Intel è a una svolta significativa nel proprio percorso di trasformazione. Il nuovo corso, guidato da Lip-Bu Tan, presidente del board e da qualche mese (marzo 2025) anche Ceo, prende forma attraverso una serie di decisioni mirate a correggere le distorsioni del passato e a rafforzare la posizione competitiva dell’azienda. Le linee guida sono arrivate attraverso una comunicazione rivolta direttamente al personale, nel giorno della pubblicazione dei risultati del secondo trimestre 2025 (il 24 luglio) e ora pubbliche.
Intel ringrazia i dipendenti per il contributo nel raggiungimento di risultati superiori alle previsioni. Tan: “Abbiamo registrato un fatturato oltre il limite superiore della nostra guidance, riflettendo una domanda solida e una buona execution in tutte le aree di business”. Ma al di là dei risultati congiunturali, il Ceo sottolinea anche che “gli ultimi mesi non sono stati facili”, e che “l’azienda sta prendendo decisioni difficili ma necessarie per semplificare l’organizzazione, aumentare l’efficienza e migliorare la responsabilità a ogni livello”. Ringraziamenti a parte, di fatto l’azienda ha deciso di fare a meno del 15% della propria forza lavoro. Un ridimensionamento del personale che porterà a 75mila persone gli “effettivi” di Intel (ricordiamo, giusto come riferimento, che nel 2020 i dipendenti di Intel erano oltre 110mila).

Si arriverà a questi numeri attraverso licenziamenti e abbandoni. Una parte significativa della riduzione del personale è già avvenuta nel secondo trimestre, che ha visto anche la semplificazione della struttura manageriale con l’eliminazione di circa il 50% dei livelli gerarchici. Struttura quindi anche fortemente semplificata. E Tan va oltre perché è chiaro che l’obiettivo non è solo ridurre i costi ma, come spiega, “costruire una nuova Intel, più veloce, più agile e più dinamica”, capace di eliminare la burocrazia, valorizzare l’ingegneria e favorire l’innovazione. A questo si aggiunge il ritorno obbligatorio in ufficio a partire da settembre, in sedi che stanno completando gli adeguamenti per operare a pieno regime. Vengono meno quindi anche una serie di “credo”, sbandierati dall’azienda quando serviva – in relazione allo smartworking – anche a fronte dei benefici palpabili per i dipendenti e per l’azienda stessa che gli analisti non hanno mancato di rimarcare in passato. Allo stesso tempo, Tan promette anche di eliminare la burocrazia per consentire ai nostri ingegneri di sfruttare meglio gli strumenti per innovare con maggiore rapidità, con l’intenzione inoltre di favorire gli investimenti nella crescita futura.
Intel sospende i progetti in Europa
La decisione più emblematica della nuova strategia è lo stop ai progetti industriali in Europa. In particolare, vengono sospesi i piani per la costruzione della fabbrica a Magdeburgo (Germania) e per l’insediamento in Polonia, entrambi sostenuti dalle istituzioni europee nel quadro del Chips Act. Tan motiva questa scelta con un cambio di approccio nella gestione del business delle fonderie: “Negli ultimi anni, l’azienda ha investito troppo, troppo presto – senza una domanda adeguata. Il risultato è stato un footprint industriale frammentato e sottoutilizzato. Dobbiamo correggere la rotta”.
Intel intende quindi assumere un approccio più prudente, basato sulle esigenze effettive dei clienti. “Saremo giudiziosi e disciplinati nell’allocazione del capitale – come fanno le grandi foundry”, specifica Tan. La logica è quella della costruzione su base contrattuale, senza più progetti anticipati o in perdita. Ogni investimento, ribadisce il Ceo, dovrà pertanto rispondere a logiche economiche solide: “Non ci saranno più assegni in bianco. Ed ogni investimento dovrà avere senso dal punto di vista economico”.
Il ritiro dall’Europa rappresenta una battuta d’arresto significativa per le ambizioni europee di rilocalizzare la produzione di chip e di contare su Intel come attore strategico. E la scelta di Intel non può non riaprire interrogativi sulla solidità delle politiche industriali comunitarie e sull’effettiva attrattività dell’Europa rispetto agli altri poli manifatturieri globali.
Parallelamente allo stop europeo, Intel annuncia anche la concentrazione delle attività di assembly e test in Asia. Le operazioni verranno centralizzate nei grandi impianti in Vietnam e Malesia, mentre il sito in Costa Rica continuerà a ospitare attività di ingegneria e funzioni corporate, ma perderà progressivamente la parte manifatturiera.
Gli Stati Uniti restano invece al centro della strategia produttiva, ma anche in questo caso con una logica di rigore. Viene infatti rallentata la costruzione del nuovo megaimpianto in Ohio, per allineare il ritmo di spesa all’effettiva domanda. Tan sottolinea comunque che l’azienda manterrà la flessibilità necessaria per accelerare se dovessero arrivare nuovi ordini strategici.
La roadmap tecnologica
Nonostante la stretta sulla spesa, Intel conferma l’investimento sui processi di fabbricazione di nuova generazione. In particolare Intel 18A che rimane la priorità assoluta: «Intel 18A e 18A-P sono nodi di processo critici per i nostri prodotti e supporteranno volumi di wafer significativi per il prossimo decennio», spiega Tan. Ricordiamo che Intel 18A rappresenta il nodo tecnologico più avanzato sviluppato da Intel Foundry, pensato per abilitare una nuova generazione di semiconduttori ad alta efficienza e densità. Il nome fa riferimento a un processo produttivo a 18 Ångström, pari a 1,8 nanometri, che segna un passo in avanti rispetto al nodo Intel 3 in termini di miniaturizzazione e capacità di integrazione. L’obiettivo è incrementare le prestazioni per watt e aumentare la densità dei transistor, elementi chiave per sostenere le future architetture computazionali nei segmenti consumer, enterprise e data center. Nel medio termine, l’azienda punterà sullo sviluppo del nodo Intel 14A in stretta collaborazione con clienti esterni, per disegnare un processo produttivo che risponda a specifiche esigenze e apra nuovi segmenti di mercato. Ma anche qui prevale il principio della prudenza: ogni nuova fase di sviluppo sarà subordinata a commitment contrattuali vincolanti.
Per quanto riguarda il “rilancio” dell’ecosistema x86, sia sul versante client che data center. L’obiettivo dichiarato è recuperare quote di mercato attraverso un’offerta semplificata, efficiente e con roadmap precisamente definite. Nel segmento client, il chip Panther Lake sarà centrale per rafforzare la presenza nei notebook, mentre Nova Lake dovrà colmare i gap nei desktop ad alte prestazioni. In ambito data center, Intel punta su Granite Rapids, e reintroduce la tecnologia Smt (Simultaneous Multi-Threading) per recuperare competitività nei carichi di lavoro hyperscale. «L’abbandono di SMT ci ha penalizzati. Reintrodurla ci aiuterà a colmare il divario di performance», afferma Tan. Infine, novità organizzativa rilevante sarà l’introduzione di un processo di validazione diretta del design dei chip: ogni progetto strategico dovrà passare da una revisione del Ceo prima del tape-out. Una misura che punta a migliorare la qualità delle decisioni tecniche e ridurre gli sprechi in fase di sviluppo.
La strategia per i progetti legati all’AI
Il terzo asse della strategia riguarda l’intelligenza artificiale. Intel riconosce l’inadeguatezza dell’approccio seguito finora, troppo legato al solo silicio e al training: “Abbiamo approcciato l’AI con una mentalità tradizionale. Questo deve cambiare”, afferma senza mezzi termini Tan. Il gruppo si concentrerà quindi ora sui nuovi workload con l’AI, con un focus particolare su inference e agentic AI, ovvero le applicazioni intelligenti capaci di prendere decisioni autonome. L’obiettivo è costruire una piattaforma integrata di software, sistemi e chip, partendo dalle esigenze di utilizzo finali per arrivare all’hardware ottimale. Il cambiamento richiederà tempo, ma sono già partiti investimenti mirati e attività di incubazione interna di competenze. Si vedrà solo nei prossimi mesi se Intel avrà intrapreso la giusta rotta, di nuovo, quando l’azienda potrà finalmente chiarire i dettagli della nuova proposizione.
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