La corsa delle imprese verso le tecnologie on-demand – public cloud, Software-as-a-Service (SaaS) e intelligenza artificiale generativa – ridisegna lo scenario della trasformazione digitale, lo dice il recente studio di Capgemini Research Institute. Lo studio The On-Demand Tech Paradox: Balancing Speed and Spend fotografa l’entusiasmo delle organizzazioni per strumenti capaci di accelerare innovazione e competitività, ma al tempo stesso evidenzia rischi crescenti legati a costi fuori controllo, lacune nella governance e maturità ancora insufficiente in ambito FinOps. L’indagine mette in luce un paradosso: se da un lato queste tecnologie sono ormai considerate indispensabili per sostenere la crescita, dall’altro lato il loro impatto economico rischia di trasformarsi in un ostacolo. Quasi otto organizzazioni su dieci dichiarano infatti che cloud, SaaS e GenAI sono centrali per la scalabilità e le performance di business, ma una quota analoga segnala difficoltà nel tenere sotto controllo le spese e segnala un incremento significativo delle spese legate a cloud, SaaS e Gen AI, spinte da inflazione e domanda di infrastrutture digitali.

Ernesto De Ruggiero, managing director di Cloud Infrastructure Services di Capgemini in Italia_DEF
Ernesto De Ruggiero, managing director di Cloud Infrastructure Services di Capgemini in Italia

Spiega Ernesto De Ruggiero, managing director di Cloud Infrastructure Services di Capgemini in Italia, “il boom delle tecnologie on-demand ha trasformato il modo in cui operano le aziende leader. Questi strumenti offrono un livello di flessibilità senza precedenti, ma hanno inevitabili ricadute economiche. Le spese per l’on-demand sono destinate a raddoppiare nei prossimi tre-quattro anni e, in questo scenario, le imprese devono puntare a maggiore trasparenza e controllo dei costi, massimizzando al tempo stesso il valore”.

La metodologia 

Per dare consistenza ai dati, Capgemini Research Institute ha realizzato un’indagine globale su 1.000 dirigenti appartenenti a organizzazioni con fatturato annuo superiore al miliardo di dollari, distribuite in 14 Paesi tra Nord America, Europa e Asia-Pacifico e attive in 12 settori, dall’automotive alla finanza, dalle telecomunicazioni al manifatturiero, fino al settore pubblico. Il campione è composto da CxO, vice president e decision-maker con responsabilità in ambito tecnologico, finanziario e di business.

Oltre ai questionari quantitativi, la ricerca si avvale di 10 interviste qualitative a leader di settore, con l’obiettivo di arricchire l’analisi con casi concreti e riflessioni strategiche. Il periodo di riferimento è maggio 2025; il lavoro restituisce una fotografia aggiornata della dinamica dei costi, delle pratiche di governance e delle aspettative di ritorno sugli investimenti. L’approccio metodologico si focalizza, infine, non solo sulla misurazione dei budget e sulla percezione dei benefici, ma anche sulle barriere operative e sui gap organizzativi che rallentano la piena valorizzazione dell’on-demand.

Spesa IT on-demand, benefici percepiti e ritorni reali

Uno dei dati più rilevanti riguarda la traiettoria degli investimenti IT. Lo studio prevede che la quota delle tecnologie on-demand nei budget passerà nell’arco di un anno dal 29% al 41%. Un incremento significativo, che riflette la transizione da modelli di spesa tradizionali a logiche basate sul consumo e sulla scalabilità immediata. L’incremento non è solo quantitativo ma qualitativo: la spesa IT complessiva, attualmente pari al 4,3% dei ricavi, è destinata a salire al 5,9%, segnalando un rafforzamento del ruolo dell’innovazione rispetto alla semplice manutenzione. La ricerca sottolinea poi come la spinta verso il cloud ed il SaaS siano alimentate dal bisogno di ridurre il time-to-market, migliorare l’efficienza operativa e rispondere alla domanda crescente di servizi digitali. In questo contesto, il cloud sovrano guadagna terreno: il 46% delle organizzazioni ha già integrato principi di sovranità nelle proprie strategie, con quasi la metà disposta a pagare un premio dell’11% per garantirsi il controllo sui dati e la conformità normativa. Il quadro non è però univoco. Sebbene le aziende più avanzate, con ambienti IT quasi interamente basati sul cloud, riportino vantaggi in termini di risparmio, innovazione e qualità del servizio, la maggior parte del campione incontra difficoltà nel tradurre l’adozione dell’on-demand in ritorni concreti. Solo il 29% delle imprese ha conseguito i risparmi attesi dal SaaS, il 33% ha raggiunto gli obiettivi di qualità del servizio dal cloud pubblico e appena il 38% ha realmente accelerato l’innovazione grazie alla GenAI. Le cause principali includono costi non governati, risorse sovradimensionate o sottoutilizzate, assenza di metriche standard per misurare il Roi.

Lo scoglio di costi e governance

Le cifre relative agli sforamenti di budget sono eloquenti. Tre quarti delle aziende hanno superato i limiti previsti per il cloud pubblico, in media del 10%. Il 68% ha speso più del pianificato per la GenAI e il 52% per il SaaS. A pesare sono anche gli aumenti tariffari dei vendor, l’effetto inflazione e la corsa all’intelligenza artificiale. Il fenomeno dello shadow IT aggrava ulteriormente la situazione. Il 59% della spesa in GenAI e il 48% di quella in SaaS è oggi guidata dalle business unit, con il 12% del SaaS addirittura non gestito a livello centrale. Quasi tutti i dirigenti (98%) ammettono di bypassare l’IT per acquistare tecnologie, creando inefficienze, duplicazioni e rischi per la sicurezza. De Ruggiero sottolinea però come “le realtà che allineano la propria strategia cloud agli obiettivi di business sono quelle più pronte a cogliere questa opportunità e progettando architetture scalabili, modulari e cloud-native, le imprese possono generare valore sostenibile grazie a pratiche FinOps evolute, governance integrata e automazione guidata dall’AI”.

I numeri di Capgemini
I numeri di Capgemini The On-Demand Tech Paradox: Balancing Speed and Spend

La disciplina FinOps emerge pertanto come leva cruciale ma ancora poco sviluppata. Benché il 76% delle aziende dichiari di avere team dedicati o in via di costituzione, nella maggior parte dei casi l’approccio resta limitato a compiti operativi, senza incidere davvero sulle scelte di business. Solo il 2% delle organizzazioni dispone di una funzione FinOps che copra in modo integrato cloud, SaaS e GenAI. Un altro elemento critico riguarda l’uso degli strumenti di gestione dei costi: sebbene il 60% delle imprese dichiari di adottarli, solo il 37% ne valuta l’efficacia e prende decisioni sulla base dei dati ottenuti. Ciò conferma la distanza ancora esistente tra la raccolta di informazioni e la capacità di trasformarle in azioni correttive.

Il gap su FinOps
Il gap su FinOps (fonte: Capgemini Research Institute, The On-Demand Tech Paradox: Balancing Speed and Spend, 2025)

Sostenibilità IT e impatti ambientali

Il report collega infine la gestione dei costi all’impatto ambientale. Più della metà delle aziende (53%) riconosce che un utilizzo inefficiente delle tecnologie on-demand genera consumi energetici eccessivi e maggiori emissioni di carbonio (tema antico). Nonostante questa consapevolezza, solo il 36% dispone di una strategia per integrare criteri di sostenibilità nelle pratiche FinOps. Il collegamento tra costi e sostenibilità è sempre più evidente. Come osservano i ricercatori, ogni spreco di risorse cloud non si traduce soltanto in una perdita economica ma anche in un aggravio sul piano delle emissioni. L’adozione di architetture energeticamente più efficienti, lo spegnimento delle risorse inattive e la programmazione dei carichi di lavoro possono diventare strumenti chiave sia per ottimizzare le spese sia per ridurre l’impatto ambientale. 

Dall’analisi emerge con chiarezza il paradosso che dà il titolo allo studio: le tecnologie on-demand, pensate per offrire agilità e rapidità, rischiano di trasformarsi in un fattore di rigidità economica se non governate adeguatamente. La crescita della spesa, l’espansione dello shadow IT e la scarsa maturità delle pratiche FinOps rappresentano sfide aperte. Spiega De Ruggiero che la strada è quella di una “trasparenza dei costi unita a una progettazione architetturale orientata al valore”. In questo senso, anche il passaggio da una logica cloud-first a un approccio cloud-smart diventa cruciale per garantire che l’innovazione non vada a scapito della sostenibilità economica e ambientale.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Condividi l'articolo: