Ogni anno Siae rilascia più di 1,2 milioni di licenze per l’utilizzo di opere tutelate dal diritto d’autore con lo scopo di garantire a creativi, artisti ed editori il pagamento del giusto compenso per il loro lavoro. Tra gli obiettivi della Società Italiana degli Autori e degli Editori c’è anche l’obiettivo di sostenere l’industria culturale e creativa del Paese con una serie di contributi economici per iniziative artistiche meritevoli, e di affiancare diverse attività sociali e di solidarietà. E’ un dato di fatto che il compito più articolato e complesso sia quello legato alla tutela delle opere dell’ingegno e che proprio da questo punto sia partita l’iniziativa con Algorand di creare una piattaforma open basata sulle tecnologie blockchain in modo da gestire in modo trasparente il diritto d’autore ed i relativi compensi. L’iniziativa è tanto più interessante considerato che Algorand, partner tecnologico di Siae in questo progetto, è stata fondata da Silvio Micali, informatico italiano, docente presso il Laboratorio d’informatica ed intelligenza artificiale (Csail) del Mit di Boston oltre che esperto di crittografia.
Algorand ha già sviluppato un’infrastruttura blockchain specifica per gli utilizzi in ambito finanziario ed è stata scelta per i suoi progetti da oltre 500 organizzazioni; è una delle blockchain host per la stablecoin Tether (Usdt) e, per esempio, le Isole Marshall hanno selezionato Algorand come partner per il lancio della loro valuta digitale (Cbdc). La collaborazione tra Siae e Algorand per questo progetto specifico è nata invece nel 2019 ed è di questi giorni il compimento di un primo passo importante con la rappresentazione digitale dei diritti degli oltre 95mila autori iscritti alla Siae con 4milioni di Nft acronimo dietro a cui si celano i Non Fungible Token. In parole più semplici è stato generato un DB su cui i diritti sono memorizzati come Nft. Spieghiamo di che si tratta.
I token, all’interno di una blockchain, possono essere definiti come informazioni digitali cui possono essere fatti corrispondere determinati diritti. La tokenizzazione quindi corrisponde di fatto alla trasposizione in informazioni digitali di un corrispondente diritto o di un corrispondente valore di possesso di un bene più o meno reale. Mentre nell’utilizzo delle criptovalute siamo stati abituati ad associare questo valore ai meccanismi di “estrazione digitali” tipici di quando si generano per esempio unità di valuta come Bitcoin, identiche tra loro, i token possono essere invece anche creati su blockchain già esistenti e sono in grado di “rappresentare qualsiasi attività o risorsa in modo univoco”.
Un token “non fungible” può essere definito quindi come un tipo speciale di token crittografico, non intercambiabile – mentre i token delle criptovalute lo sono (perché rappresentano tutti frazioni di criptovaluta) – che tuttavia consente passaggi di proprietà in modo agile all’interno di blockchain sicure ed efficienti. Nel caso in cui, come in questo del progetto Siae, si utilizzino gli Nft servirà quindi adottare un registro specifico pubblico decentralizzato e trasparente che li rappresenti in modo da disporre di un’infrastruttura open a tutela del diritto d’autore, così come immaginato per il futuro da Siae.
L’obiettivo dovrebbe proprio essere una gestione più trasparente ed efficiente dei diritti stessi, nel loro “viaggio” tra chi fruisce del diritto (chi ascolta musica, per esempio) e chi di questo vive (l’autore); così dovrebbe anche cambiare il ruolo dei diversi attori nell’ecosistema dell’intermediazione di contenuti e diritti così come in tutta la supply chain dei diritti e dei contenuti con il relativo evolversi anche dei modelli di business.
Spiega Gaetano Blandini, direttore generale Siae: “Non siamo interessati a costruire infrastrutture tecnologiche dalle quali generare profitto, l’obiettivo è invece quello di creare valore aggiunto per i nostri iscritti. Per questo possiamo permetterci di parlare di infrastrutture open e mettere a disposizione della comunità tutto il nostro know how. La tecnologia blockchain è sicuramente un filone interessante da continuare ad esplorare per le sue caratteristiche di trasparenza ed efficienza, fondamentali per chi, come noi, gestisce i proventi del duro lavoro di altri”.
Il progetto partito dall’Italia sembra avere le carte in regola per essere ripreso anche a livello internazionale, facendo leva sulle caratteristiche delle tecnologie blockchain, scalabili per definizione. Perché l’idea possa effettivamente consentire di raggiungere i risultati sperati però servirebbe l’adozione massiva da parte di tutte le società di gestione collettiva a livello globale, possibilità effettivamente agevolata dalle scelte open operate fino a questo momento, a partire dalla gestione realmente decentralizzata dei metadati – fondamentale per una distribuzione corretta e trasparente dei diritti – fino alla possibilità di trasferire la gestione direttamente agli autori (o comunque agli aventi diritto), che potrebbero quindi detenere la governance stessa dei metadati relativi ai diritti sulle proprie opere. E’ evidente come “l’aggancio di una blockchain” di questo tipo alla gestione dei compensi tramite l’euro digitale potrebbe snellire una serie importante di processi, disintermediandoli in modo intelligente.
Algorand sfrutta un protocollo Proof of Stake (PoS) puro per garantire decentralizzazione, scalabilità e sicurezza, da qui la possibilità di gestire in modo affidabile metadati e transazioni e quindi di conseguenza i diritti. Non solo, rispetto alla complessità ed agli alti consumi richiesti dai sistemi cosiddetti Proof of Work, Algorand sceglie di basare la propria blockchain su un meccanismo più agile per cui i certificatori sono scelti casualmente, su base crittografica, tra tutti i nodi della blockchain, composti da coloro che detengono token Algo.
Si tratta pertanto di un modello nemmeno assimilabile a quelli Delegated Proof of Stake (Dpos), per cui si perde il vantaggio della neutralità rispetto a chi convalida le transazioni. Il sistema dell’azienda di Micali, considerata la velocità nella scelta del campione di token che devono confermare l’operazione, ed il tempo che occorre per farlo, tutela da una parte la possibilità di corruzione del dato, ma allo stesso tempo si rivela anche più sostenibile. Lo stesso Micali così commenta l’evoluzione dell’iniziativa: “Siae ha dato vita a un progetto ambizioso, dove la trasparenza e la semplicità nella gestione dei dati stanno diventando una nuova realtà per il loro settore, questo aprirà nuove opportunità per Siae, andando a creare le basi per nuovi modelli economici ]…[“.
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