Buon anno, ripartono gli editoriali e le newsletter settimanali di Inno3 per fare il punto sulle notizie tecnologiche che, con le loro implicazioni e sviluppo, impattano su mercato e società.
L’attenzione degli ultimi giorni su vicende con forti risvolti politici legati all’imminente insediamento di Donald Trump come presidente degli Stati Uniti – il ruolo di Elon Musk, la diffusione di Starlink, l’abolizione del fact checking dalle piattaforme di Meta in Usa – è un elemento che conferma il peso crescente delle tecnologie digitali, del loro impatto su relazioni geopolitiche, notizie, diritti, strategicità di infrastrutture digitali, sicurezza.
In uno scenario in cui il digital divide tra i paesi rimane la questione più urgente da sanare, amplificata dai risvolti legati allo sviluppo dell’intelligenza artificiale (presenza indiscussa in tutti gli annunci delle aziende al Ces, la più grande kermesse dedicata alla tecnologia che si è appena tenuta a Las Vegas), anche il World Economic Forum alza l’allerta sulle implicazioni della tecnologia. “Tendenze come l’intelligenza artificiale generativa e i rapidi cambiamenti tecnologici stanno sconvolgendo settori e mercati del lavoro, creando sia opportunità senza precedenti che rischi profondi – ha affermato Till Leopold, responsabile lavoro presso il World Economic Forum -. È giunto il momento che aziende e governi collaborino, investano in competenze e costruiscano una forza lavoro globale equa e resiliente”.
Lo spunto è dall’ultimo rapporto del World Economic Forum – Future of Jobs 2025 – che annovera la tecnologia come il primo dei cinque trend che rimodelleranno il mercato del lavoro globale entro il 2030: cambiamenti tecnologici seguiti da frammentazione geopolitica, incertezza economica, cambiamenti demografici e transizione verde. Tendenze (raccolte da oltre mille interviste a datori di lavoro rappresentativi di 14 milioni di lavoratori in 22 settori industriali e 55 economie mondiali) che andranno ad influenzare la distribuzione, la creazione di nuovi lavori, l’evoluzione delle competenze.
E che saranno responsabili dell'”interruzione” del 22% dei posti di lavoro esistenti entro il 2030 e di 92 milioni di licenziamenti (pari all’8% degli attuali posti di lavoro). Ma anche della creazione di 170 milioni di nuovi ruoli (pari al 14% dell’occupazione attuale) che andranno a compensare le perdite con un conseguente aumento netto di 78 milioni di posti di lavoro entro il 2030 (+7%).
L’altalena delle competenze
Il 40% delle competenze attuali sono destinate a cambiare secondo il Wef e saranno richieste competenze tecnologiche in intelligenza artificiale, big data e sicurezza informatica pur rimanendo fondamentali pensiero creativo, resilienza, flessibilità. “Una combinazione di entrambi i tipi di competenze sarà sempre più cruciale in un mercato del lavoro in rapida evoluzione – continua il report -. Entro il 2030, i ruoli in prima linea e i settori essenziali come l’assistenza e l’istruzione sono destinati a registrare la crescita occupazionale più elevata, mentre i progressi nell’intelligenza artificiale e nelle energie rinnovabili stanno rimodellando il mercato, determinando un aumento della domanda per molti ruoli tecnologici o specialistici e un calo per altri, come i grafici”.
I ruoli di lavoro in prima linea con una maggiore crescita in termini assoluti di volume saranno agricoltori, conducenti addetti alle consegne, operai edili, venditori e operai dell’industria alimentare. Oltre ai profili legati al mondo delle cure (infermieri, assistenti personali), all’istruzione (insegnanti) e alla tecnologia (come già detto, specialisti di big data, AI, ingegneri fintech, sviluppatori di software). Per la transizione energetica, si cercheranno specialisti in veicoli autonomi ed elettrici, ingegneri ambientali e ingegneri delle energie rinnovabili. Tra i ruoli in rapida diminuzione figurano addetti ai servizi postali, cassieri bancari e addetti all’inserimento dati (lascio all’immagine a pie’ pagina tutti i dettagli).
Focalizziamoci su digitale e AI
Guardiamo al digitale. Per il 60% dei datori di lavoro l’accesso alle tecnologie determinerà i cambiamenti più importanti, in modo particolare guidati da intelligenza artificiale ed elaborazione delle informazioni (86%), robotica e automazione (58%), generazione, immagazzinamento e distribuzione di energia (41%). Questo approccio spingerà il 39% delle competenze principali dei lavoratori a cambiare entro il 2030, richiedendo un forte lavoro in tutti i settori e aree geografiche.
“L’intelligenza artificiale sta rimodellando i modelli aziendali, con metà dei datori di lavoro a livello globale che pianificano di riorientare la propria attività per puntare a nuove opportunità derivanti dalla tecnologia – insiste il report -. La risposta più comune della forza lavoro a questi cambiamenti dovrebbe essere quella di migliorare le competenze dei lavoratori, con il 77% dei datori di lavoro che pianifica di farlo. Tuttavia, il 41% prevede di ridurre la propria forza lavoro poiché l’intelligenza artificiale automatizza determinate attività. Quasi la metà dei datori di lavoro prevede di trasferire il personale da ruoli esposti all’interruzione dell’intelligenza artificiale ad altre parti della propria attività, un’opportunità per alleviare la carenza di competenze riducendo al contempo il costo umano della trasformazione tecnologica”.
Incertezza economica, demografica e climatica
L’aumento del costo della vita (nonostante la prevista riduzione dell’inflazione globale), accanto alle preoccupazioni legate al rallentamento economico generale, fa sì che il 42% delle aziende preveda di trasformarsi, una tendenza che secondo il Wef porterà a un aumento della domanda di pensiero creativo e di agilità. “Secondo le previsioni, l’inflazione avrà un impatto contrastante sulla creazione netta di posti di lavoro fino al 2030, mentre si prevede che il rallentamento della crescita provocherà la perdita di 1,6 milioni di posti di lavoro a livello globale”.
Nello stesso modo i cambiamenti demografici dovuti all’invecchiamento della popolazione (prevalentemente nei paesi ad alto reddito) spingeranno la domanda di ruoli sanitari e la crescita delle professioni educative (quest’ultime prevalentemente nei paesi a basso reddito). Così come l’attenzione al cambiamento climatico impatterà sulla trasformazione delle aziende per il 40% dei datori di lavoro.
Le tensioni geopolitiche concorreranno a ridefinire il modello di business per il 34% delle aziende entro il 2030, soprattutto per quelle realtà che hanno relazioni commerciali molto forti con Usa e Cina (per il 23% dei datori di lavoro le restrizione commerciali condizionano l’attività), spingendo a ridefinire strategie di offshoring e reshoring (in crescita) oltre che la formazione di profili dediti alla cybersecurity e alle gestione delle reti.
Post Scriptum
Lascio i dati del World Economic Forum e torno all’incipit del pezzo con un cenno alla cronaca recente. Trovo che questo commento su Linkedin di Stefano Epifani – presidente per la Fondazione Sostenibilità digitale – sia un trade d’union perfetto tra i fatti di queste prime settimane del 2025 e il digital divide mostrato dal Wef, da sanare. Senza arrivare a compromessi.
“Non c’è sviluppo (che sia sociale o economico) senza infrastrutture digitali pervasive e sicure. La questione del superamento del digital divide rappresenta oggi uno dei punti chiave per garantire uno sviluppo sostenibile e inclusivo, soprattutto se si guarda alle aree interne. Affidarci esclusivamente ai sistemi wireless (Starlink, ndr) non è sufficiente: le tecnologie wireless, pur essendo fondamentali, non garantiscono da sole né stabilità né ampiezza di banda adeguata a supportate lo sviluppo di servizi avanzati.
In questo contesto, soluzioni come Starlink sono un palliativo nel breve periodo, ma non sono la risposta strutturale di cui abbiamo bisogno. Per due emotivi principali: uno tecnico e uno politico. Tecnico, la disponibilità di banda satellitare non è comparabile con quella delle reti in fibra ottica. Politico, le infrastrutture digitali sono strategiche, affidarle a operatori privati globali significa perdere sovranità su un elemento cruciale per la nostra sicurezza e il nostro sviluppo”. Credo non potesse dirlo meglio.
© RIPRODUZIONE RISERVATA