A più di un anno dall’ultimo faccia a faccia con Michele Zunino, amministratore delegato di Netalia, service provider italiano di cloud pubblico nato nel 2010, la strategia dell’azienda si conferma invariata nonostante il contesto di mercato sia andato via via complicandosi per gli scenari geopolitici ma anche per gli investimenti dei grandi cloud provider internazionali nel nostro Paese, con l’apertura delle rispettive cloud region. 

L’azienda – cresciuta nel giro d’affari dai 5,5 milioni di euro del 2023 agli 8,2 milioni di euro del 2024 – porta avanti una proposta di cloud sovrano rivolta in particolare alle medie aziende dei settori regolamentati. Confermati i principi ispiratori “ideologici” di un cloud nazionale con interesse europeo, per offrire un’alternativa italiana ai grandi hyperscaler che si spartiscono il mercato. “Frenare l’invasione delle big tech è alla base della strategia della nostra azienda da quando è nata – esordisce Zunino incontrato di recente a Milano  -, perché credo che la scelta di un cloud provider nazionale sia strategica soprattutto in questa nuova fase di equilibri geopolitici innescati dal nuovo corso dell’amministrazione Trump, che ha alzato le antenne non tanto ai tecnologi ma ai risk manager delle aziende”.

Sovranità dei dati

Non è un tema nuovo quello della sovranità del cloud, “se ne parla da una quindicina d’anni oramai” incalza, ma è nuova secondo Zunino la percezione che se ne ha, soprattutto alla luce delle nuove politiche sui dazi nella attuale fase di de-globalizzazione, confermando che le tecnologie digitali e il controllo dei dati rappresentano aree cruciali di scontro. “Le tecnologie digitali più in vista come AI e robotica vengono gestite nel cloud. Ma c’è ancora un grosso sforzo da compiere a livello di consapevolezza su come opera il cloud delle big tech in Europa. Io penso che per le aziende italiane non sia una strada obbligata affidarsi a loro anche se, insieme, i grandi hyperscaler detengono la quasi totalità del mercato e hanno riversato ingenti investimenti nella realizzazione di data center nel nostro Paese mantenendo però il controllo all’estero. Un approccio che non fa parte del mio patrimonio culturale. Ci sono piccole e medie aziende italiane, cloud provider locali, software vendor e system integrator che formano un ecosistema italiano di valore che rischia, senza una politica adeguata di sostegno, di agire in solitudine”.

Dettaglia. “Il mercato del cloud in Italia oggi vale 6,5 miliardi di euro, di cui circa la metà è legata al mondo del Software as a Service. Di questi 3,5 miliardi, la spesa riconducibile agli operatori di mercato nazionali è inferiore ai 100 milioni. Non ha per questo nessun senso pensare di arginare i grandi cloud provider internazionali che tecnologicamente offrono servizi superiori ai nostri, ma credo che ci sia la possibilità di costruire una cultura nelle aziende italiane perché possano credere nei vantaggi di una filiera locale. Attenta alla proprietà intellettuale dei progetti, ai dati mantenuti nel perimetro nazionale, soprattutto se si tratta di aziende che lavorano in ambiti sensibili come la cybersicurezza o la sanità”. 

La repatriation come opportunità

I costi del cloud hanno innescato un altro fenomeno da tenere sott’occhio, soprattutto per le medie aziende. Quello della repatriation dal cloud pubblico, un tema di attenzione non banale se le aziende vogliono essere competitive, aggiornate dal punto di vista tecnologico, nel rispetto dei nuovi regolamenti di compliance. “Spesso c’è anche un problema di mancanza di competenze e di persone per chi vuole riportare in ambito privato i dati in precedenza sul cloud pubblico dei grandi hyperscaler. Dal mio punto di vista, servirebbero soggetti che facciano da aggregatori della repatriation, e cioè un insieme di cloud provider locali nazionali o sovranazionali, che accompagnino le aziende nella valutazione del cloud in perimetri controllati”.

Perimetri che l’Europa stessa dovrebbe essere in grado di garantire, ma la posizione di Zunino è critica. “Non credo che una strategia europea si faccia top-down: dal mio punto di vista si costruisce bottom-up, deve cioè partire dai soggetti nazionali che devono essere in grado di consorziarsi o federarsi. Il fatto che ci sia qualcuno che è a Bruxelles definisca delle regole, che poi impone, non funzionerà mai. Lo hanno dimostrato una serie di iniziative che non hanno avuto l’esito sperato come Gaia-X“.

Il legame tra AI e cloud 

L’AI sta trasformando radicalmente il nostro mondo, dalla sanità all’industria, passando per l’intrattenimento. “E’ affogata in ogni cosa e le grandi piattaforme ne trarranno i maggior benefici – sostiene Zunino -. Il tema vero è come regolamentarla. Ma mentre raccogliamo i frutti di questa rivoluzione tecnologica, emergono interrogativi sempre più pressanti. Ignoro gli sviluppi futuri, con l’accelerazione che l’AI sta avendo ma sicuramente avrà un impatto su tutto. Al momento la osservo ma Netalia non investe nella realizzione di modelli Llm perché non è il nostro mestiere e non intende farlo”.

Michele Zunino, AD di Netalia
Michele Zunino, AD di Netalia

L’approccio rimane anche per l’AI di ecosistema: “Se chi sviluppa gli Llm mi chiede supporto dal punto di vista delle infrastrutture, questo lo posso offrire. Ma il mio interesse si ferma lì, nell’ambito delle mie competenze, cioè le infrastrutture a supporto dell’AI che sono diventate il fondamento dell’economia e della società dell’informazione. Perché garantiscono la raccolta e la diffusione dell’informazione arricchendo quelle esistenti. E’ fondamentale che il loro sviluppo sia guidato da principi etici e sostenibili. Il modello di Netalia si basa su un principio di sostenibilità della trasformazione digitale, in grado di rendere la tecnologia meno neutrale rispetto a ciò che gestisce”.

Il progetto ligure

Un progetto a cui ha collaborato Netalia per lo sviluppo dell’infrastruttura è quello di Mermaid-AI,  una piattaforma di tele assistenza marittima basata su tecnologie satellitari, intelligenza artificiale e realtà aumentata, che è stata selezionata dall’hub di innovazione Raise (Robotics and AI for Socio-economic Empowerment). Realizzata grazie ai fondi del Pnrr insieme a Innonation (system integrator che raccoglie i dati di bordo grazie a dispostivi Iot), Porto Antico di Genova (che coordina la validazione dei risultati), Teseo (specializzata in soluzioni AI e Iot di assistenza sanitaria).

Mermaid-AI è una piattaforma di teleassistenza sanitaria in mare
basata sul supporto di un visore dotato di dispositivo di realtà aumentata per l’operatore a bordo in contatto con il personale sanitario a terra, un kit di sensori per monitorare i parametri vitali del paziente in nave, algoritmi di e-triage e self-care assistiti da intelligenza artificiale e teleconsulto satellitare specialistico multilingue, erogato 24/7 da strutture sanitarie convenzionate. Un progetto in cui Netalia ha realizzato l’infrastruttura cloud di connessione nave-terra per assicurare l’integrazione e la sicurezza dei dati personali.

Strategia 2025

La strategia di Netalia è consolidare la posizione di cloud provider all’interno del mercato nazionale, operandosi perché il legislatore si renda conto della criticità e della diversità dei soggetti locali che operano sotto il cappello cloud, pur essendo realtà profondamente diverse, da chi costruisce i data center (società di real estate) a chi li gestisce.Credo molto a un ecosistema di aziende che collaborano tra loro, mantenendo però una forte identità sulle competenze specifiche rimarca Zunino –. Quindi bene che ci sia chi costruisce i data center, bene che ci sia chi li gestisce, chi sviluppa le applicazioni. Ma il cloud provider è diverso da tutti questi soggetti che tra di loro devono collaborare per rendere competitiva l’offerta cloud sul mercato, che rimane distribuita, pagabile a consumo e immediatamente disponibile”.

Da qui un tema del rispetto dei ruoli molto sentito. “Una software house non si può inventare di essere un cloud provider, non è possibile che le aziende cerchino di fare tutto, di presidiare l’offerta end to end. Bisogna invece trovare un modello collaborativo di ecosistema nel quale è chiaro qual è il ruolo di ciascuno. Il fatto di creare incontri, creare consapevolezza, rimane alla base”.

Obiettivo 2025 superare i 10 milioni di euro di fatturato, con una focalizzazione sui mercati “più consapevoli” (difesa, spazio, energia, sanità, pharma) dove c’è una maggiore attenzione.  “Noi operiamo però in modo trasversale rispetto ai mercati, siamo un enabler tecnologico, garantendo un cloud con garanzie di affidabilità, disponibilità e compliance. Riusciamo a calibrare la corretta interpretazione tra esigenza del cliente e tecnologia, ci rivogliamo a chi fa consulenza o software a valore. L’affidabilità per noi è il prerequisito”.

Il Consorzio Italia Cloud

L’affidabilità è un tema sul quale dibatte anche il Consorzio Italia Cloud, nato nel 2021, di cui Zunino è presidente, che di recente a Roma ha organizzato  “I dati tra le nuvole”, un confronto tra industria, politica e accademia sul futuro dell’innovazione digitale in Italia, coinvolgendo cloud provider italiani, grandi integratori, aziende attive nella filiera del cloud computing, quali Isv, Msp, system integrator, software house e telco.

“Lo stimolo dell’incontro è la convinzione, radicata nella missione stessa del Consorzio, che serva una cooperazione strutturata tra politica, industria, accademia e centri R&D per affrontare insieme le sfide di mercato. E che, oggi più che mai, innovazione e interesse nazionale possano e debbano camminare insieme –  precisa Zunino nei panni di presidente ribadendo -: “Chi controlla il cloud riesce a controllare i mercati, le persone e le stesse istituzioni. Sul cloud si riversano tutte o quasi le attività di rete e le azioni industriali e produttive delle filiere dell’innovazione. Se il controllo del cloud rimane nelle mani di soggetti esteri, il Paese vede minati i propri interessi nazionali”.

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