In questi mesi, il Ministero dell’Istruzione ha continuato ad investire sul digitale per la scuola, cercando di capitalizzare gli sforzi compiuti durante la prima sospensione delle attività didattiche in presenza (a marzo) con interventi che resteranno in dotazione alle scuole e attraverso la formazione del personale.

Da marzo sono stati acquistati oltre 432mila dispositivi e più di 100mila connessioni, le scuole hanno poi in dotazione nei laboratori 1,2 milioni di dispositivi messi a disposizione degli studenti durante la prima fase dell’emergenza sanitaria e a questo si aggiungono 3,6 milioni di euro, per il decreto firmato il 27 ottobre dalla Ministra dell’Istruzione Azzolina, per garantire la connessione e, quindi, la didattica digitale integrata agli studenti delle scuole di secondo grado che sono ancora privi del necessario. Per la ripartenza a settembre, inoltre, le scuole hanno acquistato device e tecnologie con i 331 milioni di euro erogati direttamente agli istituti.   

Ora, all’inizio di novembre la Ministra dell’Istruzione Azzolina ha firmato il decreto per la didattica digitale integrata, che prevede lo stanziamento di 85 milioni di euro previsti dal Decreto Ristori. Gli istituti scolastici potranno attingere ai fondi per l’acquisto di dispositivi digitali e altri strumenti di connessione da fornire in comodato d’uso agli studenti che ne hanno diritto.

Così come era stato già fatto a marzo per la distribuzione delle risorse previste dal decreto Cura Italia anche per la distribuzione di questi fondi si tiene conto del numero di alunni di ogni istituto, e dell’indicatore Ocse Escs in modo da individuare le scuole dove sono disponibili poche dotazioni digitali e operative in contesti di maggiore disagio socio-economico. Il Ministero parla di acquisti complessivi per oltre 200mila dispositivi e 100mila connessioni. E’ la Lombardia la regione a beneficiare della quota maggiore di aiuti per oltre 12 milioni di euro, seguita da Campania (oltre 10 milioni), e Sicilia (oltre 9 milioni).

Di fatto però il Dpcm del 3 novembre, anche per quanto riguarda le misure valide su tutto il territorio nazionale, mette in luce come una serie di sforzi per la scuola sia risultata vana, almeno fino a quando sarà valido il Dpcm: in tutte le scuole secondarie di secondo grado l’attività infatti si deve svolgere tramite la didattica digitale integrata, lasciando in presenza solo le attività per l’uso dei laboratori o per garantire l’inclusione scolastica degli alunni con disabilità e, in generale, con bisogni educativi speciali.

La Ministra dell'Istruzione Lucia Azzolina
La Ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina

La corsa al rinnovo dei banchi e gli sforzi compiuti dai presidi e dal personale per garantire l’attività in presenza non sono serviti a preservare la scuola dalla “chiusura” considerato che, in presenza, negli scenari che richiedono maggiori restrizioni, oggi restano solo la scuola dell’infanzia, i servizi educativi per l’infanzia, la primaria e il primo anno della scuola secondaria di primo grado.

E considerato anche come, di fatto, tanti presidi si siano ritrovati a poter garantire, già prima del Dpcm del 3 novembre, a settembre, la presenza solo “alternata” agli studenti, mentre altri Paesi europei (Francia e Germania in primis), pur con dati di contagio diversi – e soprattutto nel primo caso, decisamente più elevati rispetto a quelli italiani – hanno scelto di non sacrificare la scuola.

Un recente studio della Commissione Europea tenta un’analisi degli impatti della pandemia sull’educazione ed evidenzia la sensibile effettiva perdita di apprendimento dovuta alla didattica a distanza (Dad). In questi giorni, valutazioni molto “concrete” diffuse dai quotidiani di informazione riportavano che la Dad avrebbe comportato per gli studenti pesanti ricadute economiche in futuro, fino a 11 mesi di ritardo e 900 euro in meno nelle retribuzioni (secondo uno studio della Fondazione Agnelli). Fosse solo questo…

L’esperienza dei genitori potrebbe da sola bastare a capire quanto, con la didattica a distanza, vada effettivamente persa una ricca parte del percorso educativo che solo la scuola in presenza può offrire. Se durante la prima emergenza la didattica a distanza ha funzionato, proprio perché di emergenza si trattava, ci sembra che in questa seconda parte del percorso la scelta di chiudere le scuole sia una sconfitta, anche solo per il fatto che non è comunque l’ultimo comparto a chiudere i battenti, ma dovrebbe esserlo.

La sconfitta è ancora più marcata dal fatto che per risolvere il problema della didattica, in presenza o meno, alla fine sembra sia sufficiente assicurare un computer, un modem ed una Sim a chi ne ha bisogno. Se la lezione appresa da Covid-19 si fermasse qui, e temiamo che davvero possa fermarsi qui, la scuola sarà sempre la prima a perdere e a chiudere.        

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