Nel settore broadcasting e media, la pressione e l’urgenza di innovare sono temi importanti che incontrano la sensibilità dei board. La necessità di contenere i costi operativi e l’urgenza di monetizzare meglio contenuti e audience, trovano nell’intelligenza artificiale una leva strategica per trasformare modelli di business e processi. Riccardo Ferrari, Head of Telco & Media di NTT DATA Italia, analizza le sfide principali del settore e spiega come soluzioni data-driven e AI stiano ridefinendo efficienza operativa, customer experience e opportunità di crescita.
Qual è il profilo dei vostri clienti nel settore broadcasting e streaming, e quali sono le principali sfide che affrontano oggi?
Lavoriamo con un ecosistema molto variegato: dalle major broadcaster tradizionali che stanno digitalizzando il loro business, ai pure-player OTT (Over The Top, Ndr.) che nascono nativamente digitali, con business model diversi – che spaziano da quelli full-advertising ai subscription premium, fino ai player ibridi che combinano entrambi gli approcci. Tuttavia, possono essere individuate due macro-tendenze che accomunano tutti i nostri clienti. La prima è quella relativa alla pressione sui costi operativi: i player hanno la necessità di ottimizzare processi molto human-intensive, mentre affrontano costi crescenti di storage, cloud e distribuzione dei contenuti streaming. La seconda è l’urgenza di sviluppare nuovi revenue stream: in un mercato sempre più frammentato, devono offrire contenuti iper-personalizzati sui dispositivi giusti al momento giusto, accelerando drasticamente il time-to-market per audience sempre più “volatili”. Ed è qui che l’AI diventa strategica non come tecnologia fine a se stessa, ma come digital enabler per la trasformazione del business model, riducendo i colli di bottiglia operativi, generando metadati ricchi, in grado di trasformare archivi ‘dormienti’ in asset monetizzabili, e abilitando decisioni data-driven su packaging e distribuzione dei contenuti. L’AI può quindi avere un impatto importante sulla bottom line e la top line, a condizione di disporre di dati strutturati e di qualità, altrimenti l’AI rimane solo una promessa tecnologica.
Come si concretizza l’approccio data-driven nel broadcasting? Quali sono le specificità rispetto ad altri settori?
La peculiarità di questo settore è che i dati di maggior valore sono letteralmente “nascosti” all’interno dei contenuti multimediali. A differenza di quanto accade nel settore e-commerce o nel finance, dove i dati sono già strutturati, nel broadcasting è necessario estrarre intelligence da migliaia di ore di video e audio.
Tale estrazione di dati – come identificare persone, località, sentiment, topic e strutture narrative è sempre stata molto time-consuming, oggi con l’evoluzione dall’AI tradizionale, il passaggio da computer vision e speech-to-text, verso LLM e VLM ha rivoluzionato questo processo. Ed è possibile automatizzare la metadatazione su scala industriale. Il tracciamento dei comportamenti degli utenti, che di fatto è un altro livello di possibile analisi dei dati, e altrettanto importante; consente di analizzare micro-comportamenti, quando un utente salta una scena, riavvolge, cambia dispositivo, e quindi capire non solo cosa funziona, ma perché funziona, così da tracciare il cross-platform journey completo sui canali digitali: su TV tradizionale, come su Connected TV, sulle app del broadcaster come sui social, nei long-form come negli short-form video. L’obiettivo è trasformare i dati in un motore di crescita: combinando ciò che sappiamo sui contenuti e come gli utenti li consumano, è possibile generare strategie concrete per incrementare viewing time, ridurre churn e incrementare ricavi.
Concentrandoci sull’efficienza operativa, dove vedete il maggior impatto dell’AI sui costi?
Il valore più immediato lo vediamo nell’automazione dei processi della content supply chain che oggi sono molto human-intensive. Dal Quality Control automatizzato, dove l’AI verifica la qualità tecnica dei contenuti, identifica problemi audio/video, gestisce compliance, al routing automatico verso la CDN più adatta, fino alla post-produzione automatizzata come, per esempio, la metadatazione massiva, generazione automatica di sottotitoli multilingua, descrizioni audio per non vedenti e altri contenuti per l’accessibilità. Processi che richiedevano settimane, oggi si completano in ore.

Ma anche la Content Production beneficia dell’AI. Per esempio nell’ambito delle Original Series, l’analisi predittiva degli script, basata su performance storiche e trend di mercato, ottimizza budget e casting, riducendo il rischio di investimenti sbagliati. L’AI-assisted editing taglia drasticamente i tempi di montaggio. Altro esempio concreto: la generazione automatica di Highlights sportivi, trailer personalizzati e clip promozionali. L’AI identifica automaticamente i momenti più coinvolgenti, crea sequenze narrative coerenti e adatta durata e formato alle diverse piattaforme digitali. Quello che prima richiedeva team di editor specializzati per selezionare contenuti, ricercare negli archivi e montare sequenze, ora viene automatizzato, permettendo ai professionisti di concentrarsi sulle attività a valore aggiunto.
L’impatto sulla bottom line è tangibile: riduciamo significativamente i costi operativi e contemporaneamente aumentiamo qualità e velocità di esecuzione.
Sul fronte della crescita dei ricavi, come l’AI può contribuire alla top line?
L’AI sta ridefinendo il Customer Value Management su diverse dimensioni chiave. La prima è la personalizzazione predittiva. Invece di aspettare che gli utenti cerchino contenuti, l’AI anticipa le preferenze individuali. Non parliamo solo di raccomandazioni, ma di esperienze completamente personalizzate sui contenuti come sulla pubblicità mostrata. Il futuro è la personalizzazione 1-to-1 che aumenta il viewing time e riduce il churn. La seconda dimensione chiave è il pricing dinamico intelligente: sistemi AI che analizzano la propensione al pagamento, i comportamenti di consumo e la sensibilità al prezzo per ottimizzare tariffe e bundling in real-time.
Terza dimensione sotto la lente è l’audience expansion strategica. Si tratta di combinare look-alike-modeling (identificazione di segmenti con caratteristiche simili ai clienti più “preziosi”) e content DNA analysis (l’analisi delle caratteristiche di ogni contenuto per generare il relativo «DNA») per scoprire segmenti ad alto valore e audience di nicchia che altrimenti rimarrebbero invisibili. I risultati?
Monetizzazione di contenuti d’archivio per nuove audience identificate, aumento significativo del viewing time e incremento dei ricavi sia da pubblicità che da abbonamenti.
Quali sono le innovazioni più promettenti che state sviluppando per questo settore?
La nostra soluzione di Video AI Analysis analizza il contenuto di un video, generando metadati significativi, identifica i concetti chiave e produce riassunti video automaticamente adattati alle specifiche delle diverse piattaforme – desktop vs. mobile, short vs, long-form. È l’inizio dell’automazione creativa. La soluzione di Transcoding Quality Check che proponiamo automatizza il controllo qualità per contenuti live e VOD (Video On Demand) per migliorare l’efficienza della distribuzione. Per il futuro, stiamo esplorando la generazione di contenuti personalizzati tramite AI. Non vediamo ancora soluzioni completamente mature per la creazione video 1-to-1, ma sistemi come Veo3 di Google dimostrano le potenzialità. Tra queste i contenuti generati dinamicamente basati sui gusti individuali dell’utente. Anche la real-time translation e il dubbing rappresentano opportunità importanti. Per esempio, contenuti di nicchia o in lingue estere potrebbero essere istantaneamente accessibili a nuove audience, moltiplicando le opportunità di monetizzazione per la long-tail.
Qual è la chiave di successo per queste iniziative?
Una strategia data-first. Tutte le opportunità descritte prima si basano su dati strutturati e di qualità riguardo ai dettagli dei contenuti e alle preferenze e comportamenti dei clienti. L’AI non è una bacchetta magica, ma può diventare un moltiplicatore di valore. Se i dati sono frammentati o di bassa qualità, l’AI amplifica i problemi invece di risolverli. Ma quando i dati sono solidi, l’AI può trasformare completamente il business model di un broadcaster, impattando sia la bottom line sia la top line in modo misurabile e sostenibile. La differenza tra chi avrà successo e chi rimarrà indietro sarà proprio questa: la capacità di costruire una data foundation robusta prima di implementare l’AI.
Per saperne di più scarica l’infografica: L’intelligenza artificiale nel settore broadcasting in Italia
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