Si vociferava, poi ieri la conferma. IBM compra Red Hat per 34 miliardi di dollari, l’equivalente di 190 dollari per azione. E’ l’acquisizione più grande di sempre per IBM nel mercato del software (nei suoi 107 anni di storia), destinata a ribaltare gli equilibri nel mondo del cloud di fascia enterprise, dove IBM sta spingendo multi cloud e hybrid cloud per recuperare terreno contro le grandi concorrenti: Amazon Web Services, Microsoft e Google. E con Red Hat, parte integrante dell’offerta, il colosso americano porta in casa una componente strategica che completa l’offerta, ”facendo di IBM il primo provider in assoluto sul mercato del cloud ibrido” dichiara Ginni Rometty, Ceo di IBM.
I due Ceo – Ginni Rometty di IBM e Jim Whitehurst di Red Hat (di recente incontrato a Roma) – annunciano congiuntamente l’acquisizione, da una parte spingendo sulla necessità delle aziende enterprise di abbracciare la logica cloud (“IBM diventerà il provider di cloud ibrido numero uno al mondo, offrendo alle aziende l’unica soluzione cloud open che sbloccherà il pieno valore del cloud per il loro business. Oggi le aziende hanno in cloud i 20% del business, c’è ancora molto da fare”, Rometty) dall’altra sulla scelta dell’open source come logica prediletta (“L’open source è la scelta di base per le moderne soluzioni IT e sono incredibilmente orgoglioso del ruolo che ha giocato Red Hat nel rendere tutto questo una realtà nel settore enterprise”, Whitehurst).
Insieme le due aziende (che vantano una partnership di lunga data, da più di 17 anni collaborano sull’infrastruttura IT dei clienti, con Red Hat Enterprise Linux certificato per essere eseguito su tutte le piattaforme di server IBM, inclusi i sistemi Power) ottimizzeranno economie di scale e offerta di cloud ibrido in aziende enterprise che ancora oggi hanno i workload più strategici su sistemi proprietari e non hanno ancora avviato il percorso di cloud transformation. “Le aziende stanno già usando più soluzioni cloud, ma le nostre ricerche mostrano che l’80% dei carichi di lavoro aziendali deve ancora passare al cloud, frenati da soluzioni proprietarie. Ciò impedisce la portabilità di dati e applicazioni su più cloud, la sicurezza dei dati in un ambiente multi cloud e la gestione coerente dei diversi cloud” precisa la Ceo.
L’impegno preciso è quello di portare avanti i rispettivi ambiti dando una mano agli sviluppatori per far crescere la community open source, rispettando gli approcci di open governance e open innovation di Red Hat, e spingendo le tecnologie di IBM in ambito Linux, container, kubernetes, oltre che le partnership con i grandi cloud provider, da Amazon Web Services a Microsoft Azure, da Google Cloud ad Alibaba. “IBM e Red Hat rimarranno concentrate nell’assicurare la continua libertà dell’open source, attraverso iniziative come la Patent Promise, GPL Cooperation Commitment, Open Invention Network e LOT Network” precisa Rometty. Nel rispetto reciproco di entrambe le strategie.
Tant’è che Red Hat sarà una business unit indipendente all’interno della team Hybrid Cloud di IBM (che oggi ha un giro un giro d’affari da 19 miliardi di dollari), manterrà il quartier generale a Raleigh, North Carolina, e Whitehurst continuerà a ricoprire il proprio ruolo. “Red Hat sarà sempre Red Hat. Quando la transazione sarà conclusa, rimarremo una unità distinta entro IBM e io risponderò direttamente a Ginni – precisa Whitehurst -. Unendo le forze con IBM avremo portata, risorse e capacità maggiori per accelerare l’impatto dell’open source come base per la trasformazione digitale e portare Red Hat a un pubblico ancora più ampio, il tutto preservando la nostra cultura unica e l’impegno costante verso l’innovazione open source“.
In una lettera ai dipendenti, Whitehurst ricorda i 25 anni di storia dell’azienda e che quando entrò nel gennaio 2008, Red Hat contava 2.200 associati con a portafoglio “solo” Red Hat Enterprise Linux e Red Hat JBoss Middleware, pur essendo la prima azienda che fatturava già 500 milioni di dollari nell’open source. Oggi conta circa 12.600 Red Hatters con un porfolio di soluzioni che vanno dall’infrastruttura di cloud ibrido, all app cloud native, con soluzioni di automation e management. “Stimiamo che il nostro mercato indirizzabile sarà di 73 miliardi di dollari entro il 2021 e in un mondo guidato dal software crediamo che l’open source sia la componente chiave. Powered by IBM, noi possiamo drammaticamente scalare e accelerare quello che abbiamo fatto fino ad oggi” conclude.
Tra gli analisti qualcuno scettico, qualcuno positivo, ma tutti concordi nell’affermare che IBM con l’acquisizione di Red si rafforzerà nella competizione con Azure di Microsoft, Google Cloud e AWS di Amazon e potrà fare crescere il proprio fatturato cloud.
L’acquisizione, approvata dai due consigli di amministrazione, è in attesa del voto degli azionisti di Red Hat e degli organi regolatori e dovrebbe chiudersi, se tutto andrà come previsto, nella seconda metà del 2019.
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