La specie che sopravvive è quella in grado di adattarsi meglio ai cambiamenti dell’ambiente in cui si trova: che sia una citazione di Darwin o no, di sicuro riflette a pieno la situazione in cui si trovano a competere le realtà aziendali e i professionisti.
Certo, non è semplice adeguarsi e molto spesso reinventare il proprio modo di fare business ma le imprese e i “liberi pensatori” sembrano essere consapevoli della necessità di aprirsi ai grandi cambiamenti che l’era digitale sta portando con sé.
A confermarlo uno studio di Nielsen, commissionato da TeamSystem, sul livello raggiunto nel digitale dalle aziende e dai professionisti in Italia.
I risultati, presentati durante l’evento “TalkS: Digital Is Running”, tenutosi nella cornice della Digital Week di Milano (15-18 marzo 2018), hanno evidenziato, infatti, come sia le aziende che i professionisti (72% vs 59%) abbiano preso coscienza delle conseguenze che l’ambiente digitale ha e avrà sul proprio modo di approcciarsi al mercato.
Non mancano, come sempre, i freni che ostacolano e ritardano l’implementazione di qualsiasi tipo di strategia volta a intraprendere il cammino tecnologico; se per le imprese sono principalmente le poche informazioni a disposizione a rallentare l’evoluzione digitale dell’organizzazione, per quanto riguarda i professionisti, invece, il maggior ostacolo sembra l’”Ortro Stato” con le sue due teste, burocrazie e quadro normativo.
Nonostante ciò, la quasi totalità del campione della ricerca (il 95%) prevede di investire nel digitale e, soprattutto, entrambe le categorie “indagate” si sono mostrate favorevoli, per il futuro, all’incremento del budget destinato.
Nell’investimento “digital” i player, siano essi organizzazioni complesse o no, ricercano vantaggi immediati che si traducano in migliori performance, non solo economiche.
Questo, per quanto riguarda le aziende, si traduce nell’individuare soluzioni che le consentano di efficientare i propri processi interni, mentre, in ottica professionisti, l’obiettivo di fondo è quello di riuscire a mantenere il passo dei propri competitor.
Ma, parafrasando Albert Camus, come fare per non girare sempre su se stessi, non vedere e fare sempre le stesse cose e non perdere l’abitudine e la possibilità di esercitare la propria intelligenza?
Due le possibili strade: trovare la forza interiore per trasformarsi o fare affidamento a terze parti in grado di spronarci al cambiamento.
Le imprese sembrano aver scelto la prima strada, per il 75% di loro, infatti, la formazione interna è la miglior soluzione per spingere l’intera organizzazione ad evolversi digitalmente; i professionisti, invece, sembrano preferire far ricorso a un supporto esterno, siano essi consulenti, associazioni di categoria o provider di software.
“Quello di cui ci stiamo sempre più accorgendo è che sono le persone, e non solo le tecnologie, che fanno funzionare con successo il digitale: sono le idee e le competenze di chi trasforma le nuove soluzioni in nuovi modelli di business a fare la differenza. Il tema culturale, in termini di comprensione delle opportunità e sviluppo delle nuove competenze è quindi realmente strategico per accelerare il percorso” ha commentato Federico Leproux, Ceo di TeamSystem.
Ma dato che, un viaggio di mille miglia comincia sempre con il primo passo, entrambe le categorie intervistate, nell’approcciarsi al “digital path”, sembrano si stiano focalizzando soprattutto su quelle che possiamo definire “esigenze di base”. La gestione di dati/processi interni, lo scambio di documenti digitali e il minor utilizzo di documenti cartacei sono le primarie necessità a cui aziende e professionisti rivolgono le loro attenzioni.
Sull’ultimo aspetto, gli avvocati italiani sembrano essere molto sensibili: un’indagine realizzata da Doxa per conto di Giuffrè Editore, editrice nel segmento dell’editoria professionale, ha messo in luce l’aumento dell’utilizzo da parte dei “giuristi” degli strumenti digitali.
Internet e soprattutto le banche dati hanno quasi definitivamente accantonato i codici e le guide cartacee per la consultazione di leggi e sentenze. La tendenza digitale si riscontra anche nell’adozione di software redattori per la creazione della busta telematica e il deposito in cancelleria degli atti giudiziari.
Da rilevare, però, come gli avvocati diffidino ancora delle piattaforme cloud: il non poter garantire con sicurezza la riservatezza dei dati e i rischi provenienti al cyber crimine sono i principali motivi che frenano la maggior parte dei legali italiani a utilizzare la “nuvola” per archiviare e gestire i propri documenti.
Probabilmente, il mestiere dell’avvocato, nel prossimo futuro, verrà svolto ancora come Atticus Finch di “Il buio oltre la siepe” ma la strada verso il digitale è segnata come, d’altronde, per tutti i professionisti e le aziende.
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