Lavoro con l’intelligenza artificiale ogni giorno. Ho iniziato in tempi non sospetti, anticipando il trend, e ho trascorso anni a studiare modelli, algoritmi, architetture neurali, ottimizzazione dei sistemi. Ma il punto non è questo. Ho la fortuna di avere accanto persone che non si occupano solo di AI dal punto di vista tecnico, ma che la analizzano attraverso le lenti della filosofia, della psicologia e della sociologia. Un giorno, una di queste persone mi ha parlato dell’AI mindset. Inizialmente, mi è sembrato un concetto astratto, ma un istante dopo si è accesa l’intuizione e ho iniziato a guardare le cose da un altro punto di vista. Mi sono reso conto che il dibattito sull’AI è dominato da tecnicismi, mentre il vero tema critico viene trascurato: come l’AI cambia il nostro modo di pensare e prendere decisioni. Le aziende e le persone si stanno focalizzando sul dito – strumenti, piattaforme e parametri dei modelli – perdendo di vista la luna, ovvero l’impatto reale di questa tecnologia sulle persone e sulle organizzazioni.

Aziende ed esperti sono immersi in discussioni complesse e tecnicismi accademici, analizzando concetti come large language model (Llm), token, parametri e algoritmi. La loro attenzione si concentra sulla formazione tecnica, sul comprendere il funzionamento dei modelli e sull’adozione dei tool più avanzati. Questo accade perché sono gli ingegneri e i tecnici a guidare il processo, con l’obiettivo di garantire che l’azienda utilizzi l’Intelligenza Artificiale nel modo più avanzato possibile. Ma c’è un problema. C’è un però. Questo non è ciò che determinerà la riuscita dell’integrazione dell’AI nelle aziende.

Se vi aspettate che, in questo articolo, io – che sono un ingegnere e mi occupo di AI – vi parli di architetture neurali, modelli di addestramento e tecnicismi, potreste rimanere sorpresi. Sono assolutamente convinto che il tema critico per il futuro delle aziende non sia capire nel dettaglio come funziona l’AI a livello tecnico, ma comprendere come l’AI si integra con la mente umana e i processi decisionali delle persone.

Perché i token non sono così importanti?

Non fraintendetemi, la formazione tecnica e tecnologica è importante. Ma un token è semplicemente un’unità di testo che un modello AI usa per elaborare il linguaggio. Sapere quanti token genera un prompt o quanti ne consuma un’Api è utile per gli sviluppatori, ma non cambia il modo in cui un manager utilizza strategicamente l’AI. Superare le barriere culturali e cognitive all’adozione dell’AI è il vero ostacolo, più della tecnologia stessa. Il vero problema è la formazione ai manager e ai dipendenti e la vera formazione di cui manager e dipendenti hanno bisogno riguarda il cambiamento cognitivo e decisionale, perché la leadership nell’era dell’AI cambia e i top manager non sono pronti. 

Come è necessario “strutturare” di nuovo pensiero e linguaggio per interagire efficacemente con AI? Come prendere decisioni con l’AI? Come riconoscere i bias nei dati? Come il modo di pensare influenza il modo di strutturare un prompt e come ciò limita potenzialmente la possibilità di ottenere dall’AI risposte efficaci? I dipendenti devono per questo sviluppare un AI mindset perché non basta sapere dove cliccare, serve capire quando fidarsi e quando dubitare dell’AI, come sfruttarla per amplificare la creatività e come evitare di atrofizzare le proprie capacità.

Serve un AI mindset, ma cos’è realmente?

Quando si parla di AI si deve “immaginarne” anche il potenziale rigetto. Basta pensare ad  un innesto su un albero: un nuovo ramo viene inserito nella struttura esistente. Se l’innesto è compatibile, con il tempo si integra e porta nuovi frutti. Se invece il corpo lo rigetta, il ramo resta estraneo e non attecchisce. Ora, se si immagina un innesto nella propria mente, un trapianto nel proprio cervello, ecco che in qualche modo un fenomeno simile accade proprio quando introduciamo l’AI nel nostro modo di pensare. L’AI mindset è proprio questo: la capacità di integrare l’AI nel nostro sistema cognitivo senza rigetto, imparando a collaborare con essa in modo efficace. A costruire un modo nuovo di pensare.

L’AI come innesto cognitivo, non semplice tool

Di fatto, le tecnologie del passato, come a suo tempo l’automobile o un software gestionale, sono strumenti esterni e tali restano. L’impegno è relativo all’imparare ad usarli. L’ avvento dell’AI porta a una rivoluzione copernicana, l’AI entra direttamente nei nostri “processi di pensiero”. Non si tratta di imparare dei comandi, come quando abbiamo imparato ad usare Word, Excel e PowerPoint. Quando collaboriamo con un sistema AI, non stiamo semplicemente premendo pulsanti o inserendo dati: stiamo creando una relazione cognitiva. Come ogni innesto, come per un trapianto, anche questa integrazione può incontrare resistenze e difficoltà. Se non si è preparati, la mente può rigettare l’AI, manifestando i sintomi del rigetto: ansia, diffidenza o in alcuni casi anche dipendenza disfunzionale.

Esempi di rigetto cognitivo

Se l’AI non viene accolta nel nostro modo di pensare, possono verificarsi alcuni reazioni, di cui saremo più o meno consapevoli, che è bene intercettare tempestivamente per affrontarle e gestirle:
1. Rigetto cognitivo attivo: quando rifiutiamo l’AI per paura o diffidenza. Allora pensiamo che sia imprecisa, inaffidabile o una minaccia, ed evitiamo di usarla o la critichiamo in modo pregiudiziale.

2. Shock da sovraccarico: Quando l’integrazione avviene troppo velocemente, generando confusione e stress. Allora ci sentiamo sopraffatti dalla quantità di dati e informazioni, incapaci di gestire il cambiamento.

3. Atrofia delle capacità – Al contrario del rigetto, questa reazione si scatena quando deleghiamo troppo all’AI, affidandoci completamente ai suoi output senza alcun spirito critico. Questa reazione porta a una progressiva, più o meno lenta, perdita delle nostre capacità analitiche e decisionali.

Superare il rigetto: come adottare un AI mindset

L’AI mindset è la chiave per evitare questi problemi. Significa sviluppare un approccio consapevole e strategico all’uso dell’AI, che permetta di restare al centro, di governare, di guidare i processi e la relazione con l’AI, di arricchirci, di trarne vantaggio senza perderne il controllo. Per farlo, serve abbandonare l’ansia di conoscenza dell’ultimo tool di AI, e concentrarsi prima di tutto su alcune abilità fondamentali che arrivano molto prima e sono molto più importanti degli aspetti puramente tecnologici:

  1. La metacognizione: ovvero, prima ancora di capire l’AI, è necessario capire come si pensa. Essere consapevoli dei nostri schemi mentali e dei nostri bias ci aiuta a interagire con l’AI in modo più efficace.
  2. Il pensiero strutturato: L’AI lavora bene quando le informazioni sono chiare e organizzate. Dobbiamo imparare a scomporre i problemi, tradurli in formati che l’AI possa elaborare e imparare a interpretarne correttamente i risultati.
  3. L’ equilibrio tra controllo e delega: L’AI non e’ un nemico, tantomeno un oracolo. L’AI mindset è un approccio che ci permette di sfruttarla al massimo mantenendo sempre il controllo sulle decisioni finali.

Integrazione consapevole, nuovo modo di pensare 

Adottare l’AI mindset, quindi, non significa semplicemente imparare a usare un nuovo strumento, ma sviluppare una nuova forma di pensiero, che contro-intuitivamente poco ha a che fare con l’ingegneria e la scienza, e molto ha a che fare con la filosofia, la sociologia, la psicologia. L’AI mindset è il punto di partenza, il cardine, di una visione human centric, di un’umanità che proprio in un momento di ansia da performance nella corsa a provare ogni nuovo tool AI, si ferma a riflettere a come pensa, come ragiona, come funziona. Perché questo è l’unica cosa che conta davvero e che può trasformare l’AI in opportunità. Chi sarà capace di sviluppare un AI mindset, riuscirà ad integrare realmente l’intelligenza artificiale nel suo modo di lavorare e di vivere, senza subirla.

Come un innesto ben riuscito, questa integrazione può dare frutti straordinari. Ma richiede consapevolezza, una più profonda e maggiore conoscenza di sé e dei propri meccanismi, in un equilibrio necessario tra intelligenza umana e quella che chiamiamo intelligenza artificiale. L’AI non sostituisce chi è in grado di sviluppare un AI mindset, al contrario ne amplifica le capacità, il talento, le competenze. Solo se impareremo a gestire l’AI come una nuova relazione cognitiva, sapremo navigare nel mare dei tool senza lasciarci trasportare dalla corrente, saremo in grado di orientarci e scegliere, di ristrutturare il nostro pensiero, le nostre relazioni, i processi e potremo affrontare ogni nuova sfida con una visione chiara e una mente calma. L’era dell’AI è appena iniziata. Chi saprà sviluppare un AI mindset guiderà il futuro.

*Maurizio Riva, ingegnere, esperto ed executive coach in AI, cybersecurity e tecnologie innovative

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