La trasformazione digitale della pubblica amministrazione italiana ha vissuto nel 2024 un’accelerazione evidente, sostenuta dai fondi Pnrr e da strategie mirate. L’adozione del cloud, l’attenzione per la cybersecurity e la citizen experience hanno registrato progressi tangibili mentre intelligenza artificiale e data strategy restano cantieri ancora aperti. Il biennio 2025-2026 segnerà una fase di passaggio critica: da un lato il consolidamento dei progetti già avviati, dall’altro l’incognita della loro sostenibilità una volta esauriti i fondi del Pnrr.
2024, sviluppo PA digitale e complessità
Il 2024 ha confermato la centralità del digitale nella PA con una spesa Ict in aumento del 10,8% e una crescita costante in tutti i comparti. Le pubbliche amministrazioni centrali hanno superato i 4,1 miliardi di euro, le regioni hanno oltrepassato per la prima volta la soglia del miliardo e i comuni si sono attestati a 1,08 miliardi. Per il 2025 le stime indicano un’ulteriore crescita a conferma di un trend trasversale a tutti i livelli istituzionali.

Questa dinamica si intreccia con il Pnrr, principale driver di investimento: la Missione 1, dedicata alla digitalizzazione, ha trainato interventi su cloud e sicurezza, ma la distanza tra fondi disponibili e spesa effettiva resta ampia. A settembre 2025 la spesa sostenuta si attesta al 39% del totale a conferma di quanto sia complesso e cruciale tradurre le risorse in progetti concreti.
Trend tecnologici che guidano la PA digitale
Sul fronte tecnologico, tre assi si rafforzano a vicenda: cloud, cybersecurity e citizen experience. Il cloud ha smesso di essere un progetto “a isole” per diventare la spina dorsale dei servizi pubblici. Secondo la Cio Survey PA 2025 condotta da NetConsulting Cube, le migrazioni si concentrano sulle applicazioni core e sui servizi al cittadino, con il Polo Strategico Nazionale come perno. A spingere in avanti sono stati soprattutto i comuni, sostenuti dai fondi Pnrr e dal programma PA Digitale 2026. Restano però criticità importanti da affrontare come la gestione dei sistemi legacy e la sostenibilità dei costi operativi.
La cybersecurity corre in parallelo. L’aumento delle minacce, registrato anche nei primi mesi del 2025 dall’Acn e il recepimento della direttiva Nis2 hanno spinto gli enti a dotarsi di policy, Soc e procedure strutturate. Emerge come le Pac e le regioni abbiano raggiunto livelli di maturità più elevati mentre i comuni rimangono più vulnerabili. Infine, la citizen experience è entrata in una nuova fase: portali rinnovati, identità digitale e integrazione con App IO hanno innalzato le aspettative dei cittadini. Secondo la Cio Survey PA 2025, i Comuni hanno ampliato in modo significativo l’offerta di servizi digitali, in linea con l’obiettivo fissato da PA Digitale 2026 di rendere online entro il 2026 l’80% dei servizi essenziali. Questi tre pilastri costituiscono la base su cui innestare i prossimi passaggi, a partire dalla valorizzazione del dato e dall’adozione dell’intelligenza artificiale.
Data strategy e Pdnd, progressi a metà
La strategia nazionale per il dato e la Pdnd (Piattaforma digitale nazionale dati) sono strumenti centrali per costruire una PA davvero digitale ma i progressi restano disomogenei. Secondo la Cio Survey PA 2025, le in-house si distinguono per maturità (tre su quattro hanno già strategie avanzate), mentre Pac e regioni si collocano a metà del percorso. Un terzo dei comuni, invece, è ancora privo di una strategia strutturata, segno di un divario da colmare.

La Pdnd ha raggiunto quasi 8mila enti aderenti e oltre 3.400 Api attive ma l’adozione è diseguale. La criticità principale riguarda la qualità dei dati: mappature, metadati e figure come i chief data officer sono ancora poco diffusi. È un limite che frena non solo la data governance ma anche lo sviluppo di soluzioni di IA, che richiedono dati solidi e affidabili per generare valore.
Intelligenza Artificiale: le Pac aprono la strada
L’AI è oggi il tema più strategico ma anche il più disomogeneo quando si tratta di digitalizzazione della Pubblica Amministrazione. La Cio Survey PA 2025 mostra come le Pac (pubbliche amministrazioni centrali) guidano la trasformazione: alcune hanno già strategie formalizzate, altre le stanno definendo entro il 2025. Sono nati modelli hub&spoke con team multidisciplinari e non mancano casi operativi come l’uso dell’AI generativa per la gestione documentale o del machine learning per analisi e supporto decisionale (Agenzia delle Entrate, Inps, Istat e Inail hanno già soluzioni in produzione). Nelle regioni e nei comuni, invece, prevalgono sperimentazioni limitate ancora lontane da un impiego sistemico come chatbot per i servizi al cittadino, monitoraggio delle gare e applicazioni verticali. Gli obiettivi prioritari restano efficienza operativa, relazione con i cittadini e digitalizzazione documentale ma permangono barriere pesanti come affidabilità degli algoritmi, vincoli privacy e carenza di competenze.

L’AI, insomma, potrà diventare un pilastro solo se sostenuta da basi organizzative e informative solide. E qui entra in gioco il nodo più critico: le competenze.
Competenze e capitale umano, il tallone d’Achille
Il capitale umano resta il punto più critico. Secondo la Cio Survey PA 2025, l’età media dei team Ict nella PA è di 48 anni, un dato elevato ma in linea con il privato che riflette la demografia complessiva del Paese. A pesare è anche la scarsa numerosità: l’IT rappresenta appena l’1,3% dei dipendenti nelle Pac, l’1,2% nei comuni e il 2,7% nelle regioni. Le assunzioni soffrono tempi lunghi e stipendi poco competitivi, riducendo la capacità di attrarre talenti. Le carenze riguardano proprio le competenze più strategiche: intelligenza artificiale, gestione dei dati e cybersecurity. Senza un piano strutturato di formazione e incentivi, la PA rischia di non avere le risorse umane necessarie a sostenere l’innovazione.
2025-2026, la PA post-Pnrr e le nuove opportunità
Il biennio 2025-2026 sarà decisivo per capire se la trasformazione digitale della PA saprà consolidarsi oltre la spinta straordinaria del Pnrr. La sostenibilità dei progetti è la preoccupazione principale soprattutto per comuni e regioni più dipendenti dai fondi. Il rischio è che le iniziative si trasformino in “isole di innovazione” difficili da mantenere. Per evitarlo, occorrono strategie di finanziamento strutturali, nuovi modelli di procurement e una governance che valorizzi la collaborazione tra centro e territori. Allo stesso tempo, si aprono nuove opportunità: basi tecnologiche comuni (cloud, sicurezza, Pdnd), obiettivi sfidanti come l’80% dei servizi online entro il 2026 e l’IA pronta a diventare motore di trasformazione.
Cinque le questioni chiave che guideranno il percorso:
- trasformare gli investimenti digitali in innovazione dei processi;
- rafforzare competenze e modelli organizzativi;
- mettere i cittadini al centro con servizi accessibili e inclusivi;
- superare la frammentazione istituzionale con sinergie e in-house;
- garantire la sostenibilità post-Pnrr con un piano chiaro di continuità.
La PA italiana ha avviato un percorso irreversibile di modernizzazione. La sfida non è più “se” digitalizzare ma “come” consolidare e rendere sostenibile l’innovazione nel tempo.
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