Si è tenuta a Parigi la scorsa settimana (10 e 11 febbraio) la terza edizione del Summit europeo sull’AI, nel momento “perfetto” della tempesta americana che in una ventina di giorni ha tremato per l’arrivo sul mercato dell’AI cinese di DeepSeek, ha visto Elon Musk avanzare una offerta da 97,4 miliardi di dollari per acquisire gli asset no profit di OpenAI (respinta all’unanimità dal consiglio di amministrazione), per non parlare della cascata di investimenti annunciati dalla nuova amministrazione americana nel mese di gennaio (500 miliardi di dollari per nuovi data center legati al progetto Stargate).

Ed è durante questa tempesta perfetta – con Usa e Cina agguerrite nel contendersi lo sviluppo tecnologico dell’AI – che l’Europa ha dichiarato importanti investimenti per rimarcare un proprio ruolo tecnologico nel campo dell’intelligenza artificiale, smarcandosi dalla nomea di “regolamentatore” tra le parti, nonostante l’evidenza, e Gdpr e AI Act abbiano fatto scuola.

Il Summit è stato un momento per calare sul banco le carte europee che verranno giocate nei prossimi anni (dal cambio di nome, non più AI Safety Summit dell’edizione 2024 di Seul ma AI Action Summit) per imprimere una maggiore concretezza al piano di “azione” dell’AI, mettendo sul piatto complessivamente più di 450 miliardi di euro, a pochi giorni dalla presentazione dell’EU Competitiveness Compass (29 gennaio 2025) da parte della Commissione europea. Un documento che raccoglie le raccomandazioni del Piano Draghi e detta le linee per migliorare la competitività dell’Europa nei prossimi anni, colmando anche il ritardo significativo nello sviluppo e nell’adozione dell’AI rispetto ai due colossi mondiali.

Investimenti in tre iniziative

Guardiamo al Summit, con la sensazione che i paesi si muovano a velocità diverse e con alcune preoccupazioni.Tre iniziative si spartiranno massicci investimenti dedicati all’AI. La prima è francese da 109 miliardi di euro; la seconda è europea, guidata da un fondo e dalla Germania, da 150 miliardi di euro; la terza è europea per un partenariato pubblico privato da 200 miliardi di euro, che attinge in parte a finanziamenti già stabiliti da altri programmi comunitari. Per un totale di 459 miliardi di euro nei prossimi anni.  

Nello specifico.
1 – Gi investimenti in Francia destinano 109 miliardi di euro nei prossimi 5 anni alla costruzione di data center, facendo leva sull’infrastruttura di centrali nucleari già esistente per la fornitura di energia e sugli investimenti stranieri, soprattutto provenienti dal medio oriente.

2 – Gli investimenti europei si concretizzano in due iniziative.
La prima è la EU AI Champions Initiative che metterà sul piatto 150 miliardi di euro, guidata dal fondo General Catalyst con più di 60 aziende europee intenzionate ad investire sull’AI anche con il supporto di grandi colossi industriali ed economi (come Siemens, Renault, Volkswagen). Ma, tra queste, non c’è nessuna azienda italiana purtroppo, una mancanza che allarma se si pensa che alcuni grandi gruppi, come Stellantis, hanno stipulato contratti per finanziare startup in altri paesi. Italia assente.

3 – La seconda è InvestAI, con l’obiettivo di raccogliere 200 miliardi di euro per investimenti in intelligenza artificiale (50 miliardi da fondi pubblici europei, 150 miliardi dal settore privato) a partire dalla creazione di un nuovo fondo europeo da 20 miliardi di euro per realizzare quattro future giga-factory di AI, con una infrastruttura computazionale avanzata per addestrare modelli Llm indirizzati allo sviluppo di settori importanti, come la sanità. Nuovi Cern? Una iniziativa che secondo la Commissione Europea potrà dare vita a una partnership pubblico-privato, offrendo capacità di calcolo per lo sviluppo di modelli anche ad aziende di medie dimensioni. Ma il fatto che parte del finanziamento di InvestAI arrivi da programmi europei già esistenti (come InvestEu o Europa Digitale) apre dubbi su come e quali fondi verranno dirottati sull’AI da quelli destinati alla transizione digitale.

Importante la firma, a conclusione dell’evento, della dichiarazione congiunta per una intelligenza artificiale inclusiva, aperta, etica e sicura (Statement on Inclusive and Sustainable Artificial Intelligence for People and Planet). Per stabilire una solida governance dei dati e dell’AI, condividere le informazioni, monitorare gli impatti tecnici e sociali dell’intelligenza artificiale, incoraggiare l’innovazione con attenzione a persone e sicurezza. Sessantuno paesi la hanno sottoscritta (tra cui Cina, India, Giappone, Canada, Irlanda). Due no: Stati Uniti e Regno Unito. La dice lunga sulle strategie  future.

Ma l’Italia?

Mi porto a casa da Parigi gli investimenti europei in arrivo e l’impegno per una AI inclusiva, aperta, etica e sicura, ma non riesco a scrollarmi l’idea che si viaggi a velocità diverse e l’Italia sia ancora nelle retrovie, perché fa male vedere che non ci siano aziende italiane nella EU AI Champions Initiative, nonostante Alessio Butti, sottosegretario con delega all’innovazione, confermi che “l’Italia sta finalmente recuperando il tempo perso nell’AI” citando i progetti che hanno visto la collaborazione pubblico privato, realizzati da iGenius (Colosseum 355B) o da Almaware (Velvet), o il fatto che l’Italia sia al terzo posto nella classifica dei Top500 supercomputer a livello mondiale.

L’attenzione suscitata nelle ultime settimane da Vitruvian-1, il modello di AI realizzato da Asc27 che dall’Uomo Vitruviano di Leonardo prende il nome, è un altro eccellente caso di potenzialità. Ma perché i modelli linguistici italiani scalino (come quelli francesi, vedi Mistral AI, o altri), la gestione europea delle risorse rimane strategica. Proprio in ottica di apertura, cooperazione e condivisione di programmi e talenti.

La presidentessa della commissione europea, Ursula von der Leyen, non si dice d’accordo sull’idea che l’Europa sia in ritardo rispetto a Stati Uniti e Cina nella corsa all’AI, pur affermando che “l’Europa è solo all’inizio del percorso”. Vedremo se i finanziamenti e le iniziative presentate a Parigi smuoveranno il terreno velocemente. 

Fino ad oggi il 73% dei modelli di AI è stato sviluppato negli Stati Uniti, e se si guardano gli investimenti destinati all’AI, le startup americane raccolgono il 61% degli investimenti globali, contro il 6% delle europee e il 17% delle cinesi. Siamo ancora lontani dall’obiettivo ambizioso fissato dall’Europa di avere il 75% delle aziende con l’AI integrata nei loro processi produttivi entro il 2030. Oggi lo ha fatto solo l’11%.

Prossimo AI Action Summit 2026 in India

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