Nessuna azienda può ritenersi al sicuro dagli attacchi alla cybersecurity, perché a seconda degli ambiti in cui le organizzazioni operano possono, caso per caso, rappresentare un target ideale per il cybercrime e devono imparare a proteggersi, in uno scenario come quello attuale in cui il perimetro aziendale è sempre più indefinito e le minacce sempre più sofisticate.
Basterebbe pensare, per esempio, a quanto è cresciuto il volume degli attacchi basati sul phishing in grado di rendere vulnerabili le difese aziendali semplicemente con un clic di troppo su un link pericoloso, veicolato attraverso diversi canali. Il phishing resta ad oggi la minaccia interna più frequente e diffusa. Lo dicono i numeri con il 93% delle violazioni della sicurezza IT conseguenza diretta di una qualche forma di phishing e più di uno su tre degli attacchi di questo tipo espressamente rivolti alle aziende.
Non solo, oggi il phishing è disponibile al cybercrime anche in modalità As a Service, e gli attaccanti hanno spesso a disposizione armi molto sofisticate per studiare le loro vittime mentre invece mancano in azienda strumenti e preparazione adeguati per potersi dire davvero al sicuro.
Per esempio è evidente come appliance hardware e software per la sicurezza pensati per la difesa degli endpoint e delle risorse aziendali “al di qua del firewall”, oggi non siano più sufficienti a garantire la sicurezza in uno scenario in cui i dipendenti sono chiamati a lavorare da remoto, su diversi dispositivi ed accedono quindi alle risorse aziendali in scenari complessi, con un intenso utilizzo delle risorse cloud.
Akamai per questo ha pensato alla soluzione disponibile come servizio Enterprise Threat Protector. Permette di identificare, bloccare e mitigare in maniera proattiva minacce che arrivano da campagne di phishing, kit di phishing, malware, ransomware, esfiltrazione di dati che sfruttano il DNS e attacchi zero-day avanzati. Nel whitepaper il punto di Akamai sui rischi legati al phishing e come l’azienda indirizza questi temi.
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