Siamo abituati a fare riferimento all’idea di interoperabilità nel parlare di servizi IT in cloud, di soluzioni e applicazioni. Intendiamo in questi casi qualificare la capacità dei sistemi di cooperare e scambiare informazioni con altri, in modo più o meno completo, ottimizzando le risorse e garantendo comunque l’affidabilità dei servizi.
Si tratta, sempre, di facilitare l’interazione tra sistemi diversi, qualificando uno scambio ed un riutilizzo delle informazioni, anche tra architetture non omogenee, che sia coerente con gli obiettivi che ci si prefigge. Sulla scorta di questa idea di base, che resta valida, circa un anno fa l’Unione Europea si è mossa su un progetto per favorire il medesimo approccio anche per quanto riguarda l’interoperabilità tra i sistemi delle pubbliche amministrazioni in tutta l’UE. Interoperable Europe Act è un tassello cardine della politica dell’Unione Europea volta a rafforzare sostanzialmente la cooperazione tra le pubbliche amministrazioni nell’Unione. Si riferisce alla capacità delle amministrazioni di cooperare, scambiare informazioni e garantire la fornitura di servizi pubblici senza soluzione di continuità oltre i confini, i settori e le delimitazioni di competenza. Supporta inoltre la condivisione e l’accesso attendibili dei dati tra settori e livelli amministrativi al fine di migliorare la formulazione e l’attuazione delle politiche comunitarie.
E’ evidente che parliamo di un’idea impegnativa che allo stato attuale delle cose richiederebbe sforzi titanici, considerato come persino i sistemi di un’unica PA come la nostra ancora non sono in gran parte “interoperabili”. Non solo, un elevato livello di interoperabilità non può essere garantito esclusivamente con mezzi tecnici.
Sono necessari accordi e processi consolidati tra diverse organizzazioni, descrizioni dei dati allineate, leggi che consentano tali scambi di dati e una cooperazione strutturata a lungo termine.
Sono questi proprio alcuni degli obiettivi dell’Interoperable Europe Act che opera nel contesto di un quadro di riferimento basato su quattro diversi livelli che devono essere integrati in un approccio di governance strutturato: un layer tecnico; uno semantico, per garantire che i sistemi abbiano la stessa comprensione del linguaggio che utilizzano e che i dati siano strutturati nello stesso modo; quello organizzativo ad esempio per processi aziendali allineati; ed infine quello legale. I vantaggi non sarebbero pochi.
Interoperable Europe Act, i vantaggi
Riduzione dei tempi, degli oneri amministrativi e quindi dei costi della PA, ma anche delle ‘barriere’ burocratiche per le aziende e la possibilità per i cittadini di beneficiare di servizi pubblici digitalizzati ed omogenei sono i vantaggi immediatamente percebili. Si parla di risparmi annuali stimati variabili tra 5,5 e 6,3 milioni di euro per i cittadini e tra 5,7 e 19,2 miliardi di euro per le imprese (fonte: UE, 2022). Non pochi. Senza contare quelli relativi alla centralità dell’utente, ad una più positiva percezione delle PA che potrebbe influire positivamente sui valori pubblici.
Non siamo all’anno zero. Sono già state sviluppate pratiche comuni di cooperazione di interoperabilità ad ampio raggio basate sull’attuale European Interoperability Framework (Fei) che abbiamo già citato, tuttavia, è anche chiaro che un approccio di cooperazione interamente “volontario” non potrebbe portare in tempi brevi a nulla di concreto, mentre negli anni, anche prima del “via” all’Interoperable Europe Act in diverse dichiarazioni ministeriali (Tallinn 2017 e Berlino 2020, e a seguire Lisbona 2021 e Strasburgo 2022) si era manifestata la necessità di accelerare sull'”unione” anche da questo punto di vista.
Per questo è stato istituito un Interoperable Europe Board con il compito di guidare gli sforzi comuni di interoperabilità, riunendo le autorità centrali per la trasformazione digitale degli stati membri e la Commissione. Del Comitato il compito di individuare soluzioni/risorse comuni di interoperabilità riutilizzabili, misure di sostegno e innovazione e quello di aggiornare il quadro europeo di interoperabilità.
I passi avanti
Oggi l’Interoperable Europe Act Introduce un quadro di cooperazione per le PA di tutta l’UE in modo da favorire lo scambio transfrontaliero di dati. Punta su accordi per soluzioni digitali interoperabili e riutilizzabili, come software open source, linee guida, liste di controllo, framework e strumenti IT. In tal modo contribuisce a rimuovere gli oneri amministrativi, compresi gli ostacoli giuridici, organizzativi, semantici e tecnici alla cooperazione amministrativa.
La Commissione proprio in questi giorni ha accolto con favore l’accordo raggiunto tra il Parlamento europeo e il Consiglio dell’Interoperable Europe Act per un regolamento che rafforza l’interoperabilità transfrontaliera e la cooperazione nel settore pubblico e la legge proposta dalla CE punta a raggiungere gli obiettivi digitali dell’Europa per il 2030, rendendo i servizi pubblici chiave disponibili online in tutta l’UE. “Con la rapida conclusione dei negoziati sull’Interoperable Europe Act a meno di un anno dalla proposta della Commissione – commenta il commissario Johannes Hahn -, il Consiglio e il Parlamento europeo dimostrano il loro desiderio di promuovere la trasformazione digitale dei servizi pubblici. Ciò comporta vantaggi diretti per le persone e le imprese dell’UE. L’accordo raggiunto oggi rappresenta un passo essenziale verso migliori servizi pubblici digitali, meno oneri amministrativi e risparmi sui costi per tutti i soggetti coinvolti”.
I finanziamenti necessari sono offerti dal Digital Europe Program (Digital) che mette a disposizione circa 130 milioni di euro tra il 2023 e il 2027. Il testo della legge deve ora essere approvato e adottato prima che il regolamento possa entrare in vigore, mentre la Commissione dovrà poi fare in modo che l’attuazione del regolamento sia agevole e avvenga in tempi ragionevoli.
Come indirizzare gli sforzi
Ci preme insistere però su una serie di punti ancora, per la riuscita del progetto è importante considerare come sia proprio la base comune “giuridica” di riferimento a favorire poi l’azione e quindi l’ottenimento di importanti vantaggi, perché in diverse occasioni è stato segnalato come chi opera sul campo abbia bisogno di punti di riferimento coerenti e comuni, su cui lavorare. E non è assolutamente vero che i ‘regolamenti comuni’ siano di freno all’innovazione, mentre lo è il contrario.
E’ l’Act stesso, infine, a definire le responsabilità in capo ai singoli Paesi membri, tra cui, la condivisione delle proprie soluzioni di interoperabilità per i servizi digitali con altri enti del settore pubblico; una valutazione obbligatoria sugli impatti dell’interoperabilità transfrontaliera nel caso in cui un ente del settore pubblico voglia introdurre o modificare un sistema digitale che (potenzialmente) utilizza/scambia dati da/verso un altro Stato membro; la nomina di un coordinatore nazionale per le questioni di interoperabilità del settore pubblico, il monitoraggio e la ‘rendicontazione’ regolare sul proprio livello di interoperabilità.
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