A distanza di un anno, con la tempesta nel mezzo, la seconda edizione del monitoraggio di startup e Pmi innovative del settore Ict dà segnali incoraggianti che fa bene leggere. Una ricerca a doppia firma – Anitec-Assinform e Infocamere – focalizzata sulle performance economiche e finanziarie delle realtà innovative Ict (“Startup e Pmi Innovative Ict: Performance Economica”) che mette in evidenza un movimento in atto: continuano a nascere nuove realtà innovative Ict, nonostante la crisi innescata dal Covid-19, con una crescita demografica del +16,3% rispetto a febbraio 2021 (analisi a ottobre 2021).

Una percentuale che tradotta in numeri dice che ci sono 7.749 Pmi e startup innovative Ict oggi, contro le 6.663 di fine febbraio e che queste realtà – iscritte alla sezione speciale del Registro delle Imprese ai sensi del decreto-legge 179/2012 – rappresentano una quota significativa e costante pari al 49% del totale di tutte le startup e Pmi innovative in Italia (Ict e non-Ict). La metà del totale insomma, stando ai dati pubblicati il 12 novembre 2021 dal Mise che registra ben 14.032 startup innovative iscritte al registro delle imprese in Italia. 

Lo spaccato del mondo Ict

Guardiamo al settore Ict. Le 7.749 realtà innovative Ict sono nuove aziende che hanno saputo dimostrare una elevata capacità di adattamento ai cambiamenti repentini del mercato, con flessibilità nel definire nuovi modelli (tra cui anche lo smart working), con propensione al rischio, ottimo livello di competenze tecniche e informatiche, in uno scenario complessivo dove la mancanza di skill adeguati è preoccupazione diffusa tra tutti i Paesi. “Rispetto ai filoni di attività, si osservano dinamiche leggermente più positive per le startup e Pmi innovative in ambito AI, blockchain, cybersecurity, digital solution” evidenzia la ricerca, una vitalità che conferma la leva di innovazione data dalla tecnologia, in qualsiasi comparto produttivo.
Commenta Marco Gay, presidente dell’associazione confindustriale
: ”Startup e Pmi innovative possono muovere la trasformazione digitale tanto nel settore Ict quanto in settori produttivi tradizionali dove occorre innestare nuove energie e nuove competenze. La fucina di talenti di cui gode l’Italia e in particolare di giovani motivati e preparati è un punto di forza che dobbiamo valorizzare con determinazione”.

Anche le performance economiche-finanziarie sono incoraggianti. Se si paragonano da una parte le realtà innovative Ict con le realtà non-Ict si evince che le prime (4.537 startup e Pmi innovative Ict con bilancio depositato) hanno prodotto beni e servizi per un totale di 1,2 miliardi di euro, contro complessivi 1,5 miliardi di euro delle 4.863 realtà non-Ict. Il valore della produzione medio delle realtà Ict è pari a 263,3 mila euro (contro 310,6 mila euro) ma con valori medi più alti se l’analisi viene condotta per specifiche aree tecnologiche, o meglio: in ambito 4.0 (300,5 mila euro), Ict (299,8 mila euro), tecnologie digitali (293,3 mila euro) o tecnologie digital enabler (279,4 mila euro). “Gli indicatori di produttività confermano che la ricerca di vantaggio competitivo in mercati innovativi e tecnologicamente avanzati si traduce in livelli più elevati di produttività, con medie superiori nei filoni di attività 4.0 e altre tecnologie digitali, anche se complessivamente restano inferiori a media e mediana di startup e Pmi innovative nei settori non Ict, probabilmente a causa di tempi più lunghi di accesso ai mercati innovativi a elevato contenuto tecnologico o anche per la presenza di una quota maggiore di startup innovative in fase embrionale di sviluppo – sostiene la ricerca -. Come nel settore Ict complessivo, anche le dinamiche di crescita della produzione di startup e Pmi Ict sono solo parzialmente frenate dalla crisi economica associata al lockdown”.

Due tipi di indicatori vanno osservati: quelli di profittabilità e quelli di sostenibilità del business.
I primi, gli indicatori di profittabilità, rilevano che nei primi anni di attività queste aziende Ict hanno indici più bassi (a causa dei maggiori costi per addetto) ma il valore aggiunto della produzione è maggiore perché legato a mercati tecnologici avanzati (33,8 centesimi di valore aggiunto contro 22,2 centesimi nel segmento non-Ict). Rimane il fatto che le startup Ict hanno tempi più lunghi di accesso al mercato. Ma le 4.537 startup e Pmi innovative Ict con bilancio 2020 depositato hanno generato valore aggiunto per 406 milioni di euro, un valore superiore ai 332,8 milioni del segmento non-Ict.

I secondi, quelli di sostenibilità finanziaria, indicano un iniziale apparente squilibrio finanziario per le startup Ict, che solo con il tempo viene compensato al consolidarsi delle loro attività, nel medio e lungo periodo. Con indici di liquidità che migliorano con gli anni di attività anche se il rapporto tra debiti e mezzi propri rimane di equilibrio, ma “al limite“. Il ricavo per unità di investimento presso le startup o Pmi Ict è 0,3 contro lo 0,2 nel settore non Ict.
Ma importante è avere una vista allargata sull’azienda. “Una seconda caratteristica distintiva di startup e Pmi innovative è il valore elevato delle risorse immateriali (soprattutto brevetti, marchi, avviamento) che partecipano al raggiungimento del vantaggio competitivo aziendale. L’indice mediano è difatti pari a 1 presso startup e Pmi innovative Ict (0,8 non-Ict) e l’indice medio è pari a 0,7 (0,6 non-Ict)”.  Lo stesso Paolo Ghezzi, direttore generale di Infocamere, commenta: “Nel quadro generale di ripresa dell’economia italiana, l’ecosistema delle startup e Pmi innovative Ict si conferma un organismo vitale, capace di cogliere le opportunità offerte dalla spinta verso il digitale che sta attraversando la nostra società…. L’imprenditorialità innovativa si rivela centrale per intercettare bisogni e criticità e di conseguenza realizzare azioni capaci di agevolare la diffusione dell’innovazione tecnologica nel nostro Paese”.

Alziamo lo sguardo, oltre l’Ict

Due considerazioni alla luce di questi dati.
La prima allarga lo sguardo alle altre aziende innovative italiane.
Se guardiamo non solo alle startup e alle aziende innovative in ambito Ict, i dati del Mise ci dicono che queste realtà crescono su tutto il territorio nazionale (sono 14.032, +3,3% nell’ultimo trimestre), con la Lombardia che si conferma al timone (con 3.755 startup innovative pari al 26,8% del totale nazionale) e con Milano che gioca un ruolo importante (da sola pesa per il 18,8%). Seguono il Lazio (con 1.633, startup, il 11,6% del totale) e la Campania (con 1.245 startup, il 8,9% del totale), ma il primato per la maggiore densità di imprese innovative tocca al Trentino-Alto Adige, dove circa il 5,9% di tutte le società costituite negli ultimi 5 anni è una startup.
Aggiungo: il 75,2% delle startup innovative fornisce servizi alle imprese in settori digitali (37,9% nella produzione di software e consulenza informatica, 14,2% attività di R&S, 8,6% servizi d’informazione), minori le percentuali per il manifatturiero 16,4% e solo il 3,1% opera nel commercio. E ben 2.600 realtà (18,5% del totale) sono a prevalenza formate da under 35 (contro il 15,1% nelle nuove aziende non innovative).

La seconda allarga lo sguardo alle aziende internazionali. L’Italia sta di fatto cambiando approccio all’innovazione, come l’accelerazione alla digitalizzazione durante la pandemia conferma, da parte di tutte aziende (pubbliche spinte dal Pnrr e private, italiane e internazionali). Ma l’attenzione sulle realtà italiane deve rimanere prioritaria. Perché il salto digitale non sarà solo spinto dalle grandi multinazionali o dalle grandi aziende enterprise (che anche questa settimana hanno rimarcato la loro determinazione a investire in Italia, alcuni esempi, Microsoft per la sanità, Ntt con il piano di assunzioni e la nuova sede, Oracle con l’apertura della cloud region il 15 dicembre) ma anche dalle realtà innovative che premiamo imprenditorialità e coraggio.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Condividi l'articolo: