Il tema della cybersecurity ritorna a Milano, con la nona edizione della Conferenza Nazionale Cyber Warfare, un tavolo di lavoro tra esperti e accademici che anno dopo anno si confrontano sui temi della difesa, che sta evolvendo da passiva a attiva, e che si interroga sulla efficacia e sulla legittimità della risposta alle minacce cibernetiche.

L’evento, organizzato dall’European Center for Advanced Cybersecurity (EUCACS) e da Inthecyber (azienda che opera nel mondo della Cyber Intelligence e Cyber Defense), fornisce un quadro complessivo delle minacce e della capacità di difesa del nostro paese, mettendo accanto alla difesa tradizionale di aria, terra, mare, spazio, anche il cyberspace. Un quadro che emerge anche dal Barometro Cybersecurity 2018 (già da noi analizzato) presentato nel corso della giornata milanese, che ribadisce la poca consapevolezza sul tema nonostante il panorama delle minacce sia sempre più sofisticato e aggressivo, verso imprese, servizi online, social, app. Società.

Le contromisure coinvolgono un mix di profili, con impegno di tutti gli attori e delle nuove tecnologie per far fronte alle minacce. Ne parliamo nella videointervista con Paolo Lezzi, ceo di InTheCyber, curatore dell’evento.  “Non vi è dubbio che è necessario continuare nella azione di aumento del livello di difesa, di consapevolezza diffusa della tipologia della minaccia – precisa Lezzi  – ma avendo questi attacchi un forte riflesso sui valori patrimoniali delle aziende e sul Pil dei paesi, dobbiamo essere pronti ad intervenire per individuare le fonti di questi attacchi fino ad arrivare a depotenziare o neutralizzare gli attaccanti stessi”.

Non si parla solo di utilizzare la tecnologia, ma di attivare processi di presidio continuo sui temi della cybersecurity per avere prontezza di risposta e capacità di detection anche in  una situazione anomala o critica. Servirebbero secondo Lezzi centri di cybersecurity a livello locale, di filiera, coordinati poi a livello centrale.
“Purtroppo, finora sono state solo discussioni, parole, ipotesi e c’è tantissimo ancora da fare per realizzare questi centri – precisa -, ma per la prima volta nel 2018 si è cominciato a parlarne seriamente a livello istituzionale, militare e di intelligence: io confido che con la sensibilizzazione, fatta anche dalle ultime normative, come il GDPR, che hanno costretto anche le aziende private a occuparsi del rischio cyber, si arrivi a una stretta collaborazione pubblico-privata e alla costituzione di questi centri di sicurezza cyber in grado di supportare aziende ed istituzioni, il più vicino possibile ai potenziali attacchi. Non dobbiamo dimenticare che se più attacchi avvengono in contemporanea  potrebbe essere un caso di attacco sistemico al Paese”.

Nella videointervista a Paolo Lezzi tutti i dettagli di un approccio che non dimentica l’uomo dietro alla tecnologia.

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