolamentare l’AI@edge, grazie anche allo sviluppo della rete 5G.

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