La Corte di Giustizia dell’Unione Europea infligge un nuovo colpo ad un colosso hi-tech della Silicon Valley. Il Tribunale Ue respinge infatti il ricorso proposto da Google e dalla sua società madre, Alphabet, e condanna l’azienda ad una multa da 4,125 miliardi di euro. L’accusa è di avere imposto restrizioni illegali ai produttori di dispositivi mobili Android e agli operatori di reti mobili, per consolidare il proprio dominio sul mercato delle ricerche online.
L’ammenda viene ridotta rispetto alla precedente richiesta di 4,343 miliardi di euro, con una limatura del 5%, ma rimane la più importante mai inflitta in Europa da un’autorità di vigilanza sulla concorrenza.
Il Tribunale Ue conferma così, in linea generale, la corretta decisione della Commissione guidata da Margrethe Vestager che, nell’aprile 2015, aveva avviato la procedura a seguito delle numerose denunce ricevute in merito a pratiche commerciali di Google nell’Internet mobile. Nel luglio 2018, la Commissione aveva poi deciso di sanzionare Google per aver abusato della propria posizione dominante imponendo restrizioni contrattuali anticoncorrenziali ai produttori di dispositivi mobili e agli operatori di reti mobili, per alcuni sin dal gennaio 2011.
Le restrizioni imposte da Google e rilevate dalla commissione sono essenzialmente di tre tipi, spiega la nota del tribunale: quelle inserite negli “accordi di distribuzione”, che impongono di fatto ai produttori di dispositivi mobili di preinstallare le applicazioni di Google Search e Chrome per poter ottenere una licenza operativa sul portale di vendita Play Store; quelle inserite negli “accordi antiframmentazione”, che condizionano la concessione delle licenze operative alla preinstallazione delle applicazioni Google Search e Play Store da parte di produttori di dispositivi mobili con l’impegno di astenersi dal vendere dispositivi equipaggiati con versioni del sistema operativo Android senza l’approvazione di Google; infine quelle inserite negli “accordi di ripartizione del fatturato”, che subordinano il rimborso di una parte degli introiti pubblicitari di Google ai produttori di dispositivi mobili e agli operatori di reti mobili che si impegnano a non preinstallare un servizio di ricerca generica concorrente su un portafoglio predeterminato di dispositivi.
Sulla base delle proprie valutazioni, il Tribunale ha annullato la decisione della Commissione Ue sull’ultimo punto relativo alla ripartizione del fatturato per portafoglio, e per questo ridotto l’importo totale dell’ammenda.
La società di Mountain View non accetta la sentenza del tribunale europeo che ha di fatto appoggiato la decisione della Commissione presieduta da Ursula Von der Leyen contro l’azienda; e annuncia ricorso. “Siamo delusi dal fatto che la Corte non abbia annullato integralmente la decisione”, dichiarano i portavoce di Google, perché, ribadiscono, “Android ha creato più scelta per tutti, non meno, e supporta migliaia di aziende di successo in Europa e nel mondo”.
Ora Google ha due mesi e dieci giorni a decorrere dalla data della notifica (14 settembre 2022) per impugnare la decisione del tribunale. Cosa che con ogni probabilità farà, come già accaduto in passato. Non si tratta infatti della prima multa per Google, a cui nel 2017 era già stata imposta una sanzione da 2,4 miliardi di euro per aver meglio posizionato sulle pagine del motore di ricerca il proprio servizio di shopping comparativo rispetto ai concorrenti, o ancora nel 2019, una multa di oltre 1,49 miliardi di euro per aver messo in atto pratiche scorrette relative al servizio di banner pubblicitari Google AdSense impedendo anche in questo caso ai siti di aggiungere in pagina le caselle di ricerca di altri motori. Attendiamo ora anche l’epilogo di questa nuova lunga controversia.
© RIPRODUZIONE RISERVATA