L’aggiornamento annuale del monitoraggio continuativo sull’ecosistema dell’innovazione FinTech, frutto della collaborazione triennale di NetConsulting cube con PwC si presenta non solo come una mappa il più possibile esaustiva degli operatori che si stanno affacciando sul mercato, ma anche come una guida ad una conoscenza approfondita delle dinamiche che animano il settore e delle strategie evolutive che si stanno delineando.

Fintech Calls for Fuel è il messaggio principale del lavoro. Il settore delle FinTech continua a crescere in termini di numerosità di aziende che lo popolano, ricavi generati e sofisticazione delle offerte ma siamo ancora indietro sul tema degli investimenti: in generale, il comparto delle aziende innovative in Italia, e del FinTech nello specifico, necessita di “benzina” per poter sviluppare al meglio le proprie potenzialità. E non vi è dubbio che il rallentamento generalizzato dell’economia causato dall’emergenza sanitaria, avrà ripercussioni anche su questo mondo. Tuttavia, come per l’innovazione in generale, proprio questa emergenza può trasformarsi in una leva per favorire quel cambiamento in chiave digitale che tanto serve al nostro Paese.

Fotografia dell’ecosistema – FinTech e TechFin

L’Osservatorio 2020 presenta una prima grande novità che concerne il voler trattare in maniera separata le aziende con un’offerta specifica in una delle aree della value chain dei servizi finanziari (FinTech), da operatori che si posizionano come puri technology provider per gli incumbent del settore (TechFin). Due mappe che delineano due mondi contigui ma diversi, che hanno in comune la vocazione verso l’innovazione, e la tecnologia come base abilitante le relative offerte.

Fintech TechFin
Le Mappe FinTech e TechFin in Italia 2020 (Fonte: Osservatorio FinTech in Italia, NetConsulting cube – PwC, 2020)

Tra le 278 FinTech, le aree più popolose afferiscono al comparto Pagamenti e Wealth Management, con 46 aziende ciascuno. Quello dei Pagamenti viene da noi definito il segmento star del mondo FinTech, per popolazione, ricavi generati, partnership siglate e maturità delle aziende presenti con, tuttavia, una nota dolente relativamente ai dati di marginalità. L’Ebitda Margin negativo del settore è probabilmente ascrivibile alla predominanza di modelli di business che richiedono una base clienti elevata per andare in positivo, in un Paese ancora troppo legato al contante.
Ed ecco che, forse, l’emergenza sanitaria ed economica che stiamo attraversando può far fare quel balzo in avanti al nostro Paese nel diventare più digital anche sul fronte dei pagamenti, con una spinta che tutti si attendono nell’ambito dei pagamenti in mobilità di natura contactless.

Tornando all’analisi, al netto dell’Altro Crowdfunding, dove si assiste ad una riduzione del numero delle aziende per inattività, si registra una crescita generalizzata in tutte le aree: più sostenuta per le aree del Lending (+15 aziende), Wealth (+11 aziende) e Payment (+10), rispetto a quanto registrato in ambito Capital Market (+7 aziende) e Money Management (+5 aziende). Restano stabili invece i comparti Regtech (con 3 aziende in più rispetto alla scorsa rilevazione) e Insurtech (con 2 nuovi ingressi).

In generale, il mondo delle FinTech si caratterizza per la prevalenza di aziende giovani: il 60% è sul mercato da meno di 5 anni, e il 30% di queste è stata costituita nel 2019. Tale “giovane età” si ripercuote sull’indice di redditività del comparto, ancora basso (2%), ma stabile. Nello specifico, Insurtech, Regtech e Lending risultano essere le aree che hanno vissuto una vera esplosione negli ultimi 4 anni, con tante nuove aziende che sono nate a partire dal 2015. Oltre alla loro giovane età anagrafica, le FinTech sono mediamente aziende di piccole dimensioni – circa il 75% ha meno di 10 addetti – ma allo stesso tempo promettenti sia per crescita media dei ricavi (+40%), sia per numero di scale up (9 in più rispetto all’anno scorso).

Il mondo delle TechFin, invece, si compone di 86 realtà nel complesso, costituite per l’80% da aziende tech enabler (+15 aziende) e per il 20% da aziende con un’offerta in ambito cybersecurity (con un solo nuovo ingresso rispetto al precedente Osservatorio). È questo un comparto più maturo, popolato per lo più da aziende che sono sul mercato mediamente da 7 anni, con una crescita stabile del fatturato (+17%), e una marginalità complessiva positiva (Ebitda Margin del 10%).

Carta identità Fintech e TechFin
Carta identità Fintech e TechFin (Fonte: Osservatorio FinTech in Italia, NetConsulting cube – PwC, 2020)

Rimandando all’infografica per un approfondimento puntuale su numeriche e valori economici, non possiamo esimerci da un accenno sui capitali che il settore è riuscito ad attirare nel corso del 2019. Innanzitutto, a differenza di quanto registrato a livello globale, in Italia le FinTech hanno raccolto meno che nel 2018: 154 milioni di euro stimati nel nostro Osservatorio, per pochi deal conclusi (nel numero), ma dal valore singolo elevato. Rispetto al confronto europeo, siamo indietro: in Europa si registra una crescita del 70% dei capitali profusi nel comparto, mentre in Italia si assiste ad un’inversione di marcia.

Cresce il ricorso ai servizi FinTech in Italia

Tuttavia, se ci poniamo da un altro punto di osservazione nel confronto con altri Paesi, il ricorso ai servizi FinTech da parte della popolazione di utenti Internet non è bassa e concerne il 51% degli internauti (a fronte del 64% della media globale). E i plus delle offerte FinTech che spingono gli utenti (per lo più millennial) a preferirle rispetto ai servizi degli operatori tradizionali sono riconducibili alla percezione di costi più bassi, ad una maggiore velocità di fruizione del servizio, e ad una superiore facilità d’uso.

Per gli incumbent, quindi, la sfida si gioca sul recupero della relazione con il cliente finale, un cliente sempre più digitale e, per forza di cose, molto distante anche fisicamente in questo periodo. Gli operatori tradizionali dovrebbero valutare sempre più percorsi di collaborazione con le FinTech, non considerandole come meri concorrenti, ma come partner strategici da integrare nelle proprie offerte, per soddisfare in tempi più rapidi le aspettative mutate e mutevoli del consumatore.

Esperienze real-time e omnichannel possono diventare le leve per avviare tali percorsi di collaborazione, soprattutto attraverso un’integrazione tecnologica possibile con le piattaforme di open banking. E qui un’altra nota dolente: in Italia, seppur il sentiment verso l’utilizzo di Open Api per avviare fattivamente collaborazioni con le FinTech sia positivo (diverse sono le piattaforme che sono state approntate e messe sul mercato da operatori di varia natura), è ancora molto basso l’indice di collaborazioni attivate attraverso queste. Di fatto, le piattaforme italiane hanno superato la fase iniziale di progettazione strategica e definizione di possibili partner, risultano compliant alla normativa Psd2, ma deve ancora essere avviata l’integrazione tecnologica e operativa che abilita i nuovi ecosistemi.

Collaborazione tra incumbent e nuovi player

Eppure, il trend delle possibili collaborazioni tra banche e FinTech è sempre più all’attenzione dei vari operatori di mercato: la standardizzazione delle Api e la condivisione dei dati sul cliente promosse dalla normativa Psd2 rappresentano i driver per l’avvio di tali partnership, che seppur ancora limitate, cominciano a delinearsi sul mercato. Secondo Banca d’Italia, a dicembre 2019 l’importo complessivamente investito in forme di collaborazione con le imprese FinTech ammonta a oltre 90 milioni di euro. Collaborazioni realizzate con partnership dirette (42 intermediari per poco più di 17 milioni di euro), attraverso incubatori, acceleratori e distretti (11 intermediari per 5 milioni di euro) o con l’acquisizione di partecipazioni in aziende FinTech (7 intermediari per 6 milioni).

Per dirla in termini consulenziali, le collaborazioni configurerebbero una situazione win-win per le due tipologie di operatori in gioco: per l’incumbent ne conseguirebbero vantaggi in termini di performance e di costo, consentendo una maggiore concentrazione sul core business e una “delega” per la proposizione di servizi innovativi a soggetti che nascono con questa mission. Inoltre, un altro plus per le banche sarebbe quello di conquistare terreno su un mercato più volatile, meno fedele, ampliando il target di riferimento e l’offerta di servizi da proporre.

Allo stesso tempo però, le aziende FinTech non godono ancora del trust costruito dalle banche negli anni, né della medesima capacità distributiva. Sembra un azzardo, ma immaginiamo un futuro – non lontanissimo data la situazione attuale – in cui nessuna delle due parti in causa possa vincere ed affermarsi senza l’altra. Segnali positivi in tal senso si ravvisano anche nella nascita di hub e incubatori verticali e specializzati in materia FinTech, proseguita nel corso del 2019. Per citarne alcuni, il FinTech District promosso da Banca Sella, il Vittoria Hub dedicato all’innovazione Insurtech e, ultimo non per importanza, il nuovo centro di ricerca e sviluppo di plug-and-play costituito a Milano, con Unicredit e Nexi quali founding partner.

Emergenza Covid-19: le ripercussioni sul mondo FinTech

È questa la domanda in cui tutto il team dell’Osservatorio si è imbattuto nel momento in cui il lavoro di aggiornamento e analisi si era concluso ed era pronto per essere pubblicato… Nel momento in cui l’Italia si chiudeva a causa della pandemia, e dove in tutta la popolazione regnavano sentimenti di sconforto e timore.

Ed è una domanda a cui oggi, a distanza di poco più di due mesi, possiamo riuscire a trovare una parziale risposta, guardando a come le FinTech si sono adoperate per sopravvivere o per dare il proprio contributo ad affrontare l’emergenza. Da un lato, si è assistito a adeguamenti nelle offerte e nei target di riferimento, in maniera agile come solo una giovane azienda riesce a fare in tempi così ristretti, come SplittyPay e Matipay. Dall’altro, tante sono le iniziative di raccolta fondi per la protezione civile, ospedali, onlus promosse dalle piattaforme di crowdfunding in primis, ma anche da altre FinTech con un core business differente.

Il lockdown ha palesato con tutta la sua forza il ritardo significativo nel percorso di digitalizzazione – non solo finanziaria – del nostro Paese, ma al contempo ha reso possibile una crescita nell’utilizzo e apprezzamento dei servizi digitali, anche finanziari. Si pensi, ad esempio, all’incremento del ricorso a questi strumenti da parte di tutta la domanda, mondo consumer e mondo merchant in primis sul fronte pagamenti. Inoltre, assolutamente da non sottovalutare, il ruolo che le FinTech del lending possono giocare – come già sta avvenendo – in un momento di crescita esponenziale della domanda di credito, soprattutto da parte delle Pmi.

In conclusione, se da un lato il comparto FinTech continuerà a soffrire sul fronte dei capitali, che potrebbero subire ulteriori flessioni a causa della crisi, dall’altro mostrerà – come ha già iniziato a fare – tutta la sua forza, professionalità e spirito di iniziativa nel sapersi adattare ai cambiamenti e nel mettersi al servizio del Paese, divenendo uno degli attori in grado di fornire il proprio contributo nel percorso di progressiva digitalizzazione che si rende necessaria per affrontare il “new normal”. Una nuova normalità che, per forza di cose, continuerà ad essere all’insegna del distanziamento sociale, unica arma al momento a disposizione per fronteggiare la lotta al virus.

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