Lo scorso anno, a metà settembre, la presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, nel corso del suo discorso sullo stato dell’Unione ha definito la visione per una strategia europea sui chip. In quell’occasione si sottolineava la necessità di fare leva sulle capacità di ricerca dell’Europa e sul coordinamento degli investimenti dell’UE e delle singole nazioni con l’idea di basarsi sui punti di forza dei Paesi dell’Unione per sviluppare un ecosistema per la produzione dei semiconduttori e puntare su una supply chain resiliente. Oggi la Commissione, con lo European Chips Act, propone le misure necessarie per prepararsi, anticipare e rispondere ai problemi futuri di chip shortage che in passato hanno già messo in difficoltà diversi verticali, non ultimo quello della produzione automobilistica, calata in alcuni Paesi membri di circa un terzo nel corso del 2021 e non in grado di soddisfare in tempi ragionevoli la domanda.
I chip rappresentano, infatti, una risorsa strategica non solo per il cloud, i supercomputer e per alimentare i data center delle aziende, ma anche per la mobilità, i progetti IoT, per la connettività. Questo vale in ogni verticale industriale, ed in futuro sempre di più anche nei progetti di ricerca relativi all’esplorazione dello spazio.
A distanza di pochi mesi, la Commissione propone quindi all’esame del Parlamento una serie completa di misure per “garantire la sicurezza dell’approvvigionamento, la resilienza e la leadership tecnologica dell’UE nell’ambito delle tecnologie e delle applicazioni dei semiconduttori”. Le misure contenute nel Chips Act aiuteranno l’Europa a conseguire gli obiettivi del decennio digitale per il 2030 che prevedono anche il raggiungimento di una quota di produzione dei chip interna all’Unione pari al 20% entro il 2030 (oggi è della metà, circa il 10%).
Con l’approvazione del Chips Act si vuole rafforzare la competitività dell’UE nei confronti soprattutto dei Paesi asiatici e degli Usa senza dimenticare di puntare alla realizzazione degli obiettivi di transizione ecologica, anch’essi in agenda.
Nel corso dell’ultimo anno e mezzo, infatti, si è resa evidente l’estrema dipendenza della catena del valore dei semiconduttori da un numero molto limitato di operatori in un contesto geopolitico complesso. “I chip sono necessari per le transizioni verde e digitale e per la competitività dell’industria europea – spiega Margrethe Vestager, executive VP della Commissione Europea –. La sicurezza dell’approvvigionamento non dovrebbe dipendere da un solo Paese o da un’unica impresa. Dobbiamo fare di più insieme – nel campo della ricerca, dell’innovazione, della progettazione e degli impianti di produzione – per garantire che l’Europa sia un attore chiave più forte nella catena del valore globale. Ciò andrà anche a vantaggio dei nostri partner internazionali. Lavoreremo con loro per evitare futuri problemi di approvvigionamento”.
La legge mobilita oltre 43 miliardi di euro di investimenti pubblici e privati. Anche se di fatto si tratta di soli altri 15 miliardi oltre a quelli già previsti da Next Generation Eu, da Horizon Europe e dai bilanci dei diversi Paesi (circa 30 miliardi, appunto).
Chips Act stabilisce le misure per prepararsi a eventuali future perturbazioni delle supply chain, per prevenirle ed attutirne gli effetti in collaborazione tra gli Stati membri e i partner internazionali. Si punta in particolare sull’ecosistema di organizzazioni e reti di ricerca, sulle tecnologie di livello mondiale, già presenti in Europa, e sulle sedi di produzione presenti e che verranno create. E non si tratta solo di disporre delle capacità necessarie per alimentare la ricerca e la tecnologia, ma anche di alimentare quelle per la progettazione, la fabbricazione ed il packaging di chip avanzati, in modo da ridurre le dipendenze.
I principi chiave del Chips Act
Tre i cardini alla base del Chips Act: l’iniziativa Chips for Europe (1), un quadro di norme per garantirsi la sicurezza dell’approvvigionamento (2); un sistema di coordinamento tra i Paesi membri e la Commissione per monitorare l’approvvigionamento dei semiconduttori, stimare la domanda e anticipare le carenze, attraverso la raccolta di informazioni chiave in modo da riuscire a coordinare le azioni ed attivare un pacchetto di strumenti di emergenza in caso di crisi (3).
Per quanto riguarda invece i primi due pilastri: Chips for Europe, punta a mettere in comune gli sforzi come il ri-orientamento strategico dell’attuale impresa Tecnologie Digitali Fondamentali. Può contare su circa 11 miliardi di euro per ricerca, sviluppo e innovazione disponibili anche per la realizzazione di prototipi, la sperimentazione e il test di nuovi dispositivi per applicazioni della vita reale innovative, ma serviranno anche per formare competenze e sviluppare una comprensione approfondita dell’ecosistema e della catena del valore dei semiconduttori.
Per quanto riguarda invece le criticità delle supply chain, Chips Act punta ad attrarre investimenti per rafforzare la capacità di produzione, ma sono previste risorse anche per consentire alle startup l’accesso a finanziamenti necessari per la maturazione delle loro iniziative. In particolare attraverso un fondo con uno strumento per gli investimenti in equity per i semiconduttori nell’ambito di InvestEU che dovrebbe consentire a scale-up e Pmi di espandersi gradualmente sul mercato.
Significativo a questo proposito l’intervento di Thierry Breton, commissario per il mercato interno, che specifica: “Con la legge europea sui semiconduttori rafforzeremo la nostra eccellenza nella ricerca e la aiuteremo a passare dal laboratorio alla fabbrica“. Obiettivi ambiziosi, per i quali probabilmente non saranno sufficienti i miliardi di euro disponibili, considerato come gli investimenti dei Paesi produttori più avanzati sono già oggi, in diversi casi nettamente superiori. Basta citare gli Usa (con investimenti per quasi 100 miliardi), la Corea del Sud e il Giappone che prevede addirittura 450 miliardi di dollari tra investimenti e agevolazioni fiscali per i prossimi dieci anni.
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