Edge computing, cloud ibrido e multicloud, spingono le aziende a scegliere infrastrutture di calcolo distribuite verso “la periferia” piuttosto che concentrarle in data center centralizzati. Ed è in periferia, dove sempre più si svolge lo scambio di dati, che le interconnessioni crescono in modo esponenziale.
Si può riassumere in estrema sintesi così la prima delle cinque previsioni di Equinix relative alle tendenze tecnologie in atto con cui si dovrà fare i conti nel 2020. Si tratta di previsioni avallate dal report Global Interconnection Index (giunto alla terza edizione), e in linea con le previsioni Idc.
Infatti, secondo gli analisti, entro il 2023 oltre il 50% delle nuove implementazioni infrastrutturali IT si svilupperà all’edge – mentre oggi questa percentuale è appena del 10% – ed entro il 2024 il numero di app che gireranno all’edge sarà l’800% rispetto a quello attuale.
Equinix, il computing distribuito all’edge
Anche Equinix anticipa l’importante sviluppo dell’edge computing al 2020, e nel suo Index evidenzia che le interconnessioni tra le aziende e i cloud service provider cresceranno anno su anno del 112%. Oggi le architetture cloud tradizionali sono centralizzate, le aziende lavoreranno per estendere i benefici del cloud quanto più possibile alla periferia per risolvere le sfide generate dall’estesa distribuzione applicativa.
Per farlo quindi bisognerà risolvere una serie di problemi intriseci nella combinazione edge/multicloud. Secondo Equinix è necessario ridurre le latenze e risparmiare banda per colmare il gap tra applicazioni e workload di dati versus i cloud service provider. Anche perché negli ambienti cloud agili e scalabili più vicini agli utenti finali, l’accesso ai dati e i tempi di risposta delle applicazioni saranno rapidi e si potrà risparmiare riducendo il “trasporto” dei dati.
Oggi le aziende scelgono su quale piattaforma cloud posizionare le applicazioni in base ai vantaggi offerti dal Csp (Cloud Service Provider), per cui naturalmente si trovano a lavorare su piattaforme cloud diverse. Vogliono anche mantenere il controllo ed eseguire le applicazioni critiche per il business internamente, sfruttando per casi specifici sia cloud pubblici sia privati, è questa una seconda sfida per le interconnessioni così come il bisogno di disporre di data center e servizi cloud più distribuiti che mantengono i dati locali in una specifica area geografica, per soddisfare i requisiti di conformità alla privacy e di sovranità dei dati.
I requisiti di interconnessione guidati da AI e IoT
Nel prossimo futuro circa il 75% delle applicazioni che utilizzano l’AI per l’analisi delle informazioni utilizzerà una media di di dieci fonti di dati esterne diverse. Questo determina un’elaborazione sempre più complessa e veloce di grandi set di dati eterogenei provenienti per esempio dai sensori, ma anche da data lake esterni. Si pensi anche solo all’analisi del volo di un aereo che tenga conto di quanto registrato dai suoi sensori, ma anche delle elaborazioni meteo etc.etc.
Il ricorso massiccio alle tecnologie di AI e ML porterà le aziende a sfruttare i fornitori di servizi di public cloud e la maggior parte di esse cercherà di scegliere un set ottimale di funzionalità (AI) anche pescando tra le proposte di diversi provider, generando di fatto un’architettura ibrida anche per questi utilizzi. Ibrida anche per soddisfare una serie di requisiti prestazionali e avvicinare l’elaborazione AI alla fonte che genera i dati e alla destinazione di consumo.
I data center, periferici e interconnessi, dovranno essere “agnostici” rispetto al fornitore di soluzioni, e offrire connettività a basse latenze verso i dati remoti e le infrastrutture. Questa accresciuta capacità di interconnessione a sua volta, secondo Equinix, porterà a generare altri marketplace di dati dove i fornitori di dati e i clienti potranno effettuare le loro transazioni.
I servizi cloud su rete privata
Secondo una ricerca Cybersecurity Ventures, la perdita finanziaria attribuita agli attacchi informatici pesa in modo significativo sulle economie di tutto il mondo e si stima che costerà 6.000 miliardi di dollari all’anno, entro il 2021. Mentre il World Economic Forum classifica le violazioni alla sicurezza informatica come uno dei maggiori rischi in assoluto per la comunità globale.
Anche grazie all’entrata in vigore di diversi regolamenti le aziende stanno valutando i benefici legati all’accesso ai servizi cloud su reti private, con la memorizzazione delle chiavi di crittografia in hardware (Hsm, Hardware Security Module, ma offerto come servizio cloud), in un luogo diverso rispetto alla posizione dei dati.
Questo permetterà di avere un controllo migliore dei dati ed è coerente con la scelta di un’infrastruttura ibrida. Secondo Equinix il terzo trend è proprio da leggersi in questo ambito cioè nella diffusione pervasiva dei sistemi di crittografia omomorfica in cloud e nella separazione tra dati e chiavi a tutela anche del patrimonio delle aziende che consumano cloud computing.
Gdpr e Ccpa influenzano le strategie aziendali
Ne abbiamo parlato in diverse occasioni su Inno3. I nuovi regolamenti per la protezione dei dati (Gdpr in UE, e altri quadri normativi come il Ccpa negli Usa per esempio, ma sono oltre cento i Paesi che stanno elaborando leggi di sovranità sui dati) hanno portato le imprese a rielaborare i processi interni e scegliere soluzioni specifiche per garantirsi di agire in modo conforme.
Una ricerca, sempre di Equinix, indica che su oltre 2.400 responsabili IT di aziende di tutto il mondo, il 69% di essi cita“il rispetto delle normative sulla protezione dei dati” come una priorità assoluta, mentre il 43% riferisce che i “cambiamenti nei requisiti normativi sulla privacy dei dati rappresetano una minaccia per la loro azienda”.
Anche anche in questo ambito, secondo le previsioni di Equinix, gli Hsm rappresenteranno parte integrante della strategia architetturale per la sicurezza dei dati personali e permetteranno alle aziende globali distribuite di proteggere i dati dei clienti ovviando altrimenti ad una crescente difficoltà di navigazione e di fruizione dei servizi.
Equinix, la sostenibilità elemento di valutazione
Più che una “buzzword” la parola sostenibilità è oggi un mantra sventolato da tutte le aziende, ma c’è poco tempo per vedere se dietro ci si muove per meri obiettivi di marketing o impegni seri. Secondo un sondaggio Equinix, in ogni caso, il 42% dei responsabili delle decisioni IT concorda sul fatto che il “verde” sbandierato dai fornitori di un’azienda abbia un impatto diretto sulle loro decisioni di acquisto (Fonte: Apco Global Insight su 2.485 decisori IT, agosto 2019).
Ed è un dato di fatto che le parti interessate a garantire sostenibilità al proprio business guardano alle aziende digitali per capire come innovare in un’ottica di responsabilità ambientale. Equinix prevede che le innovazioni digitali siano almeno in grado di consentire il superamento delle difficoltà dato dalla dispersione geografica delle supply chain e, il cloud – almeno in parte – di smaterializzare i prodotti.
Le aziende, poiché dipendono dall’efficienza dei data center per rimanere collegate ai clienti e mantenere elevato il livello di operatività, secondo Equinix guarderanno ai fornitori di soluzioni di colocation neutrali ed effettivamente orientati nella direzione di una proposta sostenibile per fare le proprie scelte.
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