La chiamata a raccolta a Milano della comunità di Salesforce torna dal vivo, al MiCo, in una atmosfera molto “americana” ma calata tra clienti, trailblazer, partner italiani.
E’ Mauro Solimene, country leader di Salesforce Italia, ad aprire il keynote davanti a 4.000 persone di un ecosistema che ruota intorno alla piattaforma di Crm e che, ritrovatosi in presenza, ascolta come la strategia cloud di Salesforce sia evoluta negli anni, arricchendosi di soluzioni e di nuovi obiettivi. Una strategia, raccontata recentemente dallo stesso Solimene alla stampa italiana, che oggi trova risonanza in un evento più marketing oriented e di relazione, costruito attorno ai cinque pillar dell’azienda (ultimo quello della sostenibilità accanto a trust, customer success, equality, innovation), che ribadisce l’allargamento delle soluzioni che compongono la piattaforma Salesforce Customer 360 (dai processi di marketing, vendita, fino all’assistenza) e la nuova organizzazione aziendale per industry, pensata per meglio rispondere alle diverse esigenze dei clienti, che rimangono al centro della strategia.
Sì perché la decisione di rivedere l’organizzazione aziendale negli scorsi mesi – in una realtà che è cresciuta in dipendenti in modo significativo negli ultimi anni – è una risposta per indirizzare meglio le esigenze dei clienti e raccogliere la loro “soddisfazione”, elemento che condiziona le strategie di ogni azienda come conferma la quinta edizione del report State of the Connected Customer presentato durante la convention: l’89% delle aziende italiane considera la customer experience importante quanto il prodotto da acquistare, per cui il tema vale l’attenzione. Anche per Salesforce stessa.
Ma se fin qui la strategia dell’azienda fondata da Marc Benioff suona “familiare”, Solimene apre il keynote con un annuncio importante, fuori dagli schemi, che rimarca un ulteriore passo in avanti dell’azienda nel mercato italiano e dà concretezza all’allargamento del modello di go-to-market di Salesforce anticipato negli scorsi mesi: la decisione di affiancare alla vendita diretta tradizionale anche un canale di alleanze e cloud reseller in grado di andare a penetrare aree di mercato non ancora presidiate, in una relazione complementare con il team di vendita interno all’azienda.
L’annuncio riguarda la neonata partnership tra Tim e Salesforce. Nello specifico la cloud company del gruppo Tim, Noovle, e Salesforce hanno stretto un accordo di collaborazione per supportare i processi di trasformazione digitale di aziende e pubbliche amministrazioni, facendo leva su tre elementi, “la centralità del cliente, il valore dei dati e delle informazioni e l’importanza di creare filiere interconnesse”. Le soluzioni Crm di Salesforce, in cloud, verranno veicolate da Noovle sfruttando le infrastrutture digitali e la presenza capillare di Tim sull’intero territorio italiano, permettendo ad aziende e PA di accelerare l’adozione di soluzioni innovative in cloud. Un annuncio che vede Tim allargare il proprio ruolo di cloud reseller con soluzioni di nuovi vendor, in un momento caldo per il mercato italiano viste le aperture di importanti cloud region nel nostro Paese.
“Creare una catena del valore non è un esercizio teorico, non è uno esercizio di stile – precisa Solimene -. Richiede la capacità di armonizzare il lavoro di tutti i giocatori” e tra questi anche enti, organizzazioni, università attive nella Digital Talent Factory, un luogo virtuale dove informarsi, ispirarsi e scoprire percorsi di formazione ideati per contribuire a colmare il gap di competenze digitali e per creare posti di lavoro in Italia. Per sanare quel divario tra domanda e offerta particolarmente sentito nel nostro Paese: secondo uno studio ricorrente di Idc che misura l’indotto della strategia di Salesforce sull’intero mercato italiano, entro il 2026 l’ecosistema Salesforce in Italia avrà un impatto stimato in 33,9 miliardi di dollari di nuovi ricavi, con 21.360 nuovi posti di lavoro diretti, oltre a 93.300 posti di lavoro indiretti. “Un volano importante a vantaggio di tutto il sistema economico italiano” precisa Solimene dando spazio alle testimonianze dei trailblazer.
Tra questi il caso di Generation Italy, una fondazione no-profit di McKinsey & Company, avviata per ridurre la disoccupazione giovanile con corsi su misura. “Oggi le aziende italiane hanno la necessità di soddisfare 111mila nuove posizioni di lavoro in ambito digitale e, di queste, 34mila non riescono ad essere coperte. E capita spesso che quando trovano i profili non hanno un pacchetto di competenze in linea con la richiesta – spiega Oscar Pasquali, Ceo di Generation Italy -. Noi partiamo da lì, dalle aziende, e una volta compreso quali competenze mancano facciamo corsi di 3-4 mesi formando ragazzi con competenze su misura. Abbiamo visto che laddove formiamo ragazzi su competenze Salesforce, l’86% trova lavoro alla fine del programma”.
E sempre nell’ambito no profit il caso della onlus Pane Quotidiano, laica e apartitica, che raccoglie cibo a Milano e lo dà a chi ha bisogno. “Quotidianamente siamo in grado di fornire una razione alimentare a circa 3.500 persone al giorno grazie alle eccedenze alimentari che ci vengono donate dalle aziende produttrici – racconta Luigi Rossi, amministratore delegato di Pane Quotidiano – ed è in fase pilota anche la distribuzione a domicilio su un’area test di 250 consegne al giorno, il tutto organizzato con la piattaforma Salesforce ma anche grazie alle ore di volontariato dedicate dai dipendenti alla nostra attività”.
Quattro aree presidiate
Torna sulla strategia Solimene: “Abbiamo visto un’accelerazione di tutti i fenomeni in questi anni: nuovi canali di vendita, nuove competenze, nuove normative, nuove figure di investitori e nuove aspettative – incalza -. Imperativo comune, nel trovare la risposta adeguata a queste sfide, è la velocità. Per questo ci siamo concentrati sui 4 aree che vogliamo presidiare: la customer experience come fattore determinante per il nostro business che ci porta ad arricchire la nostra piattaforma (1), la produttività dei clienti che ci porta a lavorare sui processi delle aziende dentro al loro digital headquarter (2), la capacità di interpretare i dati per generare valore (3), infine l’impatto sull’ambiente del nostro operato, un fattore discriminante per il successo di ogni business che sposa etica e ambientalismo (4). Ognuna di queste modalità di operare la mettiamo al servizio dei clienti e della nostra comunità che si autoalimenta”. Come testimoniano la aziende trailblazer (“sono 15 milioni i trailblazer nel mondo che lavorano sulle piattaforma Salesforce”, puntualizza Solimene) che raccontano durante il keynote la loro trasformazione digitale avviata grazie alle soluzioni Salesforce.
Tre casi valorizzano la customer experience
Nel campo delle utility, Iren Luce e Gas ha instaurato una nuova relazione tra azienda e clienti, facendo leva su dipendenti, ecosistema di partner e digitale per creare un unico Crm e un unico punto di contatto a valle dell’aggregazione di tre municipalizzate. “La spinta ad adottare un unico Crm per 7 milioni di clienti ha avviato un progetto complesso che ha richiesto anche il cambio culturale delle persone e l’orientamento su nuovi skill digitali – precisa Maria Greco, Ceo della multiutility che sta lavorando per semplificare la relazione con i clienti -. La sfida era mettere insieme tre territori e tre sistemi di gestione, con customer experience differenti, con l’intento anche di innovare prodotti e servizi. Ci siamo affidati a Salesforce per ottenere una visione unica del cliente sia per i manager che devono impostare la strategia, sia per gli operatori che diventano cosi veri consulenti sul territorio gestendo l’operatività quotidiana”. Un percorso che ha visto crescere la consapevolezza sui bisogni dei clienti, dai servizi da migliorare alla necessità di offrire proposte mirare ai singoli clienti, sfruttando anche il mondo degli analytics. “Oggi abbiamo il 70% dei nostri clienti che accede ai nostri servizi via l’app IrenYou, lanciata all’inizio della pandemia che ha un milione di utenti. IrenYou è un canale full digital, attraverso cui si possono gestire contratti e consumi. Il suo utilizzo si affianca ai canali tradizionali e questa multicanalità ci permettere di conoscere meglio il cliente”.
Nel mondo retail, la omnicanalità e la necessità di imparare continuamente dai dati dei clienti è il motore del progetto di trasformazione digitale di Miroglio, azienda che lavora sull’intera filiera della moda con brand riconosciuti. “Il rapporto con le clienti sta cambiando, è una tensione continua – esordisce Alberto Racca, Ceo gruppo Miroglio -. Ci sono due macro traiettorie: farsi sempre più domande sui clienti andando a segmentare il loro approccio e la loro reazione. E capire la rilevanza delle loro azioni, se sono ad esempio guidati dagli sconti o dalle nuove collezioni. E’ un percorso lungo che stiamo facendo ma sono fiducioso perché abbiamo clienti affezionati e il partner tecnologico giusto”. L’omnicanalità è per Miroglio mantenere la promessa verso il cliente che è per definizione omnicanale: si informa online, prova l’abito in negozio e magari conclude l’acquisto sul web e questo richiede un customer journey fluido. “Omnicanalità vuol dire allineare i canali tra di loro e assegnare una missione differente ma sinergica ai diversi canali, seguendo il journey della cliente e da li bisogna partire” precisa Racca. Una strategia che ha richiesto anche il ripensare l’azienda in modo più snello, con meno persone nella stanza delle decisioni, focalizzate sulle operation. “Abbiamo messo in pista una serie di iniziative per permettere alle persone di proporre idee. Domina la creatività e l’intelligenza e la scelta del top management è determinata dalle sue capacità, abbattendo resistenze. Una sfida grande ripensare il management team. Le persone crescono e con loro cresce l’azienda”.
Infine il caso di Roboze, azienda pugliese che sviluppa, produce e vende soluzioni innovative di stampa 3D, nata 13 anni fa e che oggi ha clienti ormai in tutto il mondo, con attenzione spiccata alla sostenibilità. “Abbiamo aiutiamo i nostri clienti a riciclare i loro prodotti, creando un modello di business attorno al riuso dei materiali, permettendo la stampa di componenti customizzate in modo sostenibile – spiega Alessio Lorusso, founder e ceo Roboze –. Durante la pandemia abbiamo gestito decine di migliaia di richieste da parte realtà che avevano bisogno di realizzare componenti per continuare a produrre. Abbiamo così creato un network di aziende produttrici tra i nostri clienti per aiutare altri clienti in difficoltà, trasformando i nostri clienti in fornitori di nuove realtà produttive. La recessione è alle porte, lo shock della supply chain è evidente, ma credo che gli italiani siano resilienti e abituati a navigare in acque turbolenti: siamo nella condizione di spingere i talenti, di riportare competenze al Sud, di vivere un nuovo rinascimento digitale per produrre in modo più sostenibile. Abbiamo prodotto in paesi asiatici in passato senza pensare alle emissioni, allo stoccaggio dei materiali, oggi sappiamo che non è più possibile. Abbiamo un’opportunità da cogliere anche in Italia”.
Cosa vuole il consumatore digitale
La customer experience come elemento di business e non di solo marketing trova riscontro nei dati dal rapporto State of the Connected Customer 2022 che evidenziano come le aspettative e i comportamenti dei consumatori siano cambiati nel tempo, spinti dal digitale, che ha cambiato le regole del commercio, del lavoro e della vita quotidiana. Accelerando di conseguenza la necessità di trovare nuovi modi per ingaggiare il cliente, soddisfarlo e aumentare il giro d’affari.
La ricerca, che indaga i comportamenti di 17.000 consumatori e manager aziendali in 29 paesi (di cui 650 in Italia), mette in luce come l’interazione con il digitale spinga i brand e le aziende a re-immaginare il modo in cui interagiscono con i propri clienti in un modo flessibile e personalizzato.
Le tendenze principali emerse quest’anno sono:
● In Italia l’89% dei consumatori afferma che l’esperienza fornita da un’azienda è importante tanto quanto i suoi prodotti o servizi (il dato global si attesta all’86%). Questo condiziona la scelta del brand.
● Il 59% degli italiani dichiara che a partire dal 2020 ha fatto acquisti in modi nuovi (rispetto al 68% dei consumatori a livello globale). Nei prossimi tre anni il 59% degli italiani si aspetta di aumentare il ricorso ai metodi di pagamento contactless e il 52% di incrementare gli acquisti tramite social media, una percentuale ancora maggiore per Millennial (56%) e Gen Z (61%).
● L’83% dei consumatori italiani cambia brand per i propri acquisti almeno una volta nell’ultimo anno (71% a livello global) e solo il 43% dichiara di fidarsi delle aziende da cui acquista.
● La gran parte dei consumatori (73%) presume che le aziende comprendano le loro esigenze individuali, soprattutto data l’abbondanza di informazioni personalizzate raccolte dalle interazioni avute. L’84% dei consumatori italiani dichiara di trovarsi a proprio agio con le aziende che utilizzano le informazioni personali rilevanti in modo trasparente e vantaggioso.
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